Si chiamano Random Act, arrivano da Bologna e sul finire del 2020 hanno pubblicato due singoli dalle melodie punk hardcore tipiche degli anni novanta che faranno parte dell’ep “One Hour Sleep” in uscita nei prossimi mesi.
Abbiamo approfittato del tempo a disposizione durante questo lockdown Natalizio per parlare direttamente con Dario: Batterista e fondatore della band, conosciuto da tanti per suo il passato ne “Linterno” (band punk hardcore della scena Bolognese).
Allora Dario, intanto benvenuto su Punkadeka, direi di partire subito con la classicona di tutte le domande
Chi sono i Random Act? Quando nascono? Presentaci un po’ la band.
Innanzitutto a nome della band iniziamo col dire che nonostante l’età siamo emozionati e felici di avere questa opportunità, Punkadeka è una grande realtà che abbiamo sempre seguito e ci riempie di orgoglio aver modo di raccontarci.
Beh diciamo che i fondatori della band sostanzialmente sono in 3, due membri e un ex-membro dei Linterno, cioè Io e Lorenzo e Lanzo, che all’ inizio del 2019 dopo un periodo di pausa forzata da parte mia nei Linterno (dovuta prima alla nascita di mio figlio, poi a una brutta tendinite ai polsi) ha deciso di dare vita a questo nuovo progetto. Dopo i primi tempi passati a fare un po’ di cover per trovare l’amalgama, abbiamo capito che alla fine l’amalgama che avevamo acquisito gli anni passati nel gruppo precedente non l’avevamo mai persa quindi abbiamo deciso di dare sfogo alla nostra voglia di cantare tutti quanti e di proporre alcune canzoni scritte in questi ultimi anni, dopodiché ne abbiamo scritte di nuove. Infine sulla fine del 2019 siamo riusciti a trovare finalmente il bassista che cercavamo, il nostro Dottor Matteo, e a quel punto la band era al completo.
Non siete dei ragazzini di 17 anni, e alcuni di voi hanno famiglie e lavori non da poco alle spalle. Com’è ritrovarsi da “adulti” in sala prove a far nascere nuovi pezzi e nuove alchimie?
Che non sono più un ragazzino me ne accorgo alle 8 di mattina a lavoro dopo un concerto infrasettimanale al Freakout! Ma andare in sala prove, e pensare di continuo alle nostre canzoni durante le nostre giornate, penso sia un po’ come andare a fare una camminata all’aria aperta, una cosa che, lockdown a parte, resta una costante nelle nostre vite e una cosa necessaria per mantenerci in salute.
Dopotutto la musica è la cosa più importante per noi. Poi come dicevo prima l’alchimia l’abbiam trovata velocemente, probabilmente la band è nata già sotto una buona stella e in poco tempo siam riusciti a creare vari pezzi nuovi con lo stesso entusiasmo di 15 anni fa. Ovviamente gli impegni di lavoro e familiari allungano un po