VIRUS: CONTAMIN-AZIONE PUNK A MILANOI punti di incontro

Continua la ricerca sulla nascita e lo sviluppo dei primi punk a Milano, affrontiamo in questa pagina i problemi delle aggregazioni fino alla comparsa della prima firma anarchica…

Capitolo III – Parte III

Intanto a Milano i punk da Via Torino si spostano poco più in là, in Piazza S. Giorgio, di fronte al negozio di dischi New Kary, il primo negozio milanese a vendere i dischi dei Sex Pistols e dei Clash.

La prima vera occasione, però, per i punk milanesi di incontrarsi e incontrare altri punk italiani è il 23 novembre del ’79 al Palalido, in occasione di “Rock e Metropoli”, un grande concerto organizzato da Gianni Mucciaccia, il leader di un gruppo di rock demenziale che proveniva dagli ambienti di Autonomia Operaia, a quel tempo legato al centro sociale Santa Marta.

In quest’occasione i punk sono solo poche decine, ma sarà importante perché permetterà di entrare in contatto tra loro e di avvicinarsi per la prima volta a un centro sociale, appunto il Santa Marta, poco lontano dal New Kary.

Questa esperienza sarà fondamentale per alcuni punk milanesi perché offrirà loro la possibilità non solo di avere un posto di ritrovo , ma soprattutto di entrare in contatto con un nuovo modello di vita autogestita.

I punti di incontro precedenti, perlopiù all’aperto, non erano altro che luoghi di aggregazione dove trascorrere il tempo, soprattutto durante il fine settimana, ma non permettevano certo di trascorrerlo in modo diverso.

Il Santa Marta diventerà subito un punto di riferimento soprattutto per i primi gruppi musicali punk che nascono in questo periodo; diventerà il luogo dove ritrovarsi per provare, per ascoltare musica e per incontrare gente con cui condividere interessi e stili di vita.

La convivenza tra i vecchi occupanti del centro provenienti da i vecchi ambienti di sinistra e i nuovi punk sarà breve e non certo facile; i nuovi frequentatori sono diversi, non solo per il look, ma anche per lo stile di vita e per interessi.

In occasione delle elezioni cittadine, nella primavera del 1980, Mucciaccia si presenta con una lista politica, la “Lista Rok”, con l’obiettivo di entrare nel consiglio comunale.

Anche la stampa nazionale si occupa di questa ”insolita” lista elettorale.

“Il partito si rivolge soprattutto a quel 15- 20 per cento di elettori che a Milano, alle “politiche” del 1979, si sono astenuti o hanno votato scheda bianca. Gran parte di quei “non voti” provenivano dai giovani nati dalle ceneri del Movimento del ’77 che rifiutano la politica tradizionale e il gioco dei partiti.” [I]

“Il loro verbo è rivolto alla “gioventù elettrica alienata che proviene dagli ambienti sotterranei, ai margini della città”; basta con i partiti e con i gruppi, basta con la politica tradizionale, facciamoci sentire con il rock.” [II]

Il loro programma si rivolge soprattutto ai giovani milanesi che si trovano in una città che si occupa di tutto meno che di loro, lasciandoli da soli, senza dei luoghi concreti in cui ritrovarsi.

Infatti il problema più urgente da affrontare a Milano per loro è proprio quello degli spazi; la necessità di dare ai giovani milanesi degli spazi da gestire dove ritrovarsi e dove i nuovi gruppi musicali possano esprimersi, impedendo che finiscano per essere travolti dalla noia e dalla droga.

Una delle loro proposte, infatti, è quella delle “sale prova comunali”, per tutte quelle centinaia di gruppi che vorrebbero suonare ma non possono per mancanza di spazi e di soldi.

Primo Moroni, legato al movimento anarchico e fondatore della storica libreria Calusca è un aperto sostenitore di questa iniziativa.

