Quattro chiacchiere con i TALCO

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Ciao Ragazzi, fatemi fare subito i complimenti per Silent Town, mi è piaciuto tantissimo.
Grazie mille, è stato un lavoro abbastanza impegnativo, ma siamo davvero contenti del risultato.

-Allora come va? Siete sempre in giro a suonare, e periodicamente vi chiudete in sala a registrare, siete stanchi o carichi?
Sinceramente questo periodo di tre mesi e mezzo di pausa dai concerti per la promo di Silent Town un pochino sta pesando perchè non ci eravamo più abituati da molti anni, ma forse ci voleva: la stagione di “Gran Galà”, proseguita poi con “10 years” è stata davvero estenuante, e per me non è praticamente mai stato possibile staccare, ogni momento di pausa lo dedicavo a scrivere i pezzi del disco, e a organizzare la prossima stagione con David (manager) e Kasba (la nostra etichetta). Questo periodo lo stiamo sfruttando al massimo per riposare e lavorare sulla scaletta nuova. Abbiamo voglia di fare le cose fatte al massimo per non deludere la gente che ci ha dato la possibilità di arrivare a questo punto.

-parliamo un po del disco, ditemi un po come nasce di fare un concept piuttosto che un disco tradizionale
Sono molto differenti come percorsi, un disco può racchiudere molti temi senza un filo conduttore, mentre un concept ne deve assolutamente avere uno per essere tale. L’idea del concept per me è legata a due cose, la pianificazione di una storia e l’uso della metafora, che abbiamo spesso cercato di usare nei nostri dischi. Parte tutto appunto da una volontà ed un tentativo di evitare slogan triti e ritriti cadendo nella retorica che purtroppo va a danneggiare la tematica che vuoi affrontare. A volte ci si riesce, altre no, ma sono dell’idea che l’importante sia almeno tentare di non parlare in modo sempliciotto o sommario di qualcosa che merita molta più profondità e attenzione rispetto a una frase preconfezionata. Non credo ci sia un’idea generale su come nasca un la storia di un concept album, io personalmente parto sempre dalle tematiche di cui parlare sul disco, trovando un punto più generale in comune. Di lì penso ad una storia, una percorso che possa toccare tutte queste tematiche. Con “La Cretina Commedia” il filo conduttore era naturalmente l’incidenza della mafia nella cultura e nella storia italiana, e attraverso la vicenda e la vita di Peppino Impastato, siamo riusciti a parlare di tutti temi specifici che volevamo affrontare. La cosa si è evoluta con “Gran Galá”, dove un personaggio, al ritorno a casa dopo tanti anni, si chiede come si possa essere arrivati a questo punto nel nostro paese, iniziando un percorso riflessivo e di esperienze, cadenzato dai tarocchi, che lo porta ad una conclusione, mentre un paese va a picco e lui capisce di essere al punto di partenza, e l’unica cosa da fare purtroppo è ripartire. In Gran Gala abbiamo affrontato, assieme a temi dell’Italia e dell’Europa contemporanea – come il qualunquismo, il razzismo, la religione, la mentalità degradante della cultura berlusconiana – anche riflessioni su noi stessi. Qualcosa forse mancava ancora per concludere il discorso sull’Italia e con Silent Town abbiamo deciso di chiudere la trilogia, con una storia molto più astratta, personale, che ho cominciato ad immaginare un anno fa per gioco e poi, alla proposta di fare un libro, dopo un primo tentennamento per paura di non esserne all’altezza, ho deciso di utilizzare per il concept di Silent Town e per questo benedetto libro…che sto ancora scrivendo, è sempre scettico sul fatto di esserne all’altezza….chi se ne frega, se hai l’opportunità e la passione, meglio non perdere nemmeno un secondo.

