STREET DOGS: State of grace

Un solo aggettivo: emozionante. Il quarto album di Mike Mc Colgan e soci è forse l’esito più maturo della carriera della band di Boston che dopo aver rasentato sonorità e tempi che sfioravano la velocità della luce raggiungono il giusto compromesso tra punk e tradizioni celtiche in un ideale Stato di Grazia.

Undici pezzi che raccontano momenti di vita quotidiana, testi che parlano della famiglia, dell’amicizia, arrangiamenti semplici, ritmi da ballata, chitarre acustiche, sonorità folk e concessioni punk rock rendono State of Grace un album completo, di facile e piacevole ascolto, scorrevole e accattivante.

L’impressione generale che si ha al primo ascolto è che i cani da strada si siano molto raffinati e tranquillizzati, i suoni sono meno spigolosi rispetto alle uscite precedenti, si percepisce una maturazione artistica notevole, senza mettere in cantina le lezioni dello street punk più autentico.

Dopo l’esperienza con i Dropkick Murphys, dopo aver messo in standby per qualche anno la musica per dedicarsi al suo vero lavoro, il pompiere, Mike Mc Colgan decise di formare un nuovo gruppo che in poco tempo diventò la sua occupazione principale. Dopo un lungo tour, giunti al terzo album, gli Street Dogs entrano nella scuderia Hellcat, il che può considerarsi l’apice del loro percorso.

Tra i pezzi migliori dell’album l’oro va a Kevin J. O’ Toole, ballata punk rock con cornamusa nel finale; The General’s Boombox è dedicata alla leggenda Joe Strummer mentre in San Patricios compare addirittura un frammento in spagnolo.

Il finale non poteva essere migliore: Free è uno di quei pezzi che non si scordano facilmente, l’ideale colonna sonora di momenti importanti; chitarra acustica e armonica a bocca accompagnano la  voce di Mike che racconta un viaggio interiore alla ricerca della libertà.

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