Sabato 28 maggio al C.S.A. Baraonda di Segrate (via Pacinotti 13) ci sarà un’importante iniziativa internazionale, due popoli, una lotta. Stiamo parlando del Popolo Mapuche e del Popolo Basco, lontani per distanza ma uniti nella lotta contro la repressione dello stato, durante la serata interverranno un rappresentante del Popolo Mapuche ed un attivista del Popolo Basco, dopodiché suonerà la Banda Bassotti, da sempre sensibile verso questo tipo di iniziative.
Per fare un po di chiarezza, per chi non fosse a conoscenza delle lotte che questi due Popoli devono affrontare tutti i giorni, da buon rompicoglioni quale sono ho chiesto ai diretti interessati di presentarci, nella maniera più esaustiva possibile, di questa iniziativa, che vi invito a leggere per capire, qui di seguito troverete il dossier della rete Mapuche con info generali sul Popolo e sulle iniziative:
RETE IN DIFESA DEL POPOLO MAPUCHE
Come si può far finta di niente quando i diritti politici di un popolo vengono aggrediti e calpestati, e quando questo popolo continua a subire negli anni l’ingiustizia e la violenza dallo Stato Cileno che non riconosce al popolo Mapuche la sua sovranità territoriale, annullando la sua identità politica, sociale e culturale; castigandolo con la repressione violenta e crudele da parte di forze di polizia di un modello istituzionale fascista e dittatoriale ed applicando la vergognosa legge antiterrorista ad un popolo che manifesta e reclama legittimamente per i diritti in difesa del territorio che storicamente e ancestralmente vi appartiene da sempre. La Rete in Difesa del Popolo Mapuche nasce proprio per questo scopo, per solidarizzare e sostenere la lotta in difesa del territorio Mapuche, un popolo coraggioso ed agguerrito che non si lascia intimidire dalle politiche meschine e neoliberaliste imposte dallo Stato Cileno, le quali favoriscono solo i latifondisti e le multinazionali che continuano a invadere e a distruggere il territorio Mapuche, con la realizzazione di mega progetti forestali, minerari e di energia. La lotta per il recupero delle terre usurpate ai Mapuches diventa la principale e la più importante causa per la libertà e la democrazia di questo popolo, perciò, il recupero territoriale attraverso l’occupazione è una rivendicazione legittima e le proteste che, immancabilmente, vengono represse con violenza ed aggressività dallo stato militare cileno, esprimono rabbia e disapprovazione di un popolo oppresso e dimenticato nel sud del mondo.
I nostri obbiettivi come Rete in Difesa del Popolo Mapuche sono:
– Diffondere gli avvenimenti politici che riguardano la lotta Mapuche.
– Denunciare la discriminazione e l’ingiustizia a loro imposta.
– Sostenere e rivendicare la resistenza di un popolo che continua a lottare con forza e convinzione.
– Contribuire ai diversi progetti di carattere politico che servono a rinforzare e a difendere con determinazione e giustizia il territorio Mapuche.
Per una lotta legittima e giusta, Mapuche Resiste! MARRICHIWEU!
II popolo Mapuche detiene un vero record di Resistenza, già oltre 500 anni fa si trovò a difendere il suo territorio dagli Incas, poi dagli spagnoli e la lotta contro lo stato cileno va avanti ancora oggi. Questo popolo originario che si trova nel cono sud della America, in Cile ed Argentina, continua a lottare per i suoi diritti territoriali e di autonomia come popolo.
Mapuche vuol dire in lingua Madupungun “gente della terra”, e è questa il motivo principale di questa lotta, la terra come diritto politico-territoriale e per il legame con essa e con la natura in modo sacro, vitale per la loro spiritualità, fondamentale per la propria esistenza ed evoluzione come popolo ed è per tale ragione che i Mapuche sono cosi attaccati ai loro incontaminati territori.
Il popolo Mapuche rivendica il diritto della loro terra , perché sancito anche de vecchie ,sbiadite e ingiallite scartoffie redatte e firmate in passato in diverse occasione tra la corona spagnola e il popolo Mapuche. Le tre rivendicazione principali del popolo Mapuche sono: il recupero delle terre ancestrali, che gli spettano di diritto, l’autonomia come popolo e il riconoscimento dell’identità culturale, linguistica e spirituale.
La lotta di questo popolo si basa sulla rivendicazione del diritto di rientrare in possesso della loro terre, che da quando sono state colonizzate vengono depredate, saccheggiate e devastate col solo interesse di ricavarne profitto. La politica degli espropri avviene in modo violento con l’uso di forze armate, di concessioni ai grandi latifondisti fino all’ imposizione delle multinazionali che investono in progetti forestali, costruzioni di centrali idroelettriche oltre alle tante altre devastazioni.
In questo modo le diverse comunità Mapuche e i loro giovani cominciano la lotta per la restituzione delle terre occupate attraverso proteste, recuperi e controlli territoriali che sono inevitabilmente represse con violenza dallo stato fascista cileno. La lotta per il recupero delle terre usurpate diventa per il Mapuche la più importante causa per la libertà come popolo, ma questa conquista viene indiscriminatamente fermata con l’ applicazione dell’ infame legge antiterrorista che criminalizza, solo il Mapuche che lotta per questa legittima causa ; legge ancora in vigore dal governo del dittatore Pinochet, una altra vergognosa repressione discriminatoria che i suddetti governi democratici successivi continuano ad applicare anche se l’abolizione è stata richiesta fortemente in tutti questi anni.
Ci sono una trentina di compagni Mapuche nei diversi carceri del Cile che lottano contro i processi , che presentano un evidente montaggio giudiziario e una persecuzione politica, senza parlare delle torture fisiche e psicologiche a cui vengono sottoposti i prigionieri. Tanti altri hanno perso la vita, gran parte di loro erano giovani che difendevano la loro terra e la loro gente, colpiti dai carabinieri con una violenza ingiustificata specialmente in circostanze poco trasparenti per giustificare tale morti, ma la impunità da parte delle uniformi insanguinate nelle coscienze, perché hanno ucciso i compagni Mapuche solo per essersi opporsi a vivere in un modo capitalista.
TERRITORIO, AUTONOMIA, LIBERTA:
AMULEPE TAIN WEICHAN(la nostra lotta continua)
Incontro con Marcelo Garay, compagno e giornalista di Santiago del Cile
Le rioccupazioni delle terre del popolo indigeno Mapuche, che si batte contro la devastazione del proprio territorio da parte del governo cileno e delle multinazionali, si collegano alle mobilitazioni contro le grandi opere nel sud del paese, tra cui le cinque dighe del mega-progetto Hidroaysen (finanziato da Enel-Endesa), e alla lotta degli studenti contro la politico di privatizzazione della formazione. ll livello di militarizzazione imposto ai territori e la repressione adottata nei confronti dei grandi movimenti sociali del paese fanno del Cile un modello avanzato di applicazione dei principi del neoliberismo, con forti analogie con quanto succede nelle economie in crisi del vecchio continente. Riportiamo di seguito una sintesi tratta da un incontro con Marcelo Garay avvenuto durante una serie di iniziative organizzate nel mese di marzo in diverse città italiane per sostenere la cousa Mapuche.
Puoi darci un quadro delle caratteristiche del popolo Mapuche e della sua storia di resistenza contro le varie invasioni che in 500 anni si sono succedute sul suo territorio?
