I Senza Sicura da anni ormai sono on-the road dando voce alla rabbia e al risentimento di una generazione che da quando è nata non ha fatto altro che vedere bombe e morti. Dopo un periodo di assenza ritornano più carichi che mai con un nuovo album “Il potere del nulla”che speriamo vivamente li faccia ritornare a calcare i palchi dei Centri Sociali italiani perchè di band come loro ne abbiamo proprio bisogno.
Bene Cuspe è sempre un piacere scambiare quattro chiacchiere con te. Dopo un pò che non avevamo notizie di voi eccovi ritornare con un nuovo album “Il potere del Nulla” che vi riporta prepotentemente sulla scena. Per iniziare mi pare d’obbligo chiederti di farci una presentazione dell’album.
Per prima cosa come al solito le nostre canzoni risentono del periodo, chiamiamolo emotivo, in cui vengono scritte;non riesco ad ignorare quello che mi accade, banale o no che sia e non portarlo in qualche modo nei miei testi .In secondo luogo noto che faccio sempre fatica ad affrontare i “grandi temi” della vita politica e sociale del nostro tempo e che al contrario mi risulta piu’ naturale trattare piccole storie, quelle che sento spiritualmente vicine a me anche se magari materialmente lontane. Continuo a “lavorare” sulle persone, sulle paure, le speranze ed i sogni di ogniuno e credo che le grandi battaglie per la libertà, la giustizia e l’eguaglianza debbano partire anche da una profonda conoscenza di noi stessi.
Nella nostra ultima chiacchierata avevo appunto sottolineato che il vostro sound stava sterzando verso lo ska. Nel vostro nuovo album invece avete voluto smentirmi completamente dirigendovi verso sonorità più “punk” e con soli piccoli accenni alle sonorità “in levare”. Da cosa è dipeso questo cambiamento?
Da nulla in particolare. Volevamo fare un cd piu’ agressivo, istintivo e a tratti quasi incompleto come se le canzoni fossero state provate in sala prove e poi subito registrate. Invece lo ska che mi piace suonare è molto levigato e ricco di armonizzazioni e non mi sembrava ci stesse nell’ambito di quest’ultimo lavoro.
Confesso apertamente la mia immensa stima verso le tue capacità di song-writer poichè più che un semplice cantante ti considero uno degli ultimi“canta-storie”, sulla scia di personaggi come De Andrè o De Gregori. Questa volta a cosa ti sei ispirato nella stesura dei testi?
Per molto tempo sono stato in balia degli eventi e mi sono chiesto se l’immagine che avevo di me non fosse altro che l’idea che gli altri io supponevo avessero della mia persona. Piu’ semplicemente: pensi di te stesso quello che al di fuori credi si pensi di te. In molti casi una persona è solo la proiezione di qualcos’altro, si muove in direzioni imposte senza ascoltare quello che davvero vuole e cerca. A tutto questo ho dato il nome de Il potere del nulla e ho cominciato a scriverci su.
Nei primi album parlavi principalmente della classe operaia e dei suoi problemi. Con “4 città” qualcosa è cambiato e i vostri testi si sono spostati verso argomenti più generali, vi è un perchè dietro questo cambiamento?…ti senti forse deluso e stanco di una classe sindacale e politica che pensa esclusivamente a soldi e guadagni e quindi non te la senti più di parlare di queste cose?
I problemi della cosìdetta classe operaia e in generale dei lavoratori mi sembrano piu’ che evidenti e le parole, i ragionamenti e le analisi capaci di dar vita ad azioni concrete contro questo governo dovrebbero venire direttamente da loro. Una canzone ha il grande vantaggio di condensare in poche righe un problema e di farlo veicolare facilmente grazie alla componente musicale. Ma ha anche il grande limite di non poterlo sviscerare in tutta la sua complessità, cosa secondo me assolutamente necessaria oggi. In fine a me piace,ad esempio, cantare la piccola storia di un immigrato e non il “fenomeno immigrazione”, la storia di una donna, di un uomo al di là della posizione sociale a cui appartengono.
Nel vostro nuovo album vi è una canzone intitolata “Il giardino di Allah” Sinceramente dopo vari ascolti non sono riuscito a capire il senso profondo di questa canzone, potresti spiegarmelo?
Si dice che Allah un giorno stanco del genere umano diede vita al deserto del Sahara chiamato anche Il giardino di Allah. E’ una canzone sul mio giardino all’interno del quale amo isolarmi e rigenerarmi. Per il resto è effettivamente un testo piuttosto complesso, ma è venuto così..
Siete una delle poche band che possono raccontare di persona i cambiamenti che vi sono stati in questi anni nella scena underground dei centri sociali avendola vissuta e vista crescere di persona. Che differenze trovi tra oggi e dieci anni fà?…non trovi per certi versi pericoloso che il punk stia uscendo dai centri sociali per entrare in contesti diversi come i locali per lasciare spazio a musica come la techno e i rave party?
Ci vorrebbe ben piu’ spazio per rispondere a questa domanda. Le aspettative e le esigenze delle band sono sicuramente mutate e questo le ha portate a cercare contesti tecnicamente piu’ completi in cui suonare e in questo senso credo che qualche piccola responsabilità i centri stessi la abbiano. Per il resto ogni “momento” ha la propria colonna sonora..che sia techno, house, garage o chissà cosa non mi interessa; la cosa importante, credo, è dare alla musica che si suona parte delle proprie emozioni, delle esperienze fatte, dei sogni che ci accompagnano.
Voi avete iniziato la vostra carriera agli inizi degli anni ’90 insieme a band come Derozer e Punkreas. Purtroppo voi non siete mai riusciti a “campare di musica” ma la avete dovuta relegare sempre a hobby secondario. Ora che sei arrivato a una certa età, non ti sei pentito magari di certe scelte che hai fatto in passato visto che ora quelle band riescono a vivere di musica e alcune anche moolto bene?
Ho sempre un certo rispetto per chi riesce a campare di musica perchè so che non è facile. Per quanto ci riguarda non ci pentiamo di nulla. Abbiamo sempre suonato e cantato rispettando noi stessi e quelli che ci ascoltavano e questo per me è sempre stata la cosa piu’ importante. Sarebbe stato facile riscrivere all’infinito “Piu’ di mille” e continuare con le vesti di gruppo operaista, skinhead di sinistra, con testi pieni di proclami e bla bla del genenere. Ma io avverto la complessità della vita, dei rapporti, la difficoltà di dar voce alle speranze ed è di questo che voglio parlare.
So che uno dei vostri miti è sempre stato, il mai troppo compianto, Joe Strummer che ha influenzato sempre moltissimo il vostro sound. Cosa ha rappresentato personalmente per te la sua morte?
In generale il mondo della musica ha davvero bisogno di persone oneste, di teste pensanti, di autori ed interpreti capaci di dare ancora dignità al punk rock. Per queste ragioni la perdita di Strummer mi ha davvero addolorato.
Come è sempre stato un piacere Cuspe e prima di concludere dicci se avete intenzione di tornare on-the road per promuovere “Il potere del nulla”.
Qualche concerto lo faremo di sicuro ci mancherebbe… ma qualche week end lo terrò per dedicarmi alla cura del mio giardino..
Per concludere ti lascio questo spazio per dire quello che vuoi e lasciare ai posteri il “Cuspe-Senza Sicura” pensiero.
Vi lascio un umile consiglio: piantate alberi, mangiate poca carne e correte piano.