Continua il racconto del viaggio negli States con i suoi hotspot punk rock, questa volta con tappa a Las Vegas dove ovviamente non potevamo perderci il PUNK ROCK MUSEUM di Fat Mike. Vi abbiamo infatti già raccontato del Final Show dei NOFX (parte I e II) e della nostra intervista a Epitaph Records, passiamo ora a quella volta che abbiamo portato Punkadeka a Las Vegas per festeggiare i suoi 25 anni.
La verità è che questo luogo di pellegrinaggio, praticamente La Mecca del Punk Rock, era già nei nostri piani ma poi eccola, la missione: Deka ci dice di aver spedito il libro dei 20 anni di Punkadeka al museo anni fa ma è andato perso. È quindi ora di consegnarlo a mano direttamente dall’Italia!
Arriviamo verso l’una, pochi minuti nello shop e ci accodiamo al tour in partenza con Brendan Kelly (Lawrence Arms, The Falcon, Red Scare Industries) e Toby Jeg… che situazione incredibile! In questi giorni al museo si festeggiano anche i 20 anni dell’etichetta Red Scare Industries di cui -spoiler- vi parlerò nel prossimo ed ultimo episodio. Un rapido giro di presentazioni con il gruppo di visitatori e boom, si parte alla grande con Brendan che decide di stemperare subito con un paio di battute sulla morte di Tony Sly, seguite da qualche aneddoto che lo riguarda. Ci racconta di quella volta che durante un live Tony dichiarò “vorrei che la mia band fosse presa sul serio, davvero” per poi ritrovarsi il bassista Matt Riddle sul palco con una bottiglia di Jager gonfiabile, che cade rovinosamente di faccia. Un sorriso amaro e si parte!
Il museo ha seriamente più di quello che vi potete immaginare. Se siete molto appassionati, sappiate che minimo mezza giornata sarà necessaria per poter osservare bene tutto. Lo spazio infatti è organizzato in diverse sale espositive, su due piani, con pareti di vetrine tematiche dove è raccolta ogni sorta di gadget, locandina, pezzo originale ecc. Certo, non aspettatevi uno spazio interattivo o cose simili, di fatto è una raccolta impressionante di cimeli di ogni tipo raccontati benissimo in un percorso che segue la storyline del genere. Ogni vetrina infatti può raccontare o un sottogenere, o un preciso periodo storico oppure un luogo. Ad esempio si parte con il punk anni ’70, da una parte con tutto ciò che accadeva in America, dall’altra con la vetrina UK.
Se seguite un tour guidato, anche se oggettivamente costoso, sicuramente avete il grande plus di sentire racconti e aneddoti dalla bocca di chi li ha vissuti, il giro con Brendan è stata un’esperienza incredibile. Pensate che abbiamo anche raggiunto e superato quello partito un’ora prima con Keith Morris ….chissà se sono ancora lì a raccontarsela!
Dallo shop si accede alla prima sala con alcune foto originali (rarità di questo tipo le troverete lungo tutto il percorso) per poi partire con il percorso, che ovviamente ripercorre la storia del punk e si parte come dicevo dagli anni ’70. Ovviamente non si poteva che partire con Ramones, Sex Pistols ma anche Damned, Cramps, Suicide, arrivando ai Misfits. Ecco qualche foto, ovviamente alcune!
Si trotta un po’ più veloce sugli anni’80 (anche per superare il tour di Keith Morris) dove passiamo accanto ad un muro di fanzine che, ci dice Brendan, ai tempi erano fondamentali per pubblicare gli annunci se serviva qualcosa, ad esempio per il tour o per registrare.
Brevissima sosta anche nell’area Misfits, dove ci racconta l’aneddoto di Derek Grand (ex batterista) degli Alkaline Trio: “era super fan dei Misfits, si registrava sempre mentre faceva le loro cover. Visto che sui loro album c’era indicata una P.O. box, era diventato amico di penna di Jerry Only, il bassista dei Misfits. Quando il cantate ha lasciato è stato il primo ad essere contatta e solo allora disse: ragazzi guardate che ho 14 anni”.
Sbarchiamo nell’area Social Distortion dove, dice, solo il fatto che abbia una sua ala dedicata fa capire l’impatto di questa band nella storia del punk rock. Diversi cimeli tra cui il divano di Mike, infinite locandine di live e i testi originali scritti a mano. No, lui non c’era 🙁
Inizia qui la parte di percorso organizzata più per luoghi e città. Ad accoglierci infatti è subito l’area di Las Vegas, di cui abbiamo un rappresentante invitato a fare il tour con noi: Shahab di GC Records, autore del podcast Record Revolutions. Ci racconta di come negli anni ’80 e ad inizio anni ’90, periodo noto per l’ostilità verso questo genere, facessero di tutto per rendere difficile organizzare show in città. Obbligavano infatti a far suonare molto tardi la sera, sapendo che gran parte delle persone di Las Vegas lavorano nell’hospitality, rendendo di fatto difficile andare ai concerti.
