SBÄM Fest Fall Edition 2019

Tra appunti, foto e video ho ripercorso questo festival a distanza di qualche mese, rivivendo le emozioni e gli attimi di quei due giorni. Ho scaldato queste fredde giornate invernali con quell’entusiasmo, quel calore e quell’energia tipica del Punk Rock Holiday ma in quell’occasione rinchiusa all’interno di un ex macello completamente rimesso a nuovo da colori e animo punk rock: ecco a voi quello che a mio parare si può considerare il miglior festival indoor d’Europa.

Siamo all’Alter Schlachthoff di Wels (piccola cittadina a un’ora da Vienna) ed è qui che da qualche anno si svolge lo Sbam Fest. Festival che dopo l’ottimo risconto primaverile, per la seconda volta raddoppia il proprio appuntamento annuale. Una data autunnale che mantiene altissimo il proprio livello con nomi di grandissimo spessore come Bouncing Souls, No fun at all, Not Available e tanti altri gruppi.

Sono pressoché le due del pomeriggio, c’è qualche punkers che già beve birra seduto sulla piccola half pipe e i ragazzi dello staff indaffarati a sistemare la zona del backstage, dove leggermente nascosta dalla rete e dai grandi bauli si intravede il murales con la scritta Nofx resa ormai celebre dall’abbinamento alla suora semisvestita. All’ombra della grande torre dell’Alter Schlachthoff siamo davvero in pochi, ma dentro c’è già chi sta suonando, e allora mi affaccio subito all’ingresso per il ritiro del mio braccialetto. Purtroppo per piccoli disguidi le procedure si allungano di una manciata di minuti, e nonostante il sorriso e il calore dello staff finisco per perdermi quasi tutto il concerto dei “The Happy Terrorist” (band austriaca dalle forti influenze ska e reggae).

Ma, con due giorni da vivere, immerso in quest’atmosfera fantastica non c’è il tempo di rammaricarsi. Mi dirigo al bar per una birra fresca, e qui mi rendo subito conto di non essere al classico festival italiano (se ma ce ne fossero stati dubbi): cauzione di due euro per il bicchiere che può essere reso indietro o riutilizzato in seguito. Green step approvato e vinto (lo dimostrerà un pit assolutamente pulito e sgombro di ogni bicchiere o plastica a fine serata). Due veloci sorsi mentre mi aggiro in questa splendida location divisa in più spazi e ben organizzata sia all’interno che all’esterno, che gli “Special Bombs” stan già iniziando il loro show. La band arriva dalla vicina baviera, ma ha un sound marcatamente americano, fatto di un rock accattivante e interseco delle melodie e della potenza classica di oltreoceano che ci riporta ai Bouncing Souls e ai Flatliners. Insomma, quando si dice partire con il piede giusto! Il loro show dura una mezz’oretta bella buona, ma forse è ancora troppo presto, e sotto il piccolo palco infatti siamo poco più di una ventina. Ma segnatevi il nome di questi ragazzi… Ne sentirete sicuramente parlare!

Bisogna attendere i Glue Crew, band di casa (suonano per SBÄM-Records e arrivano dalla vicina Salisburgo) per vedere aumentare in modo decisamente significativo la gente sotto il palco. Nati come duo folk punk, si sono trasformati ben presto in una vera band che fa dell’uso del dialetto austriaco una caratteristica pressoché unica. Purtroppo se come me non masticate benissimo il tedesco, e peggio ancora un dialetto austriaco, vi sembreranno incomprensibili nei testi, ma i loro ritmi che miscelano folk e punk non lasciano di sicuro indifferenti… facile per cui ritrovarsi birra alla mano abbracciato a qualche punkers austriaco un po’ più su di giri nonostante siano solo le quattro del pomeriggio.