Innanzitutto vi ringrazio per questa opportunità di parlare di ciò che succede in Cile, in particolare per quanto riguarda il popolo Mapuche. La situazione di questa popolazione, con la militarizzazione del suo territorio, non è qualcosa di nuovo ed unico, ma ciò che accade oggi è la prosecuzione di ciò che facevano prima l’esercito spagnolo e, successivamente, la polizia negli anni della dittatura. Vi sono inoltre forti analogie con quello che succede ad altri popoli indigeni, sia in America Latina sia in altre parti del mondo, come l’Africa o i Paesi Baschi. Anche la letteratura ufficiale, la storia dei “vincitori”, racconta che il popolo Mapuche resiste da 500 anni. Attualmente, i Mapuche “puri”, sono circa 1 milione; furono 30 milioni prima dell’arrivo degli spagnoli, su un territorio enorme, l’Araucanìa, situata tra Cile e Argentina. Questo popolo ha ovviamente una visione del mondo molto diversa da quella occidentale. Per 300 anni ha combattuto contro l’esercito spagnolo, arrivando ad una situazione di “riconoscimento” con la colonia spagnola (queIlo che è il Cile oggi). Lo stato cileno, nei 200 anni successivi, ha causato invece a questa popolazione i maggiori danni. Dalla sua nascita infatti, la (non) relazione dello stato cileno col popolo Mapuche si è concretizzata soprattutto nel tentativo di usurpare le sue terre. Alla crisi economica della borghesia locale, attorno alla metà dell’800, si è tentato infatti di rispondere mettendo mano alle terre a sud del fiume Bio Bio, di proprietà dei Mapuche a seguito dei trattati del 1825. Dal 1850 ha inizio ciò che ufficialmente si conosce come “pacificazione dell’ Araucanìa”: un eufemismo, dato che questa pacificazione significò un esercito di occupazione e la conseguente resistenza delle popolazioni indigene. Questa pacificazione, che in Argentina venne denominata”campagna del deserto”, non solo implicò l’uso delle armi, ma anche una serie di strumenti giuridici per l’usurpazione delle terre. Una nuova fase nella ribellione, o nella resistenza del popolo Mapuche allo stato cileno, ha inizio dal 1990, e prosegue
fino ad oggi. Nei decenni precedenti, a parte una breve parentesi durante il governo Allende, lo stato cileno si dotò di vari strumenti per razziare la terra, anche in maniera fraudolenta. Per esempio, facendo credere ad una famiglia di indigeni di essere proprietari di un terreno, ed estorcendo con I’imbroglio la firma sulla vendita di quel terreno. Un altro strumento fu l’espropriazione diretta, con la terra che diveniva quindi proprietà dello stato, il quale a sua volta la affidava a coloni stranieri, italiani,tedeschi o europei in generale. Veniva quindi data loro la terra insieme agli strumenti per lavorarla e a un titolo legale di proprietà su di essa. I coloni iniziarono ad erigere recinti o a chiedere più terra; molte volte, con l’imbroglio,
si facevano firmare ai capi Mapuche atti di vendita, anche con metodi beceri quali stordire gli indigeni con pranzi a base di bevande alcoliche. Comunque, per quasi tutto il ‘900, ci sono stati alcuni momenti di resistenza, e quello che accade oggi, con la polizia cilena che reprime le popolazioni, è la continuazione di quello che succedeva con I’esercito cileno, e prima ancora con l’esercito spagnolo. Durante il ‘900 i Mapuche diventarono “gli indios del campo”, o i “poveri del campo”; unica parentesi il periodo del governo Allende, in cui si iniziò un processo di restituzione delle terre ma soprattutto di riconoscimento politico delle popolazioni indigene. Con il golpe militare, primo esperimento compiutamente neo liberale in America Latina (e forse nel mondo), inizia la penetrazione dell’industria del legno nei Territori Ancestrali Mapuche, con la presenza di multinazionali, e lo sfruttamento delle risorse idroelettriche, nella parte alta del fiume Bio Bio, dagli inizi degli anni‘90. Con la dittatura si ha ovviamente un peggioramento della condizione delle popolazioni indigene, che vengono represse, con incarcerazioni, morti e desaparecidos. Dagli anni ‘90 invece, inizia un periodo di risorgimento, di resistenza del popolo Mapuche, che dà inizio ad un processo di recupero delle terre usurpate, prima in maniera pacifica, occupando le terre dei latifondisti, e poi sempre più radicale, con la conseguente risposta repressiva da parte dello stato, soprattutto in termini di militarizzazione del territorio. Quello che accade al popolo Mapuche altro non è che l’effetto del neoliberismo, che viene parimenti subìto anche da lavoratori e studenti, e da tutto il popolo in generale. La rivendicazione del popolo Mapuche sulle terre non deriva comunque da un diritto di proprietà come noi lo intendiamo, ma più da una percezione ancestrale di relazione con la terra. In questo processo di recupero della terra, si radicalizza lo scontro, e lo stato utilizza sempre più polizia, divenendo di fatto il “guardiano” delle multinazionali del legno e di quelle dell’energia idroelettrica. Quindi, la situazione oggi del popolo Mapuche si caratterizza per una repressione brutale, esacerbata, con una presenza permanente della polizia. L’obiettivo dello stato è distruggerlo, e per prima cosa gli si sottrae la terra; secondariamente, lo stato cileno vuole convertire il Mapuche nell’indigeno da “folclore”, anche come attrazione per il turismo. Ma il Mapuche non si può piegare a questa logica, la differenza di mentalità del “popolo della terra” lo rende assolutamente incompatibile con qualsiasi modello di società che abbia come fine l’accumulazione del profitto, comprese ovviamente le multinazionali interessate allo sfruttamento della terra; il Mapuche prende dalla terra quanto gli basta, può vivere con 40 patate al mese.
Come risponde Io stato cileno alle rivendicazioni dei Mapuche?
La repressione assume varie forme: innanzitutto militare, con la polizia che occupa i territori; culturale, visto che mai si è insegnato in una scuola la lingua Mapuche e che si deve educare con i programmi dello stato cileno; economica, perché la devastazione delle terre significa povertà e la privazione delle acque implica l’impossibilità a coltivare; mediatica, quando si fa tutto ciò che è possibile per nascondere le lotte di queste popolazioni, fino ad incarcerare e subito dopo espellere perfino documentaristi esteri per aver filmato (io stesso sono stato processato per aver fatto fotografie nelle zone del conflitto…). Lo stato cileno, in 200 anni, ha elaborato contro i Mapuche non solo strategie repressive dirette, ma anche una percezione razzista dell’ indigeno, che permea comunque parti della società cilena. Prima in maniera paternalistica, poi in modo compiutamente razzista, l’indigeno viene visto come inferiore, pigro, sporco, stupido, incapace di lavorare la terra. Oggi gli si aggiunge anche l’essere “terrorista”. Coesistono quindi 2 visioni, una che vede il Mapuche come una caricatura folcloristica dell’indigeno, l’altra che lo indica come il selvaggio terrorista che blocca una strada, incendia un camion, contrasta il latifondista, l’impresa forestale, ecc. Un altro aspetto da considerare è la difficoltà che permane nel Mapuche a relazionarsi con il resto della popolazione cilena, anche con coloro che potrebbero solidarizzare con le popolazioni indigene. Per il Mapuche, l’uomo bianco è il winca, (invasore nella loro lingua); 200 anni di repressione determinano infatti una gigantesca barriera nelle relazioni di questo popolo con chiunque non sia membro delle loro comunità. Oggi però con chi solidarizza con loro si sta creando un nuovo tipo di rapporto, basato sul fatto che ai loro occhi si può essere “buoni winca”, ma comunque sempre di invasori si tratta. Criminalizzazione, repressione e carcere si esplicano ad esempio nell’applicazione della legge sul terrorismo di Pinochet. Nemmeno con i governi di sinistra (che noi chiamiamo sinistra amarilla, gialla) si è avuta un’inversione di tendenza nell’applicazione di tale legge; ora poi, con Pinera, è ancora peggio. Per esempio, quando si accusarono alcuni capi di comunità Mapuche di incendio doloso contro una impresa forestale, non li si accusò solo di incendio, bensì di “incendio terrorista”, ovvero con la presunzione che l’atto era funzionale a causare terrore tra la popolazione. Si colpisce poi anche la rete di appoggio, ovvero anche il “buon winca” che solidarizza con loro, che va al corteo o alla manifestazione. Si applica quindi il “diritto penale del nemico”, come succede nei paesi Baschi, o contro gli animalisti negli Stati Uniti. Tutto quello che è anticapitalista, antisistema, non ha possibilità di riscattarsi o di “rinnovare il contratto sociale”, l’unica soluzione è il carcere totale.
Le mobilitazioni delle popolazioni indigene partono quindi dalla necessità di recuperare la loro terra, e con questa un’identità che stato e multinazionali vorrebbero cancellare. Che tipo di respiro hanno queste lotte?
Nel processo di recupero delle terre iniziato negli anni ‘90, la lotta delle popolazioni non è solo legata ad una visione “ancestrale” della terra, ma con chiarezza la lettura politica indica come nemico il capitalismo, l’impresa forestale, la logica del profitto. L’ Araucania è poi una zona strategicamente centrale per lo sviluppo del capitalismo dell’area. Sono presenti grandissime riserve d’acqua, che nei progetti dello stato cileno diventeranno funzionali alla costruzione di un mega progetto di cinque centrali idroelettriche, denominato Hidroaysen. La devastazione dei territori passa quindi attraverso vari piani: dalla impresa forestale, le cui coltivazioni di eucalipto prosciugano le falde acquifere di intere zone, all’aeroporto costruito su un antico cimitero Mapuche, al mega-progetto finanziato da Enel-Endesa. Attualmente vi sono circa 25 prigionieri politici nelle carceri cilene, oltre alle persone colpite da varie misure cautelari, dagli obblighi di firma agli arresti domiciliari; qualcuno è invece latitante. Nel complesso, vi sono ora in corso circa 300 processi per le mobilitazioni degli ultimi anni. A proposito dell’attacco alle reti di appoggio, in relazione all’incendio della villa di un latifondista, nel quale sono morti sia il latifondista che la moglie, è stato accusato oltre a un compagno Mapuche ora in sciopero della fame, anche uno studente di agraria indicato come il massimo mandante ideologico dell’azione. Lo studente viveva in una delle comunità Mapuche più resistenti. Ho avuto la possibilità di intervistare una donna Mapuche dopo 112 giorni di sciopero della fame, che mi disse una frase esplicativa: “no tenemos otra opcion che la confrontacion”; il dialogo non è possibile, come quando gli spagnoli arrivavano sulla costa, piantavano la croce e in nome della chiesa e della corona si appropriavano delle terre, mentre I’indio non comprendeva nulla di ciò che questo avrebbe implicato per il suo popolo. Anche prima della fase della pacificazione dell’Araucanìa, c’è stata la fase dei cosiddetti “parlamenti”: rappresentanti del popolo Mapuche venivano accolti dal governo, e in maniera fraudolenta si faceva firmare loro la cessione della proprietà delle terre. Intanto la campagna mediatica contro i Mapuche si affianca a quella repressiva, mentre le nefandezze della polizia cilena passano nel silenzio più totale: nel 2008, i poliziotti che uccisero un ragazzo Mapuche, vennero ritenuti sin dall’inizio “presuntamente responsabili”, e poi condannati a pene molto lievi. Per la vicenda dell’ incendio della casa del latifondista, vennero invece subito indicati responsabili i Mapuche, con annessa campagna mediatica di criminalizzazione. L’anno scorso ci fu invece un altro incendio doloso; qualche giorno fa, sono stati individuati come responsabili 4 appartenenti al corpo dei vigili del fuoco del Cile, e né la stampa né il governo, si sono preoccupati di smentire le accuse fatte in precedenza contro i Mapuche. Ad essere colpiti sono anche giornalisti o attivisti, che dall’estero vengono in Cile e tentano di filmare quanto accade in Araucanìa: le confische di apparecchiature video e relative espulsioni sono all’ordine del giorno. Questo perché a livello mediatico due sono gli aspetti che devono uscire: il folclore e il terrorismo, su tutto il resto cala la censura più totale. Quando nell’agosto del 2010 ci fu l’incidente nella miniera di San José (nord del Cile, miniera di oro e rame di proprietà della compagnia San Esteban) i 33 minatori intrappolati per 2 mesi provarono, dal rifugio in cui si trovavano a 700 m di profondità, a mostrare messaggi di solidarietà per i prigionieri Mapuche allora in sciopero della fame. Nessuno di questi messaggi fu mostrato sui giornali o sulle televisioni. Ci fu invece una grande strumentalizzazione della vicenda da parte del capo del governo Pinera, sempre presente nelle fasi del salvataggio dei 33 minatori.
