Cambiareetichetta sembra aver dato nuova linfa vitale ai canadesi Silverstein.
Infattiquesto debutto su Hopeless Records riporta la band ai fasti di”Discovering the Waterfront”, disco che li ha fatti conoscere al grande pubblico.
Laformula musicale può sembrare postdatata ed arcaica (anche se parliamo di unaband che ha contribuito alla crescita del genere alle origini) ma sicuramente èalla base di un ottimo disco, compostoda ottimi musicisti con un buon gusto per l’ottima musica. Non hanno cercatodi strafare alla ricerca di chissà qualenovità ed il risultato finale parla a loro favore. I passi falsi di alcunilavori precedenti sembrano essere serviti di lezione a questi ragazzidell’Ontario.
12 braniin totale, emo-core con la “E” maiuscola. Un buon mix di parti urlatee parte melodiche (a mio avviso il cantante Told è da anni uno dei miglioriinterpreti del ruolo in tutto il panorama undergroud), schitarrate ultratecniche, buona velocità di base, qualche semi-ballata (vedi “Good luck with your lives” e “DarlingHarbour”) qua e la che non guasta mai (almeno in questo contesto).
Lapartenza è da paura, “Medication” ti spazza via senza mezzi termini.Non hai ancora iniziato l’ascolto e tisei già innamorato dell’album. Il bridge finale smorza un intramezzo conriminiscenze HC. “Intervention” e “The Artist” mostrano laparte più corposa della band. Incalzanti e arrabbiati. Parti melodiche ridotte all’osso, giusto neipassaggi di transizione. Stile Silverstein per intenderci. Quello che ci avevacolpito 6 anni fa (si tanto è passato da “Discovering theWaterfront”).
Ogni branomeriterebbe di essere citato per un riff di chitarra (non male davvero quellodi “Live to kill”), per unalinea melodica (bello il duetto con Anthony Raneri dei Bayside in “TexasMickey), per un testo più profondo(“In memory of…”).
Indefinitiva un disco che piacerà a tutti i fan di lunga data ma anche aipunk-rockers dalle vedute più ampie…
Voto:7/10