U.S. ROUGHNECKS: Twenty bucks and two black eyes

Quintetto di Sacramento che vede nelle proprie fila Big Jay Bastard (già nei Lars Frederiksen And The Bastards), gli U.S.Roughnecks giungono finalmente all’atteso esordio. Un lavoro che è perfettamente in linea con le proposte punk rock della loro etichetta, quella Hellcat di Tim Armstrong fedele ai lati più grezzi e marcatamente old school.

Un mix bastardo di tutte le componenti vitali del punk anni ‘70/80, ovvero slogan forti nelle liriche, sound grezzo che prende spunto da OI!, punk rock vecchio stampo e giri prettamente rock’n’roll alle chitarre. Avere a che fare con Lars ha donato a Big Jay e compagni molteplici influenze del classico Rancid sound (per intenderci quello meno esposto a influenze ska e reggae), riuscendo in diverse circostanze a risultare coinvolgenti.

Nonostante spesso la personalità si perda dinanzi a sonorità trite e ritrite da migliaia di band, quello che piace di loro è sicuramente l’atmosfera cupa e fumosa dei ghetti di periferia.

I testi sono autentici motti di strada, ovvero un discorso a ruota libera su problemi sociali, esperienze personali e quanto è più a cuore nei U.S. Roughnecks.

La voce di Mikey seppur monocordi ricorda moltissimo quella di un certo Roger Miret (inutile dire chi sia vero?!), grezza e dannatamente rabbiosa. L’uso dei cori è meno frequente rispetto alle classiche produzioni di settore, scelta non condivisa dal sottoscritto che trova proprio in quei momenti gli episodi migliori del disco.

“Twenty bucks and two black eyes” è il classico disco che farà la gioia degli appassionati di Rancid, Lars Frederiksen And The Bastards e band simili per il suo approccio diretto e senza compromessi. Per chi invece è alla ricerca di innovazione e personalità meglio guardare altrove.

Voto: 7

Tracklist:

01 Weekend; 02 5-29; 03 Saturday; 04 Serve and protect; 05 No justice; 06 Roughneck noise; 07 Summer of ’96; 08 Midtown nights; 09 Outcast; 10 Sacto’s alright; 11 Short haired rock’n’roll; 12 Skinhead blues; 13 Dirty river;

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