THE HIVES

“…Quando poi si accende la scritta al neon che li accompagna e partono le note introduttive di “A Stroll Through Hive Manor Corridors” il boato è di quelli importanti…”

HIVES – Alcatraz (Milano) 5 aprile 2008


Suona davvero bizzarro scoprire che, a pochi giorni dall’evento, il concerto degli Hives è stato spostato dal Rolling Stone al più capiente Alcatraz per la nutrita richiesta di biglietti. Strano perché questo è il tour di promozione del “Black and White Album”, un disco interlocutorio nel quale i nostri tentano di cambiare un po’ la loro ricetta con risultati spesso non convincenti.

Dal vivo però, si sa, è tutt’altra cosa, e questa speranza ha convinto un paio di migliaia di persone all’acquisto del biglietto. Ad aprire le danze dovevano esserci le Donnas, ma il loro forfait ha regalato una ghiotta occasione agliHenry FIat’s Open Sore, conterranei degli headliner e decisamente in linea con la serata per quanto riguarda l’attitudine. Suonano un garage rock veloce e schizoide, sono mascherati e si presentano sul palco tutti con t-shirt griffate Donnas, e la carta della simpatia -unita alla grinta e ad un po’ di sfrontatezza- se la giocano bene allietando a dovere i presenti per una ventina di minuti. Il loro disco poi, “Mondo Blotto” (su Alleycat records), è pure meglio. Ottima scelta e buone speranze di rivederli dalle nostre parti. Finito il loro set spariscono poco a poco i colori per ritrovarci immersi in un mondo in bianco e nero, dalla batteria agli amplificatori passando per cavi e microfoni, segno che manca poco.

Quando poi si accende la scritta al neon che li accompagna e partono le note introduttive di “A Stroll Through Hive Manor Corridors” il boato è di quelli importanti, e diventa ovazioneall’ingresso di Howlin’ Pelle Almqvist. Poche parole e subito a rotta di collo su “Hey Little World”, per poi giocare subito pesante con “Main Offender”. Inutile qui dire come ognuno nella band abbia un suo ruolo.

 Una sezione ritmica poco appariscente ma precisa e veloce come poche, un chitarrista istrionico -fratello di Pelle, che sia una cosa di famiglia?- ed uno di sostanza e poi un frontman indiavolato che ha studiato a memoria ogni possibile posa del rock’n roll, dal salto (James Brown di quarant’anni fa), passando per i giochi col microfono (Jagger).

 Saccheggiano l’ultimo album, a conti fatti i pezzi suonati da quest’ultimo saranno 8 sui 17 totali, riuscendo a farlo sembrare anche un lavoro in linea coi precedenti, merito di qualche esclusione intelligente e di un arrangiamento decisamente più elettrico.

Immancabile poi il siparietto in cui Pelle ci comunica che qui in Europa lui è solo una star del rock’n roll, ma in Svezia è ormai un importante leader religioso e che apprezza molto il nostro papa, che per lui è un esempio, oppure quando ci narra delle tecniche voodoo che ha imparato per far fare al pubblico quello che vuole, e giù “yeah” corali a ripetizione.

Lo spettacolo non manca, e se si entra nell’ottica di una sana ironia dissacrante l’ora abbondante passata in compagnia degli Hives è comunque molto divertente.

Si balla e si ride insomma, e la macchina è oliata al punto che sembra i nostri non facciano nemmeno fatica a conquistare tutti. Tanto è vero che nessuno si lamenta dell’esibizione che ci sembra fin troppo stringata e dell’assenza clamorosa, almeno per chi li segue ormai da dieci anni, di “A.K.A.-I.D.I.O.T.” dai bis.

Non sarà certo questo però a cambiare l’opinione su una serata decisamente positiva, che, conoscendo i tour impegnativi del gruppo di Fagersta, speriamo si possa ripetere entro l’anno. Agli assenti si consiglia di non commettere due volte lo stesso errore.

 

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