Quali sono gli strumenti di lotta delle popolazioni? Che rapporto hanno con le altre lotte nel paese?
Personalmente credo che in questo momento si stia entrando in una fase nuova della lotta. Le rivendicazioni dei Mapuche non sono più isolate, ma si collegano ad esempio con quelle degli studenti. Sta crescendo una generazione che guarda al Mapuche non più dall’alto verso il basso, ma da uguale, e in alcuni casi come compagno di lotta. Questo accade soprattutto nelle scuole, dove la tendenza a indicare il Mapuche come lo sporco indio è diventata marginale. C’è quindi un cambio di rotta nei movimenti e nella sinistra in generale. Durante la dittatura, ci fu una specie di “strumentalizzazione” della causa del popolo Mapuche, che veniva trattata in maniera “paternalistica” da tutte le forze della sinistra tradizionale. Questo ha provocato la diffidenza dei Mapuche per tutti gli anni ‘90 nei confronti dei bianchi che si relazionassero con loro. Anche le organizzazioni che hanno combattuto contro Pinochet, dal MIR al Frente Patriottico Manuel Rodriguez non hanno mai sviluppato una relazione stabile e duratura con gli indigeni, anche se qualche militante di queste organizzazioni proveniva in effetti da quelle popolazioni. La questione del popolo Mapuche è sempre stata considerata secondaria dai compagni cileni. Oggi tuttavia c’è un’inversione di tendenza. L’indio non viene più visto come qualcosa che viene dal passato, ma come un compagno di lotta che combatte lo stesso nemico. Su questo punto c’è comunque da dire che la componente identitaria nelle loro lotte è molto forte, e perfino la percezione del Mapuche di essere qualcosa di differente rispetto agli altri soggetti che si mobilitano anche in loro solidarietà. Per loro, i percorsi rimangono comunque separati, e ciò che accade nella città è qualitativamente diverso dalla lotta per la terra nelle campagne. Decisioni e azioni sono collettive, la resistenza alle truppe di occupazione viene portata avanti attivamente, le decisioni vengono prese in forma assembleare (si utilizza il cosiddetto tragùn, conversazione tra soli Indos, nella loro lingua propria), le informazioni circolano anche tramite l’uso di Internet per diffondere e testimoniare quanto avviene. Se si utilizzano armi, questo è per la legittima difesa di se’ e del proprio popolo. Su questo punto, la stampa cilena dice che le armi in circolazione provengono dall’Ira o dall’Eta, ma queste sono ovviamente falsità per additare il Mapuche come terrorista. C’è una generazione di giovani Mapuche, molti dei quali sotto processo, che erano bambini negli anno ‘90, e che vedevano entrare la polizia nelle loro comunità, e crescevano a stretto contatto con la repressione. Sono quelli che ora portano avanti la lotta in maniera più conseguente. Esiste anche una organizzazione politica e militare di soli Mapuche, la CAM (Coordinadora Arauco-Malleco), ovviamente perseguita e indicata come terrorista; le sue parole d’ordine sono “autonomia, territorio e libertà!”. E’ evidente che esiste un lavoro politico anche clandestino, sia di cileni che di Mapuche: quando ci fu il terzo anniversario dell’assassinio di Matias Catrileo, giovane studente assassinato dai proiettili delle forze speciali nel contesto delle mobilitazioni di una comunità Mapuche per il recupero delle sue terre, ci furono 4 esplosioni, tutte rivendicate, a Santiago del Cile. Curiosamente, le tattiche della polizia cilena ricalcano quelle dell’esercito, e prima ancora quelle degli spagnoli nei 300 anni precedenti, per quanto concerne le infrastrutture logistiche funzionali all’occupazione: forti, strade, collegamenti. il forte spagnolo di 400 anni fa è diventato nell’ ‘800 la caserma dell’esercito, e ora della polizia. Questo perché tra il popolo Mapuche vi sono varie identità, e vi sono dei gruppi che storicamente hanno opposto più resistenza di altri, agli Inca, agli spagnoli, all’esercito del Cile e oggi alla polizia; in particolare, gli Indios delle valli sono più combattivi rispetto a quelli delle montagne, anche perché probabilmente più esposti alla penetrazione delle “invasioni” che si sono succedute. Sono quelli più perseguitati, più incarcerati, clandestini, sono quelli che affrontano con più forza le truppe. Lo stato cileno ha utilizzato anche i coloni per appropriarsi delle terre dei Mapuche, con un processo analogo con quanto succede in Palestina. In effetti, la regione occupata dai Mapuche prima dell’arrivo degli spagnoli era immensamente più ampia di quanto non lo sia oggi. L’insediamento dei coloni è stato anche funzionale all’imposizione di una “nuova” concezione del rapporto con la terra nella regione; mentre per l’Indios il confine del territorio che percepisce come “suo” è dato dalla distanza a cui si può spingere il suo campo visivo, nel processo di parcellizzazione e divisione del territorio si introduce il nuovo concetto di proprietà privata, che scardina la concezione ancestrale di un rapporto con la terra non funzionale allo sfruttamento di essa. Contestualmente, ad essere sradicate sono tutte quelle usanze che cozzano con il pieno sviluppo del capitalismo, come ad esempio lo scambio all’interno delle comunità basato sul baratto e non sulla circolazione della moneta. Certo è difficile imporre a questo popolo modi di pensare non suoi e una materialità di vita differente da quella sviluppata nelle comunità. Noi stessi, rapportandoci a loro, ci accorgiamo di quanto siano poco malleabili, assolutamente non inclini alla mediazione, tant’è che vengono chiamati talvolta caveza de palo, testa di legno, anche proprio in relazione ai rapporti con i compagni che incontrano.
L’organizzazione che il popolo Mapuche costruisce per le mobilitazioni è il retaggio di strutture preesistenti e tradizionali o qualcosa di nuovo nato ora?
Entrambe le cose. Sicuramente l’organizzazione in comunità autonome è qualcosa che viene dal passato, e che si adatta alle esigenze del momento. Chi affronta l’impresa forestale sviluppa pratiche differenti rispetto a coloro che dovranno scontrarsi con la costruzione di una centrale idroelettrica; quindi ci sono in effetti tante piccole lotte locali, portate avanti dalle comunità. Quello che fa la CAM è conservare questa tradizione autonoma delle comunità e sviluppare parallelamente un discorso anticapitalistico. Ovviamente non tutti i Mapuche stanno sul piede di guerra: strumentalizzazioni, clientelismo politico, urbanizzazione, hanno fatto si che alcuni passassero pure dalla parte del nemico. Questo è accaduto sin dall’arrivo degli spagnoli, e prosegue ancora oggi. Per esempio, terminata la dittatura, lo stato cileno nel 1992 creò un organismo politico che si chiama Corporation National de Desarrollo lndigena che lavora, si suppone, per la difesa dei diritti delle popolazioni Mapuche, Quechua, Aymara, dell’isola di Rapa Nui (Isola di Pasqua) ecc… e funziona con meccanismi di clientelismo politico: denaro e alimenti in cambio di voti. Ci sono Mapuche candidati al parlamento, e parti delle popolazioni favorevoli alla via elettorale. Dopo l’incendio della casa del latifondista di cui parlavo prima c’è stato un incontro, tra parlamentari dello stato cileno e rappresentanti del popolo Mapuche, fatto passare come “l’incontro” coi Mapuche, con l’obiettivo di marginalizzare mediaticamente le loro parti più combattive. Come popolo hanno una grande tradizione orale, che solo negli ultimi 20 anni, in seguito a pubblicazioni scritte, si è potuta conoscere a fondo. Si tratta soprattutto dei racconti dei vecchi del villaggio ai giovani Mapuche, storie che parlano principalmente di resistenza negli anni e nei secoli precedenti. C’è quindi una gerarchia, un’autorità che viene direttamente dal passato, e che si alimenta nella lotta di resistenza ancora oggi. Stesso discorso per la ritualità, da quella per la pioggia o per un buon raccolto, ai riti preparatori alla guerra.