Proseguiamo nei corridoi incontrando anche la scena hardcore di New York (“decisamente più violenta” commenta Brendan), la realtà di Washington DC (“c’era decisamente una non-fun punk scene. Una fanzine locale recitava: I think fun is overrated. A DC si urlava per guarire”), passando anche per Chicago, che tra Alkaline Trio e la sua etichetta è sicuramente quella a lui più familiare. Ci parla della Bay Area e di come gli RKL fossero “la band dove tutti volevano essere” e di come abbiamo influenzato Fat Wreck e in generale il sound di San Francisco.
Approdiamo allora in una delle parti forse più interessante per noi, il momento della svolta nella storia del genere con la seconda wave del punk rock, o meglio “The Year Punk Rock Broke”. Ci riferiamo ovviamente allo scoppio di band come Offspring, Green Day, Bad Religion, seguite da NOFX, Rancid, Blink 182. Brendan ci racconta come sia stato colpito dalla quantità di chef in tour con i Blink, di come “No Control” dei Bad Religion abbia dato il via a tutto e come i Rancid siano per lui THE punk band, ovvero l’unica in grado di unire tantissimi generi come lo ska, il “fashion punk”, lo street punk, tutti.
Quella che poteva sembrare una celebrazione dei bei vecchi tempi, si trasforma presto in un’amara considerazione sullo stato dell’arte del punk rock. Una persona infatti domanda a Brendan e al gruppo: che succederà quando questi big headliners non ci saranno più? Chi prenderà il loro posto in cima ai cartelloni dei festival che conosciamo? Probabilmente una domanda tanto ricorrente quanto giusta, in quanto questi grandi nomi sono in grado comunque di generare spazio per le altre band che ad esempio aprono, mantenendo rilevante il genere anche nell’immaginario mainstream. Ovviamente, nessuna soluzione da tirare fuori dal cilindro.
Si gira l’angolo e non poteva mancare una parte allestita per Fat Wreck e le diverse band ed etichette protagoniste di questo periodo storico, come Epitaph ovviamente. Non mancano persino le famose Birkenstock di Jeff, una storia ricorrente visto che Sue nell’intervista ci raccontò di come Jeff sia stato a tutti gli effetti il primo dipendente di Epitaph. Woah i puntini si uniscono!
Brendan e Toby ovviamente hanno un sacco di aneddoti lungo tutto il percorso, qui ci raccontano di come “quando i Lawrence Arms hanno firmato per Fat, io (Toby) ho insistito per chiudere con Mike a 40000. Sono andato da Brendan e gli ho detto: fantastico, vi offrono 30000!”. O di come i Taking Back Sunday un tempo, prima di fare il botto, fossero in tour per aprire proprio per la loro band.
Ovviamente non poteva mancare la sala prove dei Pennywise, letteralmente trasportata da Hermosa Beach a Las Vegas. Un ultimo aneddoto prima di passare dal bar e al piano superiore ha riguardato invece i Germs: sapete cosa significa il loro simbolo? è il “Germs burn”, ovvero il tatuaggio attorno alla bruciatura di sigaretta. Potevi farlo SOLO se avevi ricevuto la bruciatura da uno della band o da qualcun altro che lo ha avuto da loro e solo in quel caso eri autorizzato a replicarlo. Menzione speciale anche per le vetrine “global” e “Europe” in cui ritroviamo i Giuda!
Al piano di sopra, accanto alla studio di tatuaggi, continua l’allestimento con le vetrine e le aree tematiche dove troviamo ad esempio vetrine di altri generi più recenti, la zona dei costumi (tra cui quello dei The Aquabats), la saletta degli strumenti originali (con ad esempio Blue la chitarra di Billy Joe), l’allestimento per i 20 anni di American Idiot, l’angolo Warped Tour: di tutto e di più. Proprio in questo spazio ci racconta l’aneddoto finale prima di salutarci, ovvero di quella volta che i Lawrence Arms furono bannati dal Warped Tour che lui stesso ha definito in alcune interviste “la cosa peggiore successa al punk rock” in quanto nel lungo termine ha finito per distruggere l’immaginario DIY e il supporto alle band emergenti. Oltre al fatto che nel tempo il festival ha subito critiche per comportamenti sessisti: “ho visto la situazione al festival, l’acqua costava 5 dollari, si parla del 2001 e per il tempo era folle. La gente stava male, era un continuo di ambulanze. Meno male che era un festival punk! Quindi sono salito sul palco e ho detto: fuck this festival, fuck these managers. Mi chiesero che cazzo stai facendo? Anni dopo quando fallì tutti dissero che quella band ci aveva visto giusto. Sono l’OG!”.
Ringraziamo il Punk Rock Museum per questa giornata incredibile e per aver accolto nella propria libreria il libro “20 ANNI DI DIY” di Punkadeka. Nel prossimo pezzo: intervista a Toby Jeg di Red Scare!
Foto e report di Amanda Milan