RATOBLANCO: Crea Scompiglio

Non abbiamo fatto molta fatica a calarci nelle sonorità dei toscani Ratoblanco, perché rappresentano sonorità a noi molto vicine.

Ne abbiamo fatto molta fatica a fare nostre buona parte delle tematiche presenti nei testi del disco, perché sono gli argomenti, che possiamo definire politici, che ci stanno più a cuore da molto tempo.

Quindi la Mano Negra, le pulsioni clashiane , il rock d’autore dei Gang, la denuncia di un controllo mediatico che impone la propria verità, il fenomeno maledettamente tutto italiano del berlusconismo, la conseguente impossibilità di esprimersi davvero liberamente, raccontando altre verità, altre storie, altri sogni.

Felici di aver perso la partita mantenendo le nostre idee o pronti a giocarci la rivincita rilanciando le nostre speranze, il nostro idealismo ?? Noi ci schieriamo per la seconda ipotesi e pensiamo che i Ratoblanco facciano lo stesso, anche attraverso questo loro secondo disco, anche “solo” attraverso la musica.

L’importante è mantenere il giusto livello critico e di attenzione, salvaguardando entusiasmo e voglia di vivere, per non farsi schiacciare dalla passività, per “essere sempre lì ad aspettare che….”, come canta (e bene) Marco Mezzetti in “Luna Piena”, un grande pezzo, a nostro avviso il migliore dell’album, al quale partecipa anche Marino Severini (e come al solito non è una presenza ininfluente).

“Crea Scompiglio” è un bel disco che possiamo definire “rock”, nel senso più meticcio e contaminato del termine. Un disco tonico, frizzante, che riceve stimoli precisi dal passato, riuscendo però a “suonare moderno” anche grazie agli arrangiamenti che sfruttano l’elettronica in modo intelligente. Un lavoro organico, nel quale la mano (leggi produzione) di Finaz della Bandabardò deve aver avuto il suo peso, con diversi brani di buon livello ed alcuni decisamente sopra la media come la già citata, intensa ballata elettrica “Luna Piena”, ma anche l’energica “Crea Scompiglio”, la sintesi del disco, la dedica all’insostituibile ispiratore Joe Strummer, l’urlo sincero di Mezzetti che nel finale rievoca le timbriche di “1-2 Crush On You” dei Clash, e “Non li sopporto più”, uno ska costruito su chitarre robuste, dalle invettive precisamente indirizzate.

Non mancano episodi che si inoltrano nei territori della musica terzomondista come “Penso a Te” oppure nel dub di “Johnny’s Dub”, o nel reggae di “Terre Bruciate”, ma è con la coinvolgente atmosfera di “Domani Partirò” , che vede ancora una volta la partecipazione di Marino Severini nel finale recitato, che si chiude il disco : “i ragazzi stanno bene, a piedi nudi pregano l’angelo al cielo, e dividono il pane, e la visione di sempre, strade bianche nel mattino di fuoco, ai padri restano solo le mani, mani che tremano alla bellezza….”

La storia è la stessa, generazioni affamate di vita e verità messe di fronte ad una “civiltà” in rovinosa caduta libera, a una “democrazia reale” che è finzione, parodia, truffa.

Ma bisogna tenere duro, anche se si è fuori dal giro, resistere dal “corner”, magari suonando rock’n’roll. In alto i cuori.

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