Puoi parlarci della questione delle grandi opere in relazione alla lotta delle popolazioni indigene?
C’è stata nel 1992 una grande esperienza, in relazione alla costruzione di una grande diga idroelettrica nell’alto Bio Bio, che generò una grande mobilitazione di parte del popolo Mapuche così come del popolo cileno in solidarietà con loro. Questa mobilitazione si risolse nei tribunali, con lo stato che pagò alti indennizzi in particolare alle 2 donne che più di altri resistettero. La diga cancellò completamente campi coltivati, cimiteri sacri e significò il trasferimento forzato delle popolazioni che abitavano quei territori. Per ciò che riguarda Hidroaysen, questa sarà la lotta dei decenni a venire. Un obbiettivo del progetto è sfruttare la riserva di acqua della Region de Aysén, con la costruzione di 5 centrali per una superficie complessiva di quasi 6000 ettari. Le centrali dovrebbero avere una capacità complessiva di 2.750 MW. I lavori non sono ancora iniziati, e dunque nemmeno le mobilitazioni. Tuttavia, il progetto interesserà grandi porzioni di territorio, anche abitato, campi coltivati, boschi, luoghi sacri, villaggi, perciò lo scontro sarà inevitabile, così come oggi lo è contro le imprese forestali. E’ normale vedere camion di legname scortati da mezzi della polizia, e un domani vedremo la stessa polizia per Hidroaysen. Penso che quello che succede in Araucanìa sia simile sotto alcuni aspetti a ciò che succede qui da voi in Val Susa con la devastazione e l’usurpazione del territorio, la militarizzazione, e gli strumenti mediatici/repressivi messi in campo dalla controparte. Ogni tanto qualche camion di legname delle imprese forestali viene fermato e prende fuoco, e il Mapuche viene indicato come il terrorista incendiario che devasta la foresta. Sempre dopo l’incendio della casa del latifondista, ci fu una manifestazione pilotata dal governo nella zona dove si chiedeva “pace in Araucanìa”, come se la “guerra” la muovessero Ie popolazioni indigene, e non gli interessi economici alla base della presenza di multinazionali e polizia. Tutto questo genera anche delle contraddizioni difficilmente risolvibili: alcuni Mapuche lavorano per le multinazionali, le stesse che devastano il loro territorio e lo rendono non più coltivabile. A questo punto, l’unica possibilità per sopravvivere è migrare in città, o continuare a lavorare per le imprese forestali, in cambio di un misero salario. Allo sfruttamento del territorio si affianca quindi quello della forza lavoro. E le lotte operaie non mancano. Ci sono “zone rosse”, storicamente sindacalizzate, con molti operai, che hanno subito una vera e propria invasione di chiese evangeliche protestanti e negozi di alcolici. Ad ogni angolo della strada c’è una iglesia e una bottiglieria. L’industria del carbone si sta estinguendo perché per le centrali termoelettriche conviene acquistare il carbone dalla Colombia, e portarlo in Cile per mare, piuttosto che utilizzare quello prodotto in loco. Questa è la logica del neoliberismo. Passare da una fase di resistenza ad una fase di attacco non è soltanto un problema del Mapuche, è una questione che riguarda tutti. E’ come per i cortei che facciamo in questo periodo. Sappiamo come cominciano, ma non come finiscono…
Presentazione: Radio “Wallon”, prima “Radiotrasmettitrice Mapuche” in Cile, quindi anche prima radio interculturale del paese, si trova nella città di Licanray, a 120 l*n a sud-est di kmuco, capitale della nono regione, sulla pre-cordigliera delle Ande, Comune di Villarrica. Nasce nel marzo 2003, dopo più di un decennio di lavoro; è frutto dello sforzo di uomini e donne Mapuche che si organizzarono attraverso la “Corporazione di Sviluppo e Comunicazioni Mopuche Xeg Xeg”, organizzazione che nasce nel 1990, al fine di contribuire con il suo lovoro olla ricostruzione e proiezione della società mapuche alle future generazioni, dentro il nuovo scenario politico che si aprì nel paese, e particolarmente verso il popolo Mapuche. Radio Wallon, trasmette dal lunedì al sabato dalle 07:00 alle 22:00. Ha un trasmettitore interregionale, la Novenq e la Regione de los Rios, arrivando a coprire un totale di 14 comuni tra tutte e due le regioni: Freire, Pitru/ken, Gorbea, Lonkoche, Lanlco, Cunlco, Wllarrica, Puc6n, Curarrehue, Panguipulli, La Union, San José la Miriquind, los Lagos, Valdivia. Il mezzo di informazione Mapuche si basa su un lavoro che si orienta a rinforzare uno sviluppo dell’identità Mapuche, o costruire una relazione armonica di rispetto e valorizzazione con la società esterna (non mapuche), principi basilari per costruire una società giusta, fraterna, solidale, democratica, plurinazionale e multi culturale. Radio Wallon, nasce per inserirsi e rimanere nel paesaggio naturale del territorio Mapuche, per essere parte dei fiumi, dei laghi, dei vulcani e delle montagne, affinchè si possa da qui partire per fare un lavoro di informazione, educazione, formazione e intrattenimento, contribuendo all’unità politica del popolo Mapuche. Il nome Wallon simbolizza lo spirito con il quale per più di un decennio si è lavorato con l’idea di esprimersi con una “radiotrasmettitrice Mapuche” che, sotto uno spazio comune rappresenta.to da “k llf, wenu” – cielo azzurro -, permette a tutti di realizzare un compito senza che nessuno sia al di sopra (senza gerarchia); tutti/e e tutto sono importanti ffinchè si possa costruire una società che assicuri la vita alle future generazioni. Dopo otto anni da quando sono iniziate le trasmissioni di Radio Wallon, il lavoro senza dubbio è stato molto importante, ha permesso di conoscere e interiorizzare uno strumento sconosciuto dalla società Mapuche, anche “la rodioemisora” ha permesso di acquisire un’importante esperienza che servirà per migliorare il lavoro nel futuro. Per coloro che hanno portato avanti questo lavoro, l’esperienza non è stata semplice, tuttavia possiamo segnalare con soddisfazione che ci siamo avventurati in uno strumento che nei tempi attuali ha un’importanza fondamentale, non solo per la società Mapuche, ma anche per la società nel suo complesso, considerando che dalla radio inizia un nuovo processo di educazione nel quale la visione interculturale è l’asse dal quale si articola una nuova relazione tra la cultura Mapuche e il resto della società civile. Ci si concentra su temi e politiche che si riferiscono al popolo Mapuche e dall’altro lato si fanno i conti con uno strumento che è la radio, un supporto che contribuisce allo sviluppo delle comunità Mapuche.
Obiettivi:
1.- Sostenere il processo di ricostruzione della società Mapuche, per avanzare nella costrizione di un progetto politico come popolo, che riscatti, promuova e valorizzi i principi dell’essere Mopuche, tra i quali l’equilibrio e l’armonia con ciò che ci circonda.
2.- Uno strumento al servizio delle organizzazioni Mapuche e non, affinché entrambe possono promuovere i propri valori e principi, difendere i diritti per contribuire alla costruzione di uno società giusta, fraterna, solidale, democratica e multiculturale.
3.- Sostenere il progetto di democratizzazione del paese e la partecipazione politica del popolo Mapuche. 4.- Sostenere la formulazione di una proposta di vita – “kvme mogen” – nel territorio dove si trova la radio (Licanray), il che implica che la radio è parte di questo progetto.