-So che è stato scritto sul furgone durante il tour, Dema non devi essere di molta compagnia durante viaggio
Non molto ahahah. Ma ci dividiamo tra Jesus che guida e ascolta prog metal, io che scrivo canzoni al computer e gli altri che dormono, quindi non è un momento propriamente di festa e di stare insieme, il viaggio in furgone ahaha. Scherzi a parte, quando non hai la possibilità di stare a casa per fare queste cose, sfrutti ogni momento in cui ne hai la possibilità e in viaggio forse è il momento più propizio per rilassarsi e pensare un po’ a pezzi nuovi, mentre gli altri dormono….ti aiuta anche a passare il tempo.

-nel booklet leggo che è tratto dal tuo libro, siamo curiosi, cosa mi dici in proposito?
Lo sto scrivendo in questi mesi e mi sto divertendo molto, e man mano che lo scrivo lo correggo, aggiungo qualcosa alla struttura, lo ricomincio e così via: è una cosa nuova, e vado avanti pignolo a rileggere ogni parte di questa storia a cui tengo moltissimo. Il disco descrive alcuni aspetti del percorso del libro, personaggi, tematiche, e magari ne mostra anche un lato differente. Il libro invece è proprio una storia metaforica sull’Italia, o meglio su una parte dell’Italia di cui volevamo parlare su Silent Town. In più, visto che si parla di una trilogia musicale, ho cercato anche di inserire dei riferimenti alle tematiche dei due dischi precedenti, ed eccoci qui. È una storia ispirata ad autori e libri che mi rimangono quotidianamente in testa, a partire da “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez e al realismo magico, sopratutto nell’intenzione di creare una città silenziosa a metà strada tra il reale e la fantasia, una fantasia abbastanza grottesca, dato che il tema si presta molto ahaha. Ma per darci una dinamicità, più legata a un “mistero” e a un’idea di corsa contro il tempo, mi sono venuti in mente i libri di Palanhiuk, e soprattutto Q del collettivo Wu Ming (al tempo ancora Luther Blissett), il mio romanzo preferito. Essendo la mia prima volta, ho pensato di usare come metro di riferimento quello che facevo con le canzoni dei talco, fondendo vari generi in un pezzo inserendoci un’impronta più o meno personale. Ed eccoci qui: dire che una compagnia di naufraghi capeggiata da una vecchia che non ricorda nulla di se stessa, ai piedi di una città mai incontrata prima, nella strada verso casa, forse non rende affatto l’idea della storia, ma forse è meglio così…ahahah…. c’è già un disco che sta dando qualche indizio, una torre, una televisione spazzatura, sogni di un passato, incontri allucinanti, ogni cosa dá un indizio come un un puzzle, la copertina del disco, i brani di Silent Town, e quindi, il libro…

-la band in questi anni ha sviluppato un suono personale e particolare, ne siete soddisfatti o l’evoluzione continua?
Siamo molto soddisfatti, soprattutto per il fatto di avere recuperato una potenza più legata a Combat Circus e Mazel Tov, ma affiancata alla melodia de La cretina Commedia e Gran Gala, credo che questa sia l’evoluzione maggiore del disco. Naturalmente ci sará sempre voglia di migliorare, ma all’interno del punk, dello ska, del folk, che sono generi che amiamo proprio perché completi, non c’è nulla da inventare, puoi solo farti spazio con il tuo stile. Se pensi di suonare punk e di voler inventare qualcosa, non hai capito a fondo il genere che dici di amare. E giuro che ho incontrato troppa gente convinta di questo.