I ritmi folk si fanno ancora più forti e decisi con violino, mandolino, armonica e contrabbasso dei Wahm Bam Bodyslam della vicina Vienna. Anche loro band di casa SBÄM-Records, presentano un folk punk più incline alle melodie country americane, ma con accenni di valzer e folk austriaco vecchio stile. La voce rude della cantante mette in evidenza le radici punk della band e i testi raccontano di viaggi, bevute, paure, differenze sociali è quanto basta a renderli amati dal sempre più nutrito pubblico austriaco.

Nel mentre che le birre si seguono l’un l’altra tra una chiacchiera e un saluto con gli amici arrivati su dalle varie città italiane è finalmente giunto il momento dei Not Available. E’ personalmente la band più attesa della giornata, in quanto non ho mai avuto occasione di vederli dal vivo e il loro show sarà la conferma di quanto si racconti su di loro. Band in grandissima forma nonostante abbiano sulle spalle oltre 25 di attività e una miscela di punk hardcore anni novanta da far invidia ai più rinomati coetanei di oltre oceano.

Dalla recentissima “What you don’t know” alla ben più datate “Punk Rock Star” e “ Another Day” attraverso “Better than Dream” e alla più cosciuta, velocissima e immancabile “Best I can”. Seguono in successione senza pause di alcun tipo “Green Car”, “Everybody know”, “Random” prima di passare a una gran chiusura con “Cerveza”, “Jo’anna” e “Little Lunatic”. Il loro show purtroppo dura solamente mezz’ora, ma basta a scatenare il sottoscritto e gli altri punkers visibilmente over 30 a un continuo pogo alternato a diversi stage diving, ad abbracci, a cadute e a birre rovesciate. Insomma, trenta minuti di adolescenza ben concentrati e senza freni, conclusi con un po’ di fiato lungo ma con una gran gioia nel cuore. Top band della giornata.

Seguono i Dirty Nil, band alternative rock Canadese, ma ho praticamente zero interesse nei loro confronti che infatti me li perdo del tutto, restando a prima a chiacchierare nella zona merch con Dragan e il resto dei Not Available, e poi a mangiare un ottimo panino nella zona dei food truck.

Ritorno sotto il palco in tempo per il concerto dei Death by Stereo, e non mi sorprende il fatto che il numero di persone sia quasi triplicato rispetto a quello visto per i Not Available. Anche la temperatura all’interno dell’Alter Schlachthof è decisamente salita, e a fatica si respira. Non sono un fan della band, e sono poco incline al loro genere, ma non gli si può non riconoscergli le gran capacità tecniche e l’energia con cui coinvolgono il pubblico, tanto da rendere indistinguibile palco e pit. Grandi applausi per loro, e a detta di chi li conosce meglio di me uno show davvero superbo.

Seguono i Rentokill, band punk rock da Vienna, molto apprezzata dal pubblico austriaco, ma un po’ più di difficile approccio per chi come me li vede per la prima volta.  I testi in tedesco e il punk hardcore veloce e tirato non si prestano a un facile ascolto e per cui resto in disparte a seguire il loro show mentre bevo birra, finchè sul finire mi tiran fuori la cover di Olympia dei Rancid. Mi sciolgono da ogni freddezza ed eccomi a volare come il mio bicchiere sulle teste dei poveri malcapitati. Meritano di sicuro di essere ascoltati con più attenzione soprattutto per i temi politici, di antirazzismo e rispetto per gli animali che affrontano, ma forse prima ci sarà bisogno di un dizionario e del ripasso di un po’ di tedesco.

Sono le 22:00 circa…. E dopo una lunga giornata arrivano finalmente i grandi nomi, quelli più attesi dai tanti.

I primi a salire sul palco come da scaletta sono i No fun at all. La band Svedese torna sul palco dello Sbam a distanza di un anno e mezzo, e lo fanno con tutta l’energia e la forza che li caratterizza. Aprono il loro show suonando per intero l’ep “Vision” del lontano 1993. 20 minuti che basterebbero per un intero show, nel quale la band non mostra minimante le oltre due decadi passate da allora!! Ma i No fun ne hanno cosi tanta che non possono certo fermarsi qui, e quindi spazio ai grandi pezzi marcatamente anni 90 come “Wow And I Say Wow “, “Suicide Machine”, “I can’t believe it’s true”, “In a moment” e le splendide “Should Have Know” e “Celestial Q&A”. Lo show è assolutamente perfetto, tra palco e pubblico non ci sono barriere, c’è chi balla sul palco, c’è chi si lancia per fare stage diving, c’è chi offre da bere ai membri della band, chi da sotto urla e chi si abbraccia per uno show assolutamente perfetto chiuso alla grande con “Strong and smart”, “Out of bounds” e “Master celebrator”.