PILMAIKEN NON SI VENDE, PILMAIKEN SI DIFENDE
Tra le regione de los Rios e de los Lagos, nella foresta valdiviana della Patagonia Cilena, si trova il fiume Pilmaiken, nel luogo sacro per i Mapuches, il territorio Ngen Mapu Kintuante, dove diverse comunità Mapuches difendono il loro territorio contro la costruzione di 3 centrali idroelettriche sopra lo stesso fiume, in una verdissima zona situata in un’ansa del fiume, con una cintura di alberi millenari venerati ed utilizzati dal popolo Mapuche. Purtroppo, su questo stesso corso d’acqua ci sono già altre 3 centrali idroelettriche funzionanti ed aspettano l’approvazione di oltre 30 megaprogetti in tutta la regione, senza contare la devastazione che stanno causando i diversi progetti minerari e forestali in mano ai latifondisti e alle multinazionali che contano sul beneplacito da parte dello stato cileno. Il territorio del Ngen Mapu Kintuante è minacciato dall’impresa Idroelettrica Pilmaiken S.A., finanziato dal capitale cileno, collegata attraverso lo studio ingegneristico de Ingendesa, azienda del gruppo Enel, che pretende la costruzione senza firma ed approvazione dall’autorità ancestrali Mapuche, usurpando e devastando ancora il territorio , che viene difeso, da tanto tempo, in questo caso dalle comunità in Resistenza del Pilmaiken e il M.A.P, Movimiento Autonomo Mapuche del Pilmaiken, che si mantengono in Resistenza, affrontando le frequenti e violente irruzioni da parte delle forze di polizia e recuperando le loro terre. Le conseguenze nefaste e devastanti di questa distruzione sono innumerevoli per il popolo Mapuche, la privatizzazione selvaggia dell’acqua che viene vista come merce piuttosto che come un bene comune, la difesa dell’ambiente,del territorio e dei luoghi naturali minacciati dall’avidità del così detto “progresso” ,la militarizzazione delle comunità Mapuches a scopo intimidatorio e la criminalizzazione giudiziaria contro gli esponenti di questa lotta con la applicazione della legge antiterrorista. La comunità in Resistenza del Pilmaikèn, è una delle tante comunità Mapuche a denunciare una serie di violenti episodi di repressione da parte della polizia e carabinieri del Cile, che sono soltanto capaci di rispondere con aggressioni fisiche e verbali, facendo irruzione nelle terre Mapuche con i blindati, armi e il lancio di lacrimogeni, e come se non bastasse entrano incappucciati a perquisire durante la notte le loro case, provocando paura e terrore su anziani e bambini. Inoltre, un’altra grave irregolarità è costituita della violazione del diritto internazionale dei diritti umani che riguarda i popoli originari indigeni, come lo è il popolo Mapuche, con la convenzione 169 della OIT (Organizzazione Internazionale del Lavoro), che fa riferimento a la “consulta libre, previa e informada” nell’ implementazione di progetti di sviluppo ed infrastrutture sui territori delle comunità indigene, cosa che le autorità cilene ed i suoi diversi governi che sono passati in questi anni non hanno mai rispettato, anzi i diritti politici di territorio come nazione mapuche e i diritti umani , continuano a non essere considerati dallo stato cileno per non avvalersi e non riconoscere che le rivendicazione della lotta Mapuche sono giuste e legittime. Attualmente, attraverso il ultimo comunicato del 18 febbaraio 2015 , le comunità in Resistenza del Pilmaikèn insieme ai territori Mapuches della regione de los Lagos hanno comunicato ciò che segue: “ci manteniamo in lotta per la rivendicazione e il recupero delle nostre terre nel Pilmaikèn. Rifiutiamo le accuse di terrorismo contro i nostri compagni e solidarizziamo per la loro libertà. Facciamo una chiamata alla società civile e a tutte le realtà che sostengono la nostra causa a diffondere e a rivendicare la nostra lotta”.
PILMAIKEN RESISTE!!!
LIBERTA PER I DIFENSORI DEL KINTUANTE
COMUNICATO PUBBLICO DAL NGEN MAPU KINTUANTE FIUME PILMAIKEN
Venerdì, 16 gennaio 2015
Come comunità in Resistenza nel Pilmaiken e come M.A.P(Movimento Mapuche Autonomo del Pilmaiken), comunichiamo al nostro popolo Mapuche e all’opinione pubblica ed internazionale quanto segue:
Denunciamo che il giorno giovedì 15 gennaio 2015, il personale dell’ impresa idroelettrica Pilmaiken S.A. e i loro seguaci, con la complicità dei carabinieri del Cile, hanno fatto irruzione nel territorio del Ngen Mapu Kintuante e, con l’uso ingiustificato delle forze, hanno distrutto la casa nella quale ci trovavamo per difendere e preservare il nostro territorio.
Riteniamo sempre più che la politica messa in atto dall’impresa idroelettrica non sia una politica del mitigare, bensì una vera e propria appropriazione violenta dei territori, con la sistematica distruzione del Ngen Mapu Kintuante e del Fiume Pilmaiken.
Per questo dichiariamo:
Come comunità del territorio in Resistenza del Pilmaiken e come M.A.P (Movimiento Mapuche Autonomo del Pilmaiken), durante la mattinata del giorno venerdì 16 gennaio 2015, abbiamo ripreso il controllo territoriale in maniera assoluta ed immediata e continueremo a portare avanti il nostro processo di difesa e di recupero del Ngen Mapu Kintuante. Non permetteremo che l’impresa idroelettrica né i loro seguaci, distruggano il Ngen Mapu Kintuante che, con determinazione, è stato difeso per tanti anni dal nostro popolo. Questa è un’azione legittima, sostenuta dalle nostre autorità ancestrali che mai hanno negoziato e mai negozieranno né con l’impresa idroelettrica né con lo stato.
Territorio ed Autonomia.
Libertà per Jaime Uribe, prigioniero politico Mapuche.
Basta Repressione contro i difensori del Ngen Mapu Kintuante.
Fuori i capitalisti, i latifondisti e le dighe dal fiume Pilmaiken.
Marrichiweu!
Comunità in Resistenza del Pilmaiken.
M.A.P (Movimento Mapuche Autonomo del Pilmaiken)
ENEL/ENDESA – MULTINAZIONALE EUROPEA IN AMERICA LATINA
Tratto da www.ecomapuche.com – 2011
ENEL S.p.A. è l’acronimo di Ente Nazionale per l’ Energia Elettrica, l’Enel dal 1992 è una Società per Azioni, in parte privatizzata. Essa è l’azienda principale in Italia e la seconda al mondo tra quelle fornitrici di energia elettrica, ed è stata per lungo tempo monopolista statale del settore. Tuttora il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano è l’azionista di riferimento. Enel è la più grande azienda elettrica d’Italia e la seconda utility quotata d’Europa per capacità installata. Quotata dal 1999 alla Borsa di Milano e a quella di New York (da cui è uscita nel 2008), Enel è la società italiana con il più alto numero di azionisti, circa 1,6 milioni tra retail e istituzionali nel 2007. Enel produce, distribuisce e vende elettricità e gas in tutta Europa, Nord America e America Latina. A seguito dell’acquisizione della compagnia elettrica spagnola Endesa, assieme al partner Acciona, Enel è ora presente in 22 paesi, con una potenza di circa 83.000 MW e serve più di 52 milioni di clienti nell’elettricità e nel gas. Enel è presente in Europa (Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Romania, Russia, Slovacchia e Spagna) in Nord America (Canada e Stati Uniti) e America Latina (Brasile, Cile, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Messico e Panama). Con Endesa, la presenza di Enel si estende anche in Argentina, Colombia, Marocco, Perù e Portogallo.
Spagna
Enel è presente in Spagna con Enel Union Fenosa Renovables, società attiva nell’energia eolica e idroelettrica e da cogenerazione. All’inizio di ottobre del 2007, Enel, assieme al partner spagnolo Acciona, ha concluso positivamente un’Offerta Pubblica congiunta sull’intero capitale di Endesa, la principale azienda elettrica spagnola. Attualmente Enel, attraverso Enel Energy Europe S.r.l., e Acciona risultano possedere il 92% del capitale di Endesa (Enel 67%, Acciona 25%). Nel mese di Febbraio del 2009 ha rilevato la quota di Endesa detenuta da Acciona per 11,1 mld di euro, portando la sua quota al 92%.
Nazionalizzazione
Il primo compito dell’Enel fu quello di assorbire ben 1.270 imprese esercenti attività elettriche e dare loro un’organizzazione amministrativa, tecnica ed operativa comune. Tra le operazioni tecniche più complesse fu la realizzazione di un centro per il cosiddetto “dispacciamento”, ovvero un super-centro per il coordinamento di tutte le forniture alle utenze italiane e per l’approvvigionamento dall’estero. Era il punto di partenza di una riorganizzazione della frammentazione del sistema. Negli anni il sistema fu riordinato e la riorganizzazione effettuata allora tuttora costituisce lo scheletro operativo della configurazione attuale. L’Enel fu poi subito coinvolta nel Disastro del Vajont, accaduto il 9 ottobre 1963 al bacino del Vajont, invaso artificiale sfruttato per produrre una grande quantità di energia idroelettrica, sulle cui acque cadde una frana di ben 260 milioni di metri cubi. La frana era prevista dai tecnici Enel-Sade già da anni, ma nessuno lanciò l’allarme nei paesi vicini. L’impatto della frana nel lago provocò delle ondate, entro e fuori la valle del Vajont, che lambirono i paesi di Erto e Casso e che scavalcarono la diga, distruggendo i paesi a valle di Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova e Faè. Questo disastro costò la vita a circa duemila persone. L’Enel venne imputata a processo come società responsabile del disastro, a cui venne riconosciuta anche la prevedibilità dell’evento. Fu costretta a risarcire i danni alle comunità coinvolte nella catastrofe; ma molteplici furono negli anni i cavilli legali utilizzati per risparmiare numerosi risarcimenti per i morti (la commorienza) e i metodi per zittire i superstiti che volevano giustizia (le transazioni prevedevano che il superstite ricevesse un’esigua somma di denaro volta a risarcire i danni, in cambio che questa non avesse preso parte civile al processo).
La scelta antinucleare
L’Italia restò comunque, fra i principali paesi europei, quello più pesantemente sbilanciato verso la produzione termoelettrica e dunque più pesantemente patì ciascuno dei numerosi momenti di difficoltà o di aggravio dell’approvvigionamento di petrolio. Mentre per questa ragione si stavano per avviare nuovi programmi relativi al nucleare, si verificò la sciagura della centrale nucleare ucraina di Chernobyl (26 aprile 1986), che certamente ebbe influenza sulla proposizione e soprattutto sul risultato dei referendum dell’8 novembre 1987, che fornirono l’indicazione popolare di rigetto dell’energia nucleare. ENEL ha collaborato con la società elettrica francese EdF alla costruzione e gestione di alcuni impianti nucleari. In generale durante la giornata esse coprono i fabbisogno energetico francese, mentre la notte l’energia elettrica viene portata in Italia, in quanto durante le ore vuote costa meno l’energia nucleare.