“In realtà”, afferma, “gli ultimi otto mesi per i giovani dell’hinterland, sospesi tra il rifiuto della politica e la ricerca di nuove forme di aggregazione, sono stati introversi e difficili. Da una parte le bande teppistiche, la violenza della droga e del finto misticismo, dall’altra il reclutamento del partito armato. La recente esplosione delle bande rock rappresenta il tentativo di sfuggire a questa forbice, di sviluppare una forma di aggregazione diversa. Potrebbe essere l’alternativa provocatoria e demenziale da contrapporre alla demenzialità della politica che la regione e il comune svolgono per i giovani”.[III]

La lista sarà un vero e proprio fallimento e dopo la figuraccia politica tutto si sciolse.

Il centro sociale Santa Marta viene venduto al comune; Muciaccia entra nei salotti socialisti della Milano- bene e ai punk non resta che tornare in strada.

Il passaggio per il Santa Marta è breve, ma comunque fondamentale per alcuni punk milanesi perché fa nascere in loro la speranza e il desiderio di possedere degli spazi di vita da autogestire.

Senza un luogo fisso i punk tornano a frequentare e incontrarsi nel centro della città: la fiera di Senigallia, il parco Sempione, il bar Magenta, il pub Concordia.

Subito ricominciano gli scontri e sale la tensione con gli altri gruppi cittadini e contemporaneamente riprende la dura repressione da parte della polizia e delle forze dell’ordine.

Gli scontri più violenti si hanno tra punk e ska, una nuova moda importata dall’Inghilterra caratterizzata da un abbigliamento in stile anni ’70: capelli corti e ben pettinati, cravattina al collo, abito nero, giacca, scarpe lucide e cappello a falde.

Ciò che accomuna i due gruppi è la passione per la musica, anche se molto diversa; la musica ska è una musica giamaicana con un ritmo veloce ma molto allegro e ballabile.

Il ritrovo degli ska milanesi è in una discoteca di Foro Bonaparte,” La luna”, poco distante dai ritrovi punk.

Tra le vie del centro le risse e i pestaggi tra i due gruppi sono all’ordine del giorno.

Gli scontri tra le due “bande” , così come con altri gruppi presenti in città come i mods, sono dovuti soprattutto ad un problema di spazi e al clima di noia e rabbia che si respira in città, oltre che alle profonde diversità tra di loro.

Anche la stampa si riscatena in una campagna moralizzatrice contro i punk che, confrontati agli altri gruppi in città, vengono sempre dipinti come dei violenti, dei provocatori senza ideali.

Si legge:

“Parlare con uno ska non presenta particolari difficoltà, basta chiedere e quello risponde. Tutt’altra musica quando si cerca di avvicinare uno dei punk nostrani che vivono (qualcuno dice infestano) a Milano. […]

Violenti?

“Si”, dice Raffaella, punk da oltre un anno, una delle poche che non si è limitata a una frase lanciata là.

Basta vedere come si muovono, gli atteggiamenti che prendono e il loro “sacrosanto” gusto di distruzione, per rendersi conto di quanto lo siano. Ma quale tipo di violenza?

“Fine a se stessa, senza secondi fini…che gusto c’è a impadronirsi di un immondezzaio?

Non avete ideali?

“NO” ci risponde uno già anzianotto, ma siamo sicuri che avrebbe anche potuto rispondere in modo alternativo. Tanto…”.[IV]

Per la prima volta i punk rispondono all’aggressione dei giornali con un volantino datato novembre 1980, intitolato “ LA RABBIA”.

E’ il primo documento di autoconsapevolezza politica dei punk milanesi, che per la prima volta fanno sentire la loro voce, denunciando il vuoto e la noia stagnante, la mancanza di luoghi dove andare, il clima di apatia che si respira in città.

E’ anche la prima volta che si riconoscono come un soggetto collettivo e fanno riferimento all’ambiente anarchico milanese.

Infatti, il volantino è firmato “punks anarchici” e come luogo di incontro viene riportato l’indirizzo di Viale Monza 255, sede anarchica del capoluogo lombardo.

Da ora in poi i punk milanesi si firmeranno sempre in questo modo, dandosi una chiara identità politica.

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