Si potrebbe benissimo chiudere qui, ed andare a casa, ma la giornata non è ancora conclusa. Mancano ancora i Bouncing Souls.  In tour per festeggiare i loro trent’anni di attività, la band non ha toccato l’Italia, e di qui la folle idea in primavera di spingersi oltralpe per rivederli. Sono particolarmente legato alla band di New Brunswick, e faccio difficoltà a criticarli perché è sempre un piacere rivederli, ma la scaletta prevedeva un’ora e mezza di concerto, e sono rimasto un po’ deluso quando dopo un’ora la band ha chiuso il proprio show. Nonostante ciò i quattro del New Jersey ci hanno buttato dentro il meglio dei loro 30 anni: dai classici pezzi come “Hopeless Romantic”, “Sing Along Forever”, “Gold Song”, “True Believers”, “Lean on Sheena” a pezzi che vanno a pescare indietro agli anni novanta come “The Freaks, Nerds, And Romantics”, “Shark Attack” e “Kid” e ovviamente i più recenti pezzi dell’ultimo ep come “Crucial Moments” e “1989”.  Uno show un gradino sotto a quello dei No Fun at all, e forse anche ai Not Available che a fronte di un pubblico minore e tempi più stretti avevano decisamente regalato più emozioni, ma resto tuttavia dell’idea che il tutto fosse condizionato da un tour abbastanza tirato e stretto nei tempi ormai alla penultima data, e senza escludere la mia stanchezza dopo le diverse ore di show e le diverse birre che avevano accompagnato l’intera giornata iniziata all’alba.

Da li a poco la fine dello show, come la gran parte dei presenti ho salutato tutti per via della stanchezza, nonostante la jam session che avrebbe seguito, ma per la quale davvero non avevo ormai più energie.

Il DAY 2 parte molto più easy, poco dopo mezzogiorno con una colazione al vicino bar. E’ proprio qui che scorrendo le notizie sui social, scopro che la time table del secondo giorno ha subito una notevole rivisitazione. E’ notizia, infatti, proprio della sera precedente la cancellazione dello show dei Raised First (Band headliner del giorno 2). Non certo un boccone facile da mandare giù per i fans della band venuti fino qui, e un altro duro colpo per gli organizzatori, che solo pochi giorni prima si erano visti saltare anche i Guttermouth.

Certo che dover far fronte a ben due cancellazioni (Sempre che  sia andata davvero così… Perchè per una strana coincidenza entrambe le band mancano nel vinile uscito per la data autunnale) non deve essere stato facile per Stefan e soci. Ma qui vanno le mie più sincere congratulazioni: perché se più che scontato lo slittamento degli Iron Chic e dei Rantanplant a rispettivi headliner e coheadliner, le modifiche vere modifiche con relativo colpaccio lo ritroviamo nel mezzo della giornata.

Ad aprire la giornata come da programma i Devils Rejects (band punk hardcore da Linz) e a seguire gli Heathcliff (band punk rock da Monaco), chiamati last minute per cercare di far fronte alle diverse cancellazioni.  Ovviamente riesco a perdermi i primi fermandomi un po’ troppo nella zona merch dei Guns’n’Wankers, mentre i secondi riesco a seguirli solo di striscio tra una birra e un saluto con le amicizie appena strette il giorno prima. In tutto ciò però riesco a uscirmene con “Chill out radio” il nuovo lavoro della band tedesca. Da ascoltare!