Analisi del Bilancio Enel 2007
I ricavi ammontano a 43.673 milioni di euro, l Ebitda è di 10.023 milioni, l’ Ebit di 6.990 milioni, l’ utile netto del Gruppo è pari a 3.977 milioni, l’ indebitamento finanziario netto sale a 55.791 milioni per effetto dell’ acquisizione di Endesa S.A., il patrimonio netto complessivo è di 23.789 milioni, il Rapporto Debt-Equity è di 2,35. Il dividendo proposto è di 0.64 euro per azione. La capitalizzazione in Borsa è di 50.585 milioni. Il valore di un’azione è di 8.18 euro. Gli investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali salgono a 4.929 milioni. A fine 2008/inizio 2009, Enel sta iniziando a dismettere una serie di attività per ridurre l’indebitamento finanziario, aumentato negli ultimi mesi, per effetto dell’acquisizione del 92% del capitale di Endesa, tra cui Enel Linee Alta Tensione S.r.l. (rete di trasmissione elettrica ad alta tensione), ceduta da Enel Distribuzione S.p.A., nel dicembre 2008 a Terna S.p.A., e Enel Rete Gas S.p.A. (31.000 km di rete di distribuzione del gas naturale, controllata da Enel Distribuzione al 99.98% che manterrà comunque una quota di minoranza), per cui è stato pubblicato il bando di manifestazione di interesse e si ritiene che la cessione del 70-80% del suo capitale sociale avvenga entro marzo 2009: due potenziali acquirenti sono F2I Fondi Italiani per le Infrastrutture SGR S.p.A. in alleanza con i fondi Axa Infrastructures, Antin Infrastructures (Bnp Paribas) e Babcock & Brown e Fondo Valiance Capital.
Enel: con Endesa diventa grande in Sudamerica
E’ il primo operatore privato del Continente. Posizione di leadership in Cile, Colombia, Perù e consistente presenza in Argentina. Cresce anche in Brasile. In Centro America il gruppo italiano punta su geotermia ed energie alternative. Complessa l’architettura societaria: si tratta in prevalenze di partecipazioni che fanno capo a Endesa Chile società operativa controllata al 60% da Enersis in cui Endesa detiene a sua volta il 60%. Entrambe le società sono quotate in Borsa a Santiago. Endesa Chile è quotata anche a New York e sul mercato dei titoli latinoamericani (Latibex) di Madrid. Altre partecipazioni fanno direttamente capo a Endesa attraverso la holding Endesa Internacional controllata 100%. In diversi casi (Argentina, Colombia, Perù) le partecipazioni sono assunte in consorzio con altri partner. Di seguito è indicata più in dettaglio la situazione nei diversi Paesi.
Cile: Enel controlla oggi il 38% del mercato cileno della produzione elettrica. Acquisisce infatti l’intero parco centrali di Endesa Chile e di altri produttori (San Isidro, Pangue, Celta y Pehuenche) che fanno capo direttamente o indirettamente alla stessa società gruppo. Si tratta complessivamente di 22 impianti di cui 14 idroelettrici per un totale installato pari a quasi 5.000 MW. Si aggiungono 1,4 milioni di clienti di Chilectra, controllata da Enersis, che opera nella distribuzione e il gasdotto di Electrogas, che alimenta la centrale di San Isidro e una serie di industrie localizzate sul territorio circostante. Enel era già presente a sua volta sul mercato, sia pure su scala ridotta, con due impianti idroelettrici con una capacità totale di 90 MW. Ma soprattutto sta puntando sullo sviluppo dell’energia geotermica. Attualmente sono in corso esplorazioni in tre diverse regioni del Paese in associazione con Enap, l’ente petrolifero di stato, con il quale ha costituito una joint venture (Empresa Nacional de Geotermia S.A) di cui detiene il 51%. Punta a mettere in produzione nell’arco dei prossimi anni circa 300 MW.
Perù: Enel acquisisce il controllo di Edegel (Empresa de Generación Eléctrica de Lima) che copre una quota pari al 24% del mercato della generazione in Perù. La partecipazione fa capo Endesa Chile, che guida con il 60% delle quote un consorzio (Generandes) che a sua volta controlla il 55% di Edegel . Al consorzio partecipano anche Southern Cone Power, un fondo che fa capo al Governo britannico e Scotia Bank. Il parco installato di Edegel, con una capacità installata pari a 1.426 MW include sette impianti idroelettrici (96% della potenza installata) e sette impianti alimentati a gas naturale. Sempre nel campo delle produzione acquisisce anche la centrale a gas da 146 MW della Impresa Electrica de Piura (Eepsa) che fa capo a Endesa International. Nel settore della distribuzione acquisisce circa 1 milione di clienti di Edelnor (controllata da Endesa al 60%) nella regione di Lima. Edelnor è il primo distributore di energia in Perù.
Colombia: Attraverso Endesa Enel arriva a controllare indirettamente il 24% del mercato della produzione elettrica. Le partecipazioni acquisite fanno capo a due diversi operatori: Central Hidroeléctrica de Betania interamente controllata da Endesa Chile dispone di una capacità pari a 541 MW. Gestisce un impianto idroelettrico localizzata alla confluenza tra il Rio Magdalena, a 340 chilometri de Bogotá che copre il 4% del fabbisogno elettrico del Paese. Ma Endesa insieme a Endesa Chile guida anche il consorzio Cesa che detiene il 48,5% del pacchetto azionario di Emgesa, primo produttore elettrico colombiano con un parco composto da 10 centrali per complessivi 2.238 MW, di cui 1.500 idroelettrici, corrispondente al 17% della potenza installata nel Paese. Il restante 51% di Emgesa è controllato da Empresa de Energía de Bogotá, in cui il consorzio Cesa detiene una partecipazione del 5,5%. Nel settore della distribuzione Endesa controlla Condensa con oltre 2milioni di clienti nella regione di Bogotà.
Argentina: La potenza installata acquisita da Enel ammonta complessivamente a circa 4.500 MW pari a circa un quinto del totale del Paese. Il portafoglio di partecipazioni in questo settore include Central Costanera (controllata al 60% da Endesa Chile) che gestisce otto impianti termoelettrici a ciclo combinato alimentati prevalentemente a olio combustibile per un totale di circa 2.300 MW. L’intero parco di generazione è installato nella regione della capitale dove si concentra il 45% del consumo di energia elettrica del Paese. Si aggiunge Hidroeléctrica El Chocón controllata al 65% da Endesa Chile. E’ la seconda centrale idroelettrica argentina con una capacità installata pari a 1.320 MW. Completa la lista la centrale termoelettrica a ciclo combinato da 870 MW prevalentemente a gas della Dock Sud controllata direttamente da Endesa. Nel settore della distribuzione Endesa controlla anche Edelsur gestice 2,2 milioni di clienti nella regione a sud di Buenos Aires.
Brasile: Più ridotta la presenza acquisita sul mercato brasiliano dove Endesa Brasil e le controllate Cachoeira Dourada (658 MW idroelettrici) e Endesa Fortaleza (ciclo combinato a gas da 322 MW), nello Stato del Cerara, dispongono di potenza pari all’1% del totale Paese. Da rilevare però che, grazie a una linea di interconnessione con la rete argentina realizzata da Cien (controllata da Endesa al 90%), il gruppo è in grado di fornire alla rete brasiliana fino a 2.100 MW di potenza aggiuntiva. Nel settore della distribuzione Endesa controlla Cerj (Companhia de Eletricidade do Río de Janeiro) e Coelce, che opera nello Stato del Ceara. Complessivamente hanno circa 5,0 milioni di clienti. Enel è presente a sua volta sul mercato con un parco di 22 minicentrali idroelettriche acquisite recentemente.
Diverso il quadro per quanto riguarda il mercato del Centro America.
L’apporto più significativo in quest’area, a seguito dell’acquisizione di Endesa, è rappresentato dalla partecipazione di quest’ultima al progetto Siepac, che prevede la costruzione di una linea di trasporto a 350 MW lunga 1.800 chilometri dal Guatemala a Panama attraverso Salvador, Costarica e Nicaragua che consentirà l’interconnessione delle reti di questi Paesi e la creazione di un mercato regionale dell’energia.Iniziata quest’anno sarà ultimata nel 2009.
Più significativa invece la presenza diretta di Enel che opera nei seguenti Paesi:
Costa Rica
Enel opera due impianti idroelettrici da 34 MW e un impianto eolico da 24 MW.
El Salvador
Enel detiene il 36% delle quote della società LaGeo, che opera nel settore geotermico. L’azienda ha completato la costruzione di un impianto da 44 MW che si aggiungono ai 150 già operativi. La Geo detiene anche una partecipazione nelle attività Enel in Nicaragua.
Guatemala
Enel opera tre impianti idroelettrici per un totale di 76 MW. E’ allo studio la fattibilità di ulteriori impianti idroelettrici.
Nicaragua
In questo Paese Enel sta svolgendo attività di esplorazione geotermica attraverso la controllata (60%) Geo-Nica. Detiene 2 concessioni per esplorazione geotermica nell’area di Managua.
