INTRO
Voodoo Rhythm : a wild little label
L’etichetta svizzera di Reverend Beat-Man, la VOODOO RHYTHMRECORDS, è divenuta negli ultimi anni, e cioè i primissimi del nuovo millennio, una label di culto internazionale attenendosi strettamente al verbo garage, blues-trash e primitive rock’n’roll .
Ma già dagli anni ’90 con bands e produzioni estreme ed a volte bizzarre come DEAD BROTHERS, MONSTERS, aveva dimostrato di essere interessata unicamente al lato più oscuro e meno ortodosso del rock, ed in alcuni casi ad incesti contronatura tra generi molto diversi, polka, zydeco, punk, cabaret, come nel caso dei WATZLOVES , coerentemente con la ragione sociale che si era data ed alcuni sottoragioni : ‘ Records sto ruin any party…..He’s monsters voice ‘ .
E’ diventata poi nel nuovo millennio una sorta di amorevole ed accogliente ovile europeo ma cosmopolita.
Ecco un sintetico campionario del suo catalogo nuovo millennio : transfughi del garage punk storico americano come GET LOST ( Never Come Back / 2002) ovvero Gerry Mohr e Robert Butler ( Miracle Workers, Cavemanish Boys…), il ruspante rockabilly degli HORMONAUTS (Hormone Hop / 2001), perduti eroi r&roll degli anni ’50 ripescati come JERRY J.NIXON (Gentleman of rock’n’roll/ 2003), le perverse incursioni trash-demenziali del boss REVEREND BEAT-MAN con gli UN-BELIEVERS (Get on your knees / 2001) DIE ZORROS (History of rock vol.7 / 2002) e THE CHURCH OF HERPES ( 2005), micidiali noise-bands come i brasiliani THEE BUTCHERS ORCHESTRA, la violenza originaria degli Stones calata nel nuovo millennio ( Stop talking about music, let’s celebrate it / 2004) prodotto da Tim Kerr , agguerriti garagers come gli spagnoli WAU Y LOS ARRRGHS !!! (Cantan en Espanol / 2005), i losangelini THE GUILTY HEARTS ( 2005), artefici di un incredibile corposissimo debutto marchiato a fuoco da fantasmi Gun Club di cui coverizzano Jack on Fire, inafferrabili ed istrioniche figure come KING KHAN & HIS SHRINES artefice di un r&b schizoide ( Three Hairs & You’re Mine / 2001 ), vaneggianti interpreti di punk’n’roll grezzo e primitivo come THE COME N’ GO ; il lo-fi trash-robotico di KING AUTOMATIC ( Automatic Ray / 2005), ovvero il batterista dei Thundercrack che dalla Francia mixa in modo conturbante rock’n’roll, blues, Kraftwerk e Devo ( di cui coverizza Mongoloid che più lo-fi non si può!) in una sorta di New Wave del Raw Blues Punk ; il divertente ed ironico hillbilly bianco, venato di country e bluegrass di ZENO TORNADO AND THE BONEY GOOGLE BROTHERS ( Dirty dope infected blue grass hilbilly hobo XXX country music/ 2003 ; Lover of your dreams); il chicago-blues ed il boogie ruspanti di JOHN SCHOOLEY ( And his one man band / 2005 ) ; il fifties-doo woop sound di HIPBONE SLIM AND THE KNEES TREMBLERS ( Have knees with tremble / 2005 ) ;
Un affresco di generi davvero sorprendente, ben riassunti nell’esauriente sample n.2 della Voodoo Rhythm del 2005 dove appaiono anche vecchi grandi brani dei cattivi fuzz-men THE MONSTERS ( Burn my mind ) e degli old-style guitarists DEAD BROTHERS ( Swing )
Devo dire che con questa produzione recentissima, BECAUSE OF WOMEN degli svizzeri ROY & THE DEVIL’S MOTORCYCLE, tre chitarristi ( 3 Brothers ) più un batterista, Oliver, la Voodoo Rhythm si è davvero superata . Il sound prodotto dalle tre chitarre e da Oliver travalicano l’abusato concetto di trash-blues che si rivela limitativo nel loro caso . Da un lato si ricollegano a certo ‘decostruttivismo ‘ blues di mitiche bands come Chrome Cranks , Bassholes e Cheater Slicks; come loro in brani come l’oppiacea I Had A Dream, l’acustico-folkeggiante Winding Up ( con tanto di onde che si rifrangono e grida di gabbiani ) e l’informale Dust Ball Flashback iniettano nella matrice nera del blues alcolizzati ed onirici umori esistenziali di bianchi alla deriva , di vite allo sbando , mutandone per fatale inerzia e trasfigurandone le trame originarie.
Un mood che ricorda molto gli abbandoni drogati degli Spaceman 3 . Ma, a differenza dei nomi succitati, Roy & The Devil’s Motorcycle rinunciano ad urgenza ritmica e deflagrazioni soniche per dar vita ad una psichedelica blues decelerata ed inquietante in cui sono gli obliqui e visionari téte-a-téte delle tre chitarre e la voce trasandata ed occasionale a farla da padrone .
Autentici monumenti al ‘cuore nero’ di questo blues posseduto da un incredibile nichilismo bianco sono Dark Sunday Evening ( qui i 13th Floor Elevators sembrano essersi dati appuntamento con i Joy Division ), la cover di Junior Kimbrough, Don’t Leave me ( strascicata ed alcolizzata) e quella di Elmore James, It Hurst Me Too, che come Johnny Be Good iniziano canoniche per poi inerpicarsi perfidamente su stravolti ed imprevedibili sentieri sonori .
Omaggi alla tradizione quindi , anche se devastati da una seriale dedizione alla profanazione ed ad un’innata trascendenza sonica . Sono comunque episodi come Illumated Cowboy, spiritata ed inclassificabile, che non offre il fianco ad alcuna etichetta musicale ‘umanoide’, e poi Dark Sunday Evening, e la tormentata e densa When We Were Young che senza ombra di dubbio mettono a fuoco la visionarietà straripante e potente di una band rimasta troppo a lungo nell’oscurità di un piccolo villaggio delle montagne svizzere, oggetto di un rito per pochi adepti .
Voto ( 8/ 10 )