Diciamo pure che il mio secondo giorno inizia per davvero con gli Escape Artists che capitanati da un’energetica e sbarazzina ragazza alla voce, si presentano come una delle tante giovani proposte che ti può capitare di ascoltare a inizio di un festival: tanta energia e voglia di spaccare e coinvolgere con un punk pop graffiante e di carattere. In realtà (e questo lo scoprirò solo chiacchierando con qualcuno dei presenti) la band è a uno dei suoi ultimi concerti dopo ben 11 anni, e il tutto nonostante un ep uscito solo qualche mese prima e intitolato “Never die Again”. Speriamo che sia solo un arrivederci come il loro ultimo pezzo “Good Bye”.

Cambio palco e cambio completo di genere: dal pop punk passiamo all’hard rock con gli Igel vs. Shark: se vi fanno impazzire AC/DC e Airbourne allora di sicuro la band austriaca avrebbero fatto al caso vostro. Inseriti nel tabellone della domenica all’ultimo minuto, purtroppo si ritrovano in un ambiente che non è proprio il loro, e davanti a un pubblico che preferisce un genere leggermente diverso, riescono tuttavia a mettere su un buono show, mantenendo alta l’asticella delle band presenti.

Seguono gli Swallow’s Rose che si confermano la band che avevo ascoltato su spotify qualche settimana prima. Band cazzuta, con quel hardcore melodico di ispirazione americana, il quintetto tedesco mette su una bella scaletta (“Live, love, hate & hope”, “Hold on”, “Our song”, When we were kings”, “Coming Home”, “Promise” e tante altre) sfruttando al massimo la mezz’ora a disposizione e coinvolgendo i presenti a pogare senza dar tempo di tirar fiato. Ne pagheranno purtroppo le conseguenze gli Antimeniax, per i quali ammetto di non essere mai impazzito: tutt’altro i gusti del pubblico austraco/tedesco davvero caloroso con la band di casa.

Bisogna attendere comunque le 7 di sera per veder finalmente salire sul palco i grandi nomi della seconda giornata. I primi sono i Guns’n’Wankers. Con Duncan Redmonds alla chitarra/voce e Pat Walter alla batteria come a metà degli anni novanta, accompagnati al basso da Wes Wasley dei Consumed la band inglese torna a riformarsi dopo ben 25 anni. Avere l’occasione di poterli vedere dal vivo è stato davvero uno dei momenti più intensi di tutto il festival.  Una dozzina di pezzi per il trio inglese, praticamente la loro intera discografia. Da Blah Blah Blah a Skin Deep nel mezzo i pezzi intramontabili per chi adora il punk hardcore, che ben rispolverati dopo oltre un quarto di secolo non hanno assolutamente perso di lucidità e brillantezza: “Help”, “Surprise”, “Raise Your Glass”, “Nervous”, “Sunstroke”. Duncan e soci trovano anche spazio per regalarci una fantastica cover di “To love somebody” dei Bee Gees. Cosa chiedere di più? La band non ha mostrato il minimo segno degli anni passati. Ben visibile invece la gioia nel pubblico presente, dai più vecchi con i lacrimoni agli occhi ai più giovani entusiasti e davvero coinvolti nel poter vedere una band davvero storica che con un solo album ha davvero fatto un pezzo di storia della scena punk hardcore.

Cambio palco, cambio generazione, ma restiamo sotto i colori del Regno Unito con i Buster Shuffle. La band nata a Londra nel 2007 e che si è fatta conoscere in Italia nello scorso inverno suonando di spalla ai Flogging Molly, era completamente sfuggita ai miei radar. Con il loro rock’n’roll che si miscela ai ritmi ska e con quelle sfumature Irish punk che assicurano il divertimento di tutti, sono senza dubbio la più piacevole sorpresa nel programma della domenica. I ritmi dettati dal gioco di tastiera e batteria posti al centro del palco e che fan da colonna portante, rendono il sound del quartetto una ventata di aria fresca. Provate voi a tener fermi i piedi su pezzi come “Our night out”, “Devon”, “Estate”, “We fall to pieces”, “Doesn’t matter”, “You’r alright”, “I’ll Get My Coat”,  I don’t trust a word you say”, “Brothers And Sisters”. I Buster Shuffle giocano i loro migliori assi nella mezz’ora a disposizione con entusiasmo e tanta energia, conquistando il sottoscritto già nei primi pezzi, chiudendo tra gli applausi da parte dal gran pubblico presente.