Panama
Enel ha recentemente acquisito una partecipazione pari al 49,9% nella società di generazione idroelettrica panamense Ege Fortuna S.A. consentendo di disporre del pieno controllo operativo. Fortuna dispone di un impianto idroelettrico che, con 300 MW di capacita, genera approssimativamente il 30% dell’elettricità del Paese.
Alcune multina zionali italiane /europee che operano in territorio mapuche
Tratto da www.ecomapuche.com – 2011
Gruppo Angelini
Anacleto Angelini Fabbri, impresario italiano che arrivò in Cile nel 1948 (morto in agosto 2007), comprò diverse imprese ittiche “in fallimento” dopo che Pinochet perse il potere. Controlla la COPEC (società di Petroleo del Cile), Impresa Forestal Bosques Arauco, Cellulosa Arauco e Concepción. Ha anche grandi investimenti nel campo minerario, energetico, telecomunicazioni, assicurazioni, oltre ad avere vincoli diretti con il potere politico, come con i fratelli Andrés y Fernando Zaldivar.
Gruppo Matte
Gruppo diretto da Eliodoro Matte Larrain , CMPC Società manufatti di carta e cartone, tramite questa i suoi investimenti sono nel settore minerari, nel settore energetico, finanze, telecomunicazioni, assicurazioni. Controlla la Forestale Aserraderos, Cellulosa Mininco, Cellulosa del Pacifico, Forestale Monteaguila, Colcura e Informa. Il gruppo Matte è associato anche a capitali finanzieri nordamericani Key Fibre Co, Signal Co e Simpson Paper.
Gruppo Amindus
Appartienne alla famiglia Schraileiny, di origine svizzera, opera attraverso la CAP, Società d’ Acciai del Pacifico, anche nella Forestale Millalemu, le segherie Aninos y Fibranova, tramite la Forestale Terranova, insieme al gruppo giapponese Marubeni sfruttano boschi nativi in Valdivia e nel sud del paese.
Gruppo Enel/Endesa
Consorzio italiano, acquisito alla spagnola Endesa, è il monopolio energetico più grande del continente , numero 2 nel settore in Europa. Nel 1987 in Cile si è aggiudicato il diritto dell’ uso dell’ acqua per la costruzione della Centrale Idroelettrica Ralco nel Bio Bio. Nel quadro delle privatizzazioni, Endesa Chile completo la sua privatizzazione nel 1989, per questo nel 1999 Endesa – Spagna portò a termine una Offerta d’ Acquisizione di Acciones che le permise accedere alla proprietà di un 32% addizionale del capitale d’ Enersis S.A. con la quale aumentò la partecipazione in questa società fino al 64% prendendone il suo controllo effetivo. Oggi Endesa-Chile è una società quotata nella Borsa di valori di New York, opera in 5 paesi latinoamericani, con una capacità di 12.250.9 MW comprendendo affari di generazione, trasmissione e trasporto d’ elettricità. In data 25 giugno 2009 Enel e Acciona, tenuto conto dell’intervenuta realizzazione delle varie condizioni previste dall’accordo del 20 febbraio 2009, ne hanno dato esecuzione mediante trasferimento a Enel Energy Europe (controllata diretta al 100% di Enel SpA) del 25,01% del capitale sociale di Endesa posseduto, direttamente e indirettamente, da Acciona.
Estratto dal sito Enel
Gruppo Benetton
Nel lato argentino troviamo gl’ italiani Benetton occupando più di 900.000 ettari di terra, provincia recintata e dove si mantiene un conflitto con la famiglia mapuche Curiñanco, per un pezzo di terra che costituisce lo 0,001285% delle proprietà degli italiani. Si occupano dell’ allevamento di pecore, infatti l’ esportazione di lana cruda verso l’Europa, al 2001 è stata di 1.3 milioni di chili all’ anno, business con il bestiame, carne, grano. Come sappiamo queste terre sono ricche di risorse strategiche, acqua, gas, petrolio, oro,.. infatti hanno chiuso l’acceso a 3 fiumi, avevano in questione 25 progetti minerari. Hanno 5.200 ettari forestati (2001) per un totale di piu’ di 5.500.000 pini.
Gruppo Impregilo
E’ una multinazionale italiana, principale nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria per dimensioni e fatturato, attualmente leader nel campo della realizzazione di impianti idroelettrici e di grandi dighe. A giugno del 2010, si è aggiudicata la gara per realizzare in Cile un importante progetto idroelettrico; promossa dal Colbun S.A., una società cilena che opera nel comparto della produzione di energia elettrica. La costruzione della diga dista 600 km da Santiago nella località di Angostura nella regione del Bio Bio. Con un valore complessivo di 200 milioni di euro. La società italiana Impregilo attualmente è impegnata nella realizzazione di grandi dighe e di impianti idroelettrici in Ecuador, il Sud Africa, il Venezuela e la Colombia. Il progetto idroelettrico del Cile consiste nella realizzazione di un che si trova distante circa 600 chilometri dalla capitale Santiago, nella regione del Bio-Bio, e per la precisione in località Angostura.
Altri gruppi economici :
– Ansaldo Energia (impianti idroelettrici e termoelettrici), in Cile ha costruito diverse centrali
– BTicino gestisce uno stabilimento di apparecchiature elettriche a bassa tensione
– Maire Engineering, si è aggiudicata nel 2007 un contratto con Colbun per la realizzazione di una centrale termoelettrica per un valore di circa 500 milioni di dollari e uno con Endesa Chile per la costruzione di una centrale a carbone per un valore di 558 milioni di dollari.
– Astaldi – Multinazionale edilizia delle grandi opere (insieme alla Impregilo concorrevano per il Ponte sullo Stretto), Astaldi sta costruendo una diga e una centrale idroelettrica da 110 megaWatt (450 milioni di dollari d’investimento), di cui sarà anche gestore.
WEICHAN PILMAIKEN (La lotta del Pilmaiken)
Questo bollettino che tieni nelle tue mani vuole far conoscere in modo sintetico la storia e la situazione attuale che si vive nella zona del fiume Pilmaiken, confine sud della regione de los Rios, comune del Rio Bueno, luogo dove si porta avanti una resistenza dei Lof in difesa del territorio e che cerca la ricostruzione del popolo Mapuche-Williche (Mapuche del sud).
Con l’obiettivo di avvicinare i nostri pensieri e arrivare con le notizie a tutti i nostri fratelli e compagne, abbiamo deciso di far uscire questa pubblicazione che vuole contrastare il blocco informativo e la propaganda maliziosa che effettuano i grandi media, soprattutto le radio di Rio Bueno e Osorno – che sono contrarie alle nostre legittime richieste politiche e territoriali. Questo è un semplice bollettino fatto, però, con molto sforzo e soprattutto con sincerità. Weichan Pilmaiken non è solo un sito internet: adesso questo bollettino comincia ad essere un mezzo di informazione Mapuche che si edita direttamente dai Lof in Resistencia e dalla gente che si trova nelle comunità coinvolte nel Weichan Pilmaiken (la lotta Mapuche del Pilmaiken), senza intermediari. Non ubbidiamo a nessun partito politico di qualsiasi schieramento, né a nessuna religione né a nessuna ideologia politica aliena al nostro popolo.
STORIA DELLA RESISTENZA PILMAIKEN
La resistenza nasce nove anni fa, alla fine del 2006, per affrontare l’intromissione dei capitali stranieri e cileni con la pretesa di distruggere il corso naturale del fiume Pilmaiken, attraverso la costruzione delle centrali idroelettriche che inonderebbero un luogo cerimoniale di importanza vitale per i nostri Lof e comunità, come il Ngen Mapu Kintuante (spirito protettore del Kintuante). La zona dove si trova Kintuante, già da molto tempo, è sotto proprietà privata, coloni che se ne sono appropriati attraverso la violenza e la ruberìa, protetti dalla giurisdizione dello stato cileno. Quando comincia la difesa del Pilmaiken, le terre del Ngen Mapu Kintuante erano in mano di Heriberto Ortiz –ex carabiniere e pastore evangelico- che distrusse alberi centenari situati sulla sponda del fiume, spinto dalla società Pilmaiquen S.A., proprietaria del progetto della centrale idroelettrica Osorno e Los Lagos (1), credendo di comprare facilmente questi terreni. Questi progetti non si sono realizzati a causa della ferrea protezione dei difensori organizzati del Pilmaiken. Attualmente, la società Pilmaiquen S.A. è stata comprata con i capitali di una società statale norvegese chiamata Statkraft che ancora non si è pronunciata sulla sua intenzione rispetto a questi progetti idroelettrici.
Nel settembre 2009, la CONAMA (Commissione Nazionale dell’Ambiente) approva il Progetto Centrale Idroelettrica Osorno, al contrario della grande opposizione delle comunità indigene del comune del Rio Buoeno, dei Lonko (autorità politica), dei Machi (autorità spirituale), Maestre di Cerimonia, Juntas Lepuneras (associazioni di persone partecipanti alle ceremonie), Juntas de vecinos (associazioni fra vicinato) e diverse autorità ancestrali del territorio della Futa Willi Mapu (le grandi terre del sud).
1. Questa impresa aveva nel suo direttivo dei personaggi collegati alla dittatura di Pinochet, come Hernan Büchi e Bruno Phillipi, che sono legati anche all’impresa Soquimich che oggi è sotto processo per corruzione in cui sono coinvolti politici di partiti di destra e di sinistra.