-quasi 15 anni di attività e centinaia di concerti e situazioni, cosa vi portate dietro musicalmente?
Molte soddisfazioni, siamo partiti dall’Italia non immaginando minimamente cosa avremmo fatto. Abbiamo avuto la forza di crederci sempre, metterci tutto noi stessi, macinare anche migliaia di chilometri per realizzare qualcosa che non credevamo possibile. Non abbiamo mai chiesto niente a nessuno, anzi, alcuni agli inizi ci hanno quasi messo i bastoni tra le ruote, ma siamo andati avanti, prendendoci tutte le soddisfazioni che cercavamo. Abbiamo sempre e solo fatto quello che ci piaceva fare, suonare, e metterci il massimo dell’energia e entusiasmo, e siamo qui a raccontare tutte le cose piacevoli che abbiamo vissuto grazie alla gente che ci ha seguiti e ci sta seguendo. Ci siamo sempre messi in discussione per migliorare e per emergere il più possibile. E abbiamo sempre creduto che il giudice del tuo lavoro non era il contatto furbo, il promoter amico, ecc., ma la gente. E credo avessimo ragione a pensare così. Mi ha colpito una volta un’intervista di Gabriele Salvatores, in cui descriveva il momento in cui aveva detto a suo padre che avrebbe intrapreso la strada del cinema: suo padre gli ripose che avrebbe dovuto puntare ad essere il migliore. È un’idea che condivido appieno….puntare ad essere i migliori, e poco importa se non lo sei effettivamente, è il metterti ogni secondo in discussione per provarci che valorizza quello che fai. E per quanto mi intimidisca un po’, sono fiero di leggere e sentire che siamo considerati una delle bands punk più famose in Europa, perché so che l’abbiamo guadagnato con il lavoro e nient’altro.

-e umanamente?
Abbiamo imparato a distinguere le persone vere da quelle non. E ne abbiamo trovate molte di entrambe le categorie. Ma ti dirò, dopo tutti questi anni, i ricordi delle malelingue, delle mafiette di bands e promoters, sono ormai lontani, alcune vecchie ferite ormai si stanno chiudendo e ci si ride sopra, proprio perché si stanno chiudendo grazie a quello che abbiamo dimostrato, e a ciò che non hanno dimostrato altri a cui piaceva un po’ troppo parlare e basta. Questo è quello che conta per me, pensare a me stesso e a come migliorarmi, e a separare complimenti da leccate di culo, e critiche costruttive, da stupide invidie. Il migliore insegnamento che personalmente ho appreso da questo ambiente.

-diversi anni fa ad un vostro concerto al Leoncavallo c’erano poche decine persone, qualche anno dopo a comunistinfesta ancora meno, ma da qualche anno la solfa è cambiata perlomeno dalle mie parti. Concerti quasi sold out e gente che conosce a memoria tutti vostri pezzi. Cosa è cambiato secondo voi?
Sono passati molti anni, e la gente che ci conosce attraverso YouTube, internet in generale e al passaparola, è molto aumentata, c’è una nuova generazione di ragazzi che ascolta punk e folk e tutte queste cose insieme hanno favorito un nostro ritorno a casa. Fa piacere perché fa parte di un processo che ormai non ci aspettavamo più e speriamo continui anche nei prossimi anni. C’è voluto molto tempo e siamo partiti dall’estero per tornare in Italia, ma a quanto pare ha funzionato…anche se funzionato non è il termine più adatto, perché come ti ho detto non ci si credeva più molto dopo tutti questi anni, anche se qualcosa in fatto di programmazione in più rispetto al passato era stato fatto.
Suonare in Italia lo scorso anno è stata una cosa nuova ed emozionante, tutte le date sono andate benissimo, motivo per cui abbiamo deciso di inserire l’Italia in pianta stabile per la programmazione di Silent Town….speriamo vada bene!!!!

-vi fa piacere raccogliere finalmente i meritati consensi anche in casa?
Credo sia un’emozione grande proprio perché era una sfida per noi ormai difficile da vincere, dove nessuno si aspettava nulla ormai. Vedere il sold out anche da noi è stato inaspettato e ci ha davvero caricati!!!

-adesso il tour promozionale, personalmente non vedo l’ora che arrivi fine gennaio per vedervi a Milano, siete pronti?
Prontissimi, dopo due mesi di vacanza ci stiamo dando dentro con la scaletta nuova, cercando di perfezionare alcune cose rispetto ai concerti precedenti. Sempre una scaletta in stile punkchanka, ma più potente e pensata meglio secondo me.

-Grazie per il tempo concesso, un saluto a tutti e ci si vede sotto al palco!
Grazie a te per l’intervista. Ci vediamo a gennaio!!!

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