Da Regno Unito all’Australia, a salire sul palco tocca ai Clowns. La band di Melbourne entrata da pochi mesi in casa Fat Wreck Chords è già al suo secondo tour europeo con l’album “Nature Nature”. E’ stata una delle band che più ha sorpreso nel 2019 con un album che si distacca dall’hardcore degli anni passati, per buttarsi su qualcosa di altrettanto frenetico e psichedelico, che ha saputo mantenere lo stesso spirito punk degli esordi. No, non rientrano affatto nei miei gusti, ma sta di fatto che visti da lontano sono una delle band che ha riscosso il maggior successo insieme ai Buster Shuffle.

Fossero stati inseriti nel tabellone del festival sicuramente avrebbero richiamato un buon numero di fans, e riempito questa domenica che per pubblico rimane un gradino sotto rispetto al Day 1. Invece il loro nome, su una possibile partecipazione inizia a circolare solamente la sera prima a seguito della cancellazione dei Raised First. Aspettarsi tuttavia la loro presenza è una cosa che va oltre ogni più rosea immaginazione, ma Stefan insieme al suo staff realizza questo piccolo miracolo, riuscendo in poche ore a portare sul palco del festival Austriaco gli Snuff in una formazione rivisitata ma che vede prima di tutto l’immancabile presenza di Duncan dietro la batteria e alla voce. Sempre accompagnato al basso da Wes Wasley dei Consumed e in questa occasione da un giovane chitarrista su cui resta l’anonimato, gli Snuff (All Stars) fanno il loro ingresso sul palco tra gli applausi del pubblico che solo poche ore prima chiedevano il bis a Duncan.  Ricordare la scaletta mi è pressoché impossibile a distanza di questi mesi, ma ricordo bene che anche con la formazione rivisitata lo spettacolo non è mancato ne su ne sotto il palco: pogo, continuo stage diving e canzoni cantate a squarciagola.

Riuscire a trovare le energie dopo tutte queste band diventa inizia a diventare sempre più difficile: le gambe non mi reggono ormai più e le birre iniziano a segnare drasticamente le ultime ore di questo festival. Sul palco ci sono i Rantanplan, che con il loro ska punk e forti dei temi antifascisti ricordano tanto i Talco, in versione tedesca. Portano tanto entusiasmo e ancora nuova linfa a un festival che sembra non aver mai fine. Un’ora facendo saltare e intrattenendo i presenti fino allo stremo delle forze: amati e osannati dal tutto il pubblico.

Si giunge alla fine… A chiudere questa due giorni gli Iron Chic che salgono sul palco poco dopo la mezzanotte visibilmente non al meglio della loro condizione fisica. Più volte Jason stesso sottolineerà e si scuserà tra un pezzo e l’altro per lo stato non proprio ottimale. Sarà la tarda ora, ma neanche il sottoscritto e gran parte dei presenti è oramai allo stremo delle energie: non si poga più, e i pochi tentativi di stage diving hanno esiti non dei migliori. Io finisco per seguire gran parte dello show accovacciato al lato del palco, mentre un ragazzo ben più distrutto di me dorme profondamente poco più in là. Speriamo di rivedere gli Iron Chic in occasioni migliori, perché non ne abbiamo davvero più… Lo Sbam Fest ci ha prosciugato di ogni energia con una super combo di bands concentrata in soli due giorni.

Un atmosfera, un ambiente una realtà cosi fantastica che sembra un sogno. Lasciamo all’Alter Schlachthoff  che l’una di notte è passata già da un po, con tante emozioni e con un unico pensiero… quanto si torna???

See you soon Sbam Fest!!!!

 

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