Per questo iniziano grandi mobilitazioni mai viste prima convocate per la resistenza di questi territori, specialmente le comunità del settore di Maihue e El Roble nella zona di Carimallin –cortei, dibattiti, blocchi stradali, trawun (assemblee) accompagnati da grandi cerimonie Mapuche come il Lepun, Nguillatun e Kamarikun (tutte ceremonie per ristabilire l’equilibrio tra la gente e la terra, di grande importanza spirituale). L’inverno 2011 è cruciale per la resistenza nel nostro territorio, visto che l’11 luglio è cominciato il processo di recupero delle terre dove si trovano i Renü (luogo dove ci sono dei punti specifici della terra che servono per coNnettERSI con altri dimensioni) del Ngen Mapu Kintuante, il Nguillatuwe (luogo di rogazione), il Kogagtuwe (luogo di conversazione tra le comunita’, piu’ politico), il Paliwe (luogo dove si gioca a palin, gioco mapuche tradizionale che serve ad allenarsI per la lotta e anche un momento per socializzare con le comunita’), il Menoko (luogo dove c’è la palude umida, ideale per la machi che raccoglie le erbe medicinali), il Trayenko (la cascata importante per raccogliere erbe e pietre) e l’ Eltuwe (il cimitero)(2). Da questo fatto la repressione dello stato cileno si acutizza con la persecuzione contro i difensori del Pilmaiken. Le legittime richieste dei nostri Lof in Resistencia consistono fondamentalmente nell’annullamento dei progetti idroelettrici Osorno e Los Lagos, inoltre chiedono la restituzione perpetua delle terre del Ngen Mapu Kintuante alle comunità Mapuche Williche del territorio. Fin dal principio, la risposta dello stato è stata sempre la stessa, ossia andare avanti con la costruzione delle dighe in territorio Mapuche dicendo che questi progetti sono necessari per superare la supposta crisi energetica che sta soffrendo il Cile.
2.Tutti questi luoghi sono di importanza vitale per la vita del popolo Mapuche e per la loro spiritualità, salute e lavori quotidiani.
Tutti sappiamo che questa crisi non esiste se non per lo stato neoliberale -in difesa degli interessi dei più ricchi- e che ha bisogno di aumentare la capacità della sua produzione energetica per fornire le grandi imprese straniere e cilene, aumentando lo sfruttamento dei corsi naturali, che si trovano sopratutto nel territorio dei popoli indigeni. Stiamo parlando dell’appropriazione del legname, dello sfruttamento di miniere, allevamenti di salmoni, centrali idroelettriche, acquedotti e commercio in generale, che mai sono a beneficio della gente comune. In questo contesto di invasione -una centrale idroelettrica che minaccia di distruggere il più sacro e coraggioso territorio per le comunità Williche de Rio Bueno- i pu weichafe (guerrieri) esercitano il legittimo diritto all’autodifesa, che comprende tutto il popolo oppresso. Insieme a questo, si aggiunge alla voce dei Lof in Resistencia, quella della machi (autorità spirituale) Millaray Huichalaf e si incrementano la propaganda sulla lotta del Pilmaiken e le mobilitazioni sociali, facendo crescere l’appoggio alla nostra resistenza in tutte le zone del Wallmapu (territorio ancestral mapuche).
In tutti questi anni di lotta sono stati tanti gli eventi che hanno marcato la storia di questo conflitto. Uno di questi fatti è stato l’arresto di alcuni dei suoi difensori, accusati di incendio doloso della casa del custode di un terreno nel settore Pisu Pisue. Durante il processo sono stati assolti tutti gli accusati, fatta eccezione per la machi Millaray, condannata per occultamento. Qui è doveroso chiedersi chi ha nascosto, se gli altri accusati sotto processo con lei sono stati assolti per insufficienza di prove. La risposta è che il vero motivo della sua condanna è che lei è stato il volto visibile della resistenza, per cui lo stato la persegue per ragioni politiche che cercano solo di garantire il sovra-sfruttamento dei grandi capitali del territorio che abitiamo, insieme a tutte le sue ricchezze.
ATTUALE SITUAZIONE DEL TERRITORIO.
Sono passati già diversi anni da quando un gruppo di giovani Williche hanno iniziato a sollevare le rivendicazioni proprie del LORO territorio. Lavoro arduo e non scevro da difficoltà, visto che il territorio delle pianure Williche è stato storicamente colonizzato tanto dalla chiesa cattolica quanto da cittadini cileni e tedeschi. Questo ha provocato la riduzione del territorio, fino a non poter sopravvivere in modo indipendente e dover per forza lavorare per i latifondisti. Dopo decine d’anni, questo ha provocato la disintegrazione della società Williche, quindi della nostra organizzazione politica e sociale. Di conseguenza, possiamo citare, per esempio, la perdita quasi totale del tse sungun (variante Williche della lingua Mapuche). E’ in questa realtà che si alza come un grido profondo dalle viscere della terra, la difesa dell’unica cosa che rimaneva viva della identità Williche, cioè il mupiltun (la credenza) nel Ngen Mapu Kintuante e nel Kilen Wentru (sono due spiriti protettori importanti del Kintuante). Insieme a questo processo di difesa del Kintuante, nel mese di settembre 2014, nel Lof in Resistencia di Lumaco Bajo, nella parte inferiore del corso del Pilmaiken, la famiglia Marriao Collihiunca inizia la fase di recupero delle terre per riprendersi il territorio di Lumaco, oggi in mano al colono Edmundo Cortez Kirsh (3). Questo movimento è anche in difesa del Ngen Mapu Kintuante e del fiume Pilmaiken, visto che è in queste zone che si costriurà la Centrale Hidroelettrica Osorno e che inonderà i territori sacri. La famiglia Marriao Collihiunca e chi li appoggia sono stati duramente repressi nei 5 sgomberi avvenuti da quando hanno iniziato il recupero delle terre. Ci sono stati almeno 25 arresti, con diverse ferite di botte e proiettili di gomma. E’ importante ricordare che durante questo periodo di repressione ci sono state molte azioni violente contro la nostra gente, da parte sia della polizia sia da privati che hanno sovrastato anche le leggi winka.(invasori). Sono avvenuti ripetuti codardi assalti alle donne, anziane e bambini della comunità portate avanti dai contadini inviati dal loro padrone Edmundo Cortez. Importante è denunciare i fatti avvenuti nello sgombero illegale del 9 gennaio 2015, deciso dal capo dei carabinieri Juan Pablo Rios, dove arrivarono effettivi della polizia, rimasti mobilitati per tutto il tempo dello sgombero in camionette incolonnate e prestate dai propi coloni. In questa occasione, il peñi (il nostro fratello) Miguel Antiqueo Painen ha perso completamente l’uso dell’occhio sinistro, a causa dei proiettili di gomma sparati dai carabinieri all’interno dei terreni della famiglia Marriao Collihiunca. Proprio durante questo sgombero, è stato arrestato Jaime Uribe Montiel, brutalmente picchiato al momento del fermo e torturato nel commissariato. Ora si trova nel carcere di Rio Bueno, diventando un nuovo Prigioniero Politico Mapuche-Williche del Pilmaiken, visto che il suo arresto e la sua prigionia si producono nel contesto del recupero delle terre ancestrali, acquisite fraudolentemente dal colono Cortez, e in difesa del fiume Pilmaiken e i suoi luoghi sacri. Attualmente, il movimento che porta avanti i Lof in Resistencia del Pilmaiken si trova in un momento di rafforzamento e crescita in modo lento, ma radicato nelle comunità che lo sostengono, tanto che si sono aggiunte nuove famiglie in difesa e recupero delle proprie terre. Come si diceva sopra, le terre che si trovano nel Ngen Mapu Kintuante sono state vendute dall’impresa Pilmaiquen S.A. ad una società di capitale statale norvegese chiamata Statkraft, attraverso cui una multinazionale europea è la proprietaria dei terreni e del progetto “Central Hidroelectrica Osorno”. Questa è una regola per la legge winka dello stato cileno, visto che nella pratica è la resistenza del Pilmaiken che esercita il controllo del territorio del Ngen Mapu Kintuante, portando avanti il recupero della terra in modo pratico, vivendoci, non dando importanza alla legge cilena ed esercitando il diritto ancestrale alla terra e alla spiritualità. Diritti che, come Mapuche, sono guidati dal nostro stesso sistema di norme ancestrali chiamato Az Mapu. In questo momento, nel terreno si trova piantato il Rewe (luogo sacro dove cè un tronco antropomorfo che rappresenta l’unione dei diversi spazi nel mondo) del territorio del Pilmaiken, ed è stata costruita anche una Ruka (casa) comune per i Lof in Resistencia, in modo autonomo e autogestita.
3. Queste terre sono state acquistate in modo fraudolento da Cortez, già dai tempi della contro riforma agraria durante il governo di Pinochet.
Come Lof in Resistencia del Pilmaiken non abbasseremo le braccia e faremo tutto il possibile per difendere e recuperare il nostro territorio. Riaffermiamo che sono le mobilitazioni sociali, il controllo del territorio, i recuperi effettivi dei terreni, la ricostruzione della nostra organizzazione politica e sociale, l’autonomia, e, soprattutto, il rafforzamento spirituale, i metodi pratici per andare avanti con il processo di ricostruzione territoriale Mapuche.