Ci sono uno juventino, un interista e un milanista ad Amsterdam… Sembra l’inizio di una barzelletta, in realtà è l’incipit di questo live report nel quale vi racconterò il concerto dei Menzingers nella capitale olandese di qualche settimana fa.
Dopo un’estate passata tra lavoro e lavoro il buon Paolo (l’interista) decide regalarsi e regalarmi una data della punk band europea che anche a questo giro ha snobbato il nostro bel paese, e la sua scelta ricade su Amsterdam. L’itinerario prevede la partenza da Milano Malpensa, ma uno sciopero last minute cancella il nostro volo mettendo a serio rischio la trasferta. Meno male che con noi verrà Enri (il milanista) che provvederà a recuperare un altro volo, salvandoci la mini vacanza e redimendosi parzialmente dalla sua pessima fede calcistica.
Arrivati ad Amsterdam ci catapultiamo subito in albergo prima e al locale poi, visto che il concerto inizierà prestissimo e la sala non potrà ospitare più di 200 persone circa. Il Paradiso è un locale veramente coi controcazzi: pur essendo piccola e stracolma la sala ci regalerà un’acustica mai sentita prima. In questo tour europeo i Menzingers sono accompagnati dagli Holy Mess e dai The Smith Street Band e il compito di aprire la serata spetta al terzetto di Philadelphia, attivo già da qualche anno e con alle spalle 3 dischi. Gli Holy Mess mi lasciano positivamente colpito. La loro esibizione è stata grintosa e continua e, anche se presentano uno dei bassisti più poser che abbia mai visto, hanno lasciato il segno eccome con il loro punk-rock alla Hot Water Music/Alkaline Trio, fatto di cambi di voce continui e cori molto spesso urlati e altre volte più melodici. Purtroppo prima di questo evento non ho mai approfondito la band, cosa che farò sicuramente il prima possibile.
Dopo una birretta (l’unica della mia vacanza: quasi XXX) e una sigaretta (l’ennesima: XXX una sega) nella sanissima e profumatissima area fumatori del Paradiso, la sala si riempie ancora di più per i The Smith Street Band. Il pubblico è preso benissimo dall’ esibizione dei 4 australiani, a metà tra il country, l’alternative e il punk-rock new school: i pezzi possono essere anche belli e strutturati bene (inoltre il frontman Wil Wagner ha una signora voce), ma sono un po troppo lunghi per i miei gusti e dopo poco la mia attenzione scivola verso altre cose…. Sicuramente molto meglio live che da disco, a mio parere di una noia mortale.
Dopo un cambio palco abbastanza lento, finalmente è giunto il momento dei Menzingers che come al solito regalano un concerto da incorniciare, sotto tutti i punti di vista. Tanto per farci riconoscere Paolo lancia sul palco una bandiera tricolore con su il simbolo dei Menzingers fatto con lo scotch nero (estetica abbastanza nazionalista) e Giorgio Chiellini, per chi non lo sapesse il roadie della band di Scranton, lo applica sull’amplificatore mettendolo in bella vista per tutta la durata del concerto. I quattro della Pennsylvania si confermano essere una delle migliori live band che abbia mai visto, suonando per quasi 2 ore pezzi tratti dall’ultimo bellissimo “Rented World”: ricordo l’iniziale I Don’t Wanna Be An Asshole Anymore, The Talk, Where Your Heartache Exist (durante la quale Paolo riesce in una cosa mai vista: mandare fuori tempo la band sul palco), Rodent e In Remission. Da “On The Impossible Past” vengono estratte tra le altre The Obituaries, Casey, Ava House, Good Things e la sempre emozionante Nice Things, mentre dei pezzi ancora più datati ricordo solamente Time Tables, I Was Born e Who’s Your Partner. Il tutto si conclude con la cover di Roots Radicals dei Rancid che avrei volentieri barattato per una Bad Things o una Deep Sleep.
Dopo il concerto ci intratteniamo un po a chiacchiera con i Menzingers e dopo le foto di rito, ci dirigiamo verso il centro di Amsterdam.
Il giorno dopo, a causa dell’ orario non troppo tardo del volo (che poi una volta arrivati all’aeroporto scopriremo avere ben 2 ore di ritardo) cerchiamo di vedere il più possibile di Amsterdam, e ce la facciamo grazie soprattutto a Enri, la nostra personalissima guida.
Si chiudono così due bellissimi giorni passati in compagnia di veri amici in una città sempre splendida.
Una volta arrivati a Milano qualcuno di noi ha detto: “Boia certo abbiamo fatto più di 1000 chilometri per sentirci dire che la vita è una malattia terminale in regresso (“Life’s a terminal illness in remission”), ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che nonostante tutto ne è valsa la pena.