Anche questi THE JUNE sembrano in pieno sballo ‘indiano’ a giudicare dall’introduttiva Barber shop, carica di sitar e bansuri meditativi. Ma e’ solo l’inizio: da Rolling desperate in giu’ attraverso Better than you si rivelano un trio mod robusto dal chitarrismo vitale.
Poi in Big black mouth e Sir Eugene Maddox emergono cori brillanti tra duri riffs Jam-style.
Daisy, con mellotron, flute, trumpet e chitarre riverberate li fa cadere in piedi tra densi aromi Oasis.
I tre italiani, che piu’ anglofili non si puo’, continuano ad opporre cantati melodici ed armonici a solide strutture strumentali in Getting high e Living in the park.
E mentre in mente si alternano fantasmi Beatles/Rain e Byrds/Notorius The June affondano i manici-bisturi nella sopraffina psichedelia pop di Sketches of sound, Revolver e Makes me feel good.
Magic Circles e’ un rilucente gioiello a cavallo tra i ’60 ed i ’70: non chiedetevi (mi) come i tre parmensi siano riusciti a raggiungere questo magico equilibrio in poco meno di una mezz’oretta.
Godetevi Magic Circles in un unico afflato elettrico!