TOY DOLLS

Sette anni…sette lunghissimi anni sono passati da quando Olga salutò l’arena Parco Nord di Bologna dopo la prima data in Italia della leggenda Toy Dolls, primo e fino ad oggi unico passaggio per la band inglese, che quel giorno era ospitata sul palco del mitico “Teste Vuote Ossa Rotte ’97” insieme a gente del calibro di Sham69, VoodooGlowSkulls, New Bomb Turks, Klasse Kriminale, ecc…;

Toy Dolls6 Novembre 2004Rainbow Club, Milano

… sette anni in cui Olga non è invecchiato (ma noi si), si è trovato nuovi compagni d’avventura, ha sfornato due nuovi album (l’ultimo dei quali “Our Last Album?”, fuori adesso), ed è tornato inaspettatamente per rimettere a soqquadro l’Europa con un lunghissimo tour che ha toccato l’Italia, ha rivoltato il Rainbow Club come un calzino e se n’è ripartito come se nulla fosse. In realtà c’è stata anche una data a Roncade, non so dirvi com’è andata, ma andiamo con ordine…
L’attesa per questa data era grandissima, infatti la prevendita è andata bene, e il Rainbow era al limite della sua capienza, intorno alle 21 fanno il loro ingresso sul palco i Viboras, derivati da una costola dei milanesi Berenice Beach, la front-woman Irene attira subito l’attenzione dei maschi presenti e partono con Troubled Youth; in mezz’ora di concerto propongono tutti i pezzi presenti sul loro cd di debutto di prossima uscita per l’Ammonia Records…

I pezzi sono veramente grandiosi, e nonostante dei suoni non perfetti le melodie di Stay Away e Do you wanna be mine? colpiscono tutti, anche se in verità Irene deve ancora prendere un po’ di dimestichezza col palco e acquisire un po’ di carisma. Distillers, primi Rancid, e un po’ di riot grrrls tra le ovvie influenze della band…un nome da tenere d’occhio. Dopo di loro scende il buio, parte la intro: “The Final Countdown” col kazoo a coprire le parti di tastiera, fanno il loro ingresso sul palco i due neo-toy dolls Dave The Nut (bt) e Tom Goober (bs), il Rainbow è al colmo della tensione…esplode la cassa di legno sul lato sinistro del palco e Olga salta fuori come la marionetta che è effettivamente; il Rainbow salta in aria, parte Dig that groove e inizia il delirio: punks, skins, semplici curiosi, fans storici tutti a saltare e a pogare come pazzi urlando i ritornelli grazie ai quali la band è entrata nei cuori di tutti.

Subito dopo Dig that groove, Baby arriva Dougy Giro e non possiamo fare altro che commuoverci ancora una volta ascoltando la storia di Dougy, barbone del cuore d’oro, con la sua melodia da lacrime agli occhi.

La commozione stasera sembra farla da padrone…e i Toy Dolls giocano su questa cosa: ti fanno sorridere con le loro cretinate (Olga vestito da Diavolo durante Fiery Jack, o il cartonato di Yul Brinner, evidente richiamo a Yul Brinner was a Skinhead puntualmente eseguita) e subito dopo ti fanno esaltare come non ti capitava da secoli sfoderando una Lambrusco kid da leggenda. Le emozioni scorrono intense, e i tre folli sul palco non si risparmiano: la epica Fisticuffs in Frederick Street, l’inaspettata Olga, i Cannot accolta dal pubblico con un boato e Olga che chiede: “Ma siete sicuri di volerla sentire?”, in più i TD ci ricordano di essere dei musicisti da panico, quindi via con Toccata in Dm e The Entertainer acustica, quando attaccano la loro hit Nellie The Elephant però il Rainbow diventa un macello di corpi sudati che saltano su e giù sul ritmo del ritornello più stupido mai sentito. Dopo aver salutato tutti Olga rientra sul palco a testa in giù suonando Popeye Medley agganciato al collo di Tom Goober, e dopo Glenda and the test tube bay salutano tutti sulle note saltellanti del Dig that groove Outro. La gente non può credere ai propri occhi, un altro concerto dei Toy Dolls è appena finito, probabilmente l’ultimo che tutti noi riusciremo mai a vedere; il palco è annegato nel sudore e nella saliva di Olga e il pubblico distrutto dalla fatica e dalle forti emozioni provate, sul parterre si aggirano membri di Punkreas, Shandon, Crummy Stuff, Gerson, e i Water Tower al completo…tutti commossi dallo spettacolo offerto da una leggenda vivente. Il concerto dell’anno. Senza ombra di dubbio.

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