All’indomani dell’uscita di Undelivered, recensito poco tempo fa in questo sito,abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco Ficco, il leader storico dei garagers cosentini The Kartoons, soprattutto sulla nuova strada musicale da loro imboccata in questo secondo lavoro .
Ciao Francesco : sono passati sette anni dalla pubblicazione di Introducing…. Nel frattempo avete cambiato etichetta , perso per strada il chitarrista Anselmo ma soprattutto preparato con molta distensione il nuovo lavoro UNDELIVERED…!
Si infatti, ma 7 anni non sono pochi e le cose ovviamente cambiano, come è cambiato il modo di intendere la nostra musica. Anche se, a differenza di come accade ed è accaduto a molte band come la nostra, non ci siamo sciolti e anzi abbiamo continuato a suonare e a fare ricerca alimentando la nostra passione, i nostri riferimenti musicali, il nostro sound. Certo ci siamo presi tutto il tempo, ed è stata un’esperienza bellissima grazie anche a Johnny che ha reso possibile il sogno di disporre di uno studio in casa a nostro uso esclusivo dove ci siamo divertiti a registrare Undelivered secondo i nostri gusti e tempi! Per tre anni non abbiamo neanche suonato dal vivo.
UNDELIVERED è composto a differenza di Introducing tutto da brani scritti da voi…fatto indubbiamente positivo. Ciò significa anche che l’arte delle ‘covers’ non vi interessa più? O ne eseguite ancora durante i vostri ‘live’, e se sì quali attualmente?
Undelivered si è andato componendo come un’opera unica, tutta nostra, ogni brano compone il sound e l’atmosfera di tutto l’album. Dal vivo il discorso è diverso, ci piace rifare brani da noi considerati parte della nostra crescita artistica, anche se a dire il vero negli ultimi concerti avevamo una o due cover in scaletta.
Puoi parlarmi meglio delle difficoltà cui mi accennavi riguardo la pubblicazione di
UNDELIVERED su vinile? Davvero stenti a considerare il nuovo cd parte della vostra discografia o era solo una boutade?
Le difficoltà a cui ti riferisci sono in realtà l’impossibilità, ormai pare assoluta, di trovare qualcuno con cui produrre un disco su vinile. I costi per noi erano troppi e la scelta obbligata è stata quella di questo cd, grazie all’etichetta indipendente del nostro amico Max della Mania Records. La registrazione, il mixaggio, le foto di copertina e la stampa, tutto per la prima volta è stato interamente concepito da noi.
E’ stata una lunga sessione esaltante di evoluzione, anche per quanto riguarda gli ascolti, che ci ha trasportati nella ricerca del nostro sound attuale. Poi ci siamo lasciati andare. Ora abbiamo un cd nella nostra discografia è vero, mi ci abituerò col tempo.
Parliamo del mood musicale e compositivo di UNDELIVERED. Mi è sembrato che abbiate prima di tutto affinato e curato gli arrangiamenti vocali, che secondo me rappresentano il lato più fascinoso del disco. L’ultimo brano, Home Little Joy ne è esempio più che eloquente. E’ solo una mia impressione?
No. Non ti sbagli. La parte vocale ci è sempre stata a cuore, ultimamente la vera ossessione per la ricerca armonica ci ha reso molto naturale lavorare a lungo su arrangiamenti particolari dei cori, o doppiare la voce solista per un effetto sempre spaziale. Ma anche dal lato compositivo c’è stata una maturazione rispetto all’album precedente. E’ abbastanza naturale che lo stile personale che abbiamo sviluppato ci regali brani come Home little joy.
Molto elaborato e studiato mi è parso anche il lavoro chitarristico di Johnny, a volte anche sotterraneo e discreto; ed azzeccata l’introduzione di glockenspiel ed harpsichord, che cesellano alcuni brani. Mi parli di quei particolari strumenti citati nelle note, suonati da Johnny : braguesa e cabasa ?
