Chi mi segue da anni conosce il mio sconfinato e viscerale amore per gli Strung Out e che quando si parla di loro getto letteralmente alle ortiche la mia obiettività, vi chiedo scusa ma purtroppo veramente al cuor non si comanda. Probabilmente furono loro nel lontano 1996 ad aprirmi le porte del melodic Hc con lo splendido “Suburban teenage wasteland blues”, album epocale in cui si amalgamavano perfettamente melodia e potenza. Ritornano sulla scena in questi giorni con il loro settimo album intitolato “Blackhawks over Los Angeles” e dimostrano ancor una volta di essere una delle migliori band della scena.
Premetto che probabilmente questo “Blackhawks over Los Angeles” non riesce a raggiungere i livelli di “Exile in Oblivion” che è stato probabilmente il loro capolavoro, ma si piazza decisamente una spanna sopra al 99,9% delle uscite discografiche Punk di questo 2007. Il loro sound si è fatto ancora più compatto e potente e dimostrano di essere probabilmente la Fat Wreck band tecnicamente più valida. La tecnica da sola non basta e gli Strung Out lo sanno benissimo ed infatti cercano (e ci riescono quasi sempre) ad unirla a melodia e potenza.
Trovo che forse in questo album vi sia stato un eccessiva deriva verso il loro metal side che non mi ha propriamente convinto non essendo un amante del genere ma indubbiamente ciò non inficia le loro incredibili doti compositive e artistiche.
Dal punto di vista dei testi in “Blackhawks over Los Angeles” coniugano le tematiche sociali e politiche dei primi album (“Another day in paradise” – “Suburban…”) con il dark e introspettivo lato di “Exile in Oblivion”. Da sottolineare “Letter home”, canzone testamentaria di un soldato in guerra yankee che scrive ai propri affetti a casa.
Ancora una volta gli Strung Out tornano in pista per dimostrare che hanno ancora molto da insegnare alle giovani leve e che non c’è moda del momento che potrà uccidere la musica che più ci appassiona e che amiamo.
Voto: 8 + (Ottimo album di una straordinaria band)