Johnny è da sempre il miglior chitarrista che conosco, nonché un notevole arrangiatore. Il lavoro che ha fatto per Undelivered è stato grande: oltre ad aver suonato tutte le parti acustiche ed elettriche, ha inserito la braguesa che è una chitarra acustica di origini portoghesi con 5 corde doppie – la puoi sentire nell’assolo di Turning Gray – ed anche la cabasa, una percussione africana a strascico. Gli arrangiamenti della parte orchestrale diHome little joy sono sempre opera di Johnny.
Più in generale, in brani come Turning Gray, Smile For Your Life, Alice Come Back Home soprattutto, parrebbe che abbiate virato verso un tipo di ballata malinconica e lisergica ( Pink Floyd ? ) allontanandovi da quel garage d’impatto che trovava più posto in Introducing…. Una maturazione stilistica dovuta anche a motivi anagrafici ?
Sicuramente, ma soprattutto una ricerca che ha segnato il nostro stile certamente attraversato da molti anni di ascolto e di esperienze personali e di gruppo maturate nel corso della nostra vita non solo artistica. Tre di noi si sono sposati e Johnny ha anche una figlia bellissima di due anni, Ida, a cui è dedicato l’album.
Anche le tue performances vocali Francesco in UNDELIVERED sono improntate spesso a toni soffusi e pensosi . Rispecchiano le tematiche dei brani ?
Si, abbastanza. Durante gli anni di lontananza dai palchi anche il modo di comporre è cambiato. Passare moltissimo tempo in studio ci ha resi certamente più consapevoli delle possibilità e anche il mio modo di cantare si è aperto a sonorità nuove. Ma è successo tutto in modo molto naturale, soprattutto non ci siamo limitati alla struttura fissa della canzone da tre minuti. Ed io ho lasciato fluire di più le emozioni.
Vorrei tornare su Home Little Joy. Mi è sembrato di gran lunga il brano più ispirato,
elaborato e complesso di UNDELIVERED. Una sorta di piccola meravigliosa suite infarcita di citazioni varie: Beatles, Beach Boys, XTC ( l’ho anche scritto nella mia recensione) . Un gioiello psyche-pop di raffinatezze armoniche e timbriche. Gli artisti citati hanno rappresentato per voi un punto di riferimento o sono altre le bands ad avervi ispirato in questa svolta stilistica?
Home little joy è nata in studio, nella ricerca di produrre un sound completamente diverso dagli altri brani, addirittura con l’inserimento degli archi nel finale. Le influenze sono state in questi anni talmente tante e varie, comprese quelle da te giustamente citate, che sarebbe difficile oltre che inutile citarne alcune al posto di altre. Quello che ti posso dire è che l’attenzione continua sulle nostre radici di sempre, molto passato per la melodia, molto pop, ma anche molta attualità per gli arrangiamenti.
Anche quei Rokes che tu ami tanto Francesco, da sempre : ho avuto la netta impressione che in qualche modo tu, Maurizio, Victor e Johnny abbiate voluto omaggiarli nella vocalità e nel climax di alcuni brani di UNDELIVERED.
Può darsi, anche se il nostro omaggio ai Rokes è stato fatto esplicitamente con l’EP tributo uscito nel lontano 2000 per la Larsen Rds. Certamente non possiamo né vogliamo nascondere la passione avuta per l’originalità della loro produzione, io stesso ho appositamente creato il sito web che ora è il loro ufficiale (all’indirizzo per chi volessewww.geocities.com/sunsetstrip/lounge/3488).
Quali sono i brani di UNDELIVERED che preferisci Francesco e perché ?
Pensate di continuare nella direzione artistica intrapresa ?
Non so darti una risposta netta su questo: ci sono momenti in cui preferisco Something she said. Ma a volte credo sia Smile for your life la mia preferita. E’ una questione anche umorale, no non ho delle preferenze in assoluto anche perché l’album ha un feeling di stretta continuità tra i suoi pezzi. Per quanto riguarda la direzione da noi presa posso dirti di sicuro solo che continueremo a sperimentare e scoprire nuove sonorità senza farci limitare dall’appartenenza a stili o metodi compositivi. Siamo liberi. Faremo quello che più ci piacerà fare, per farlo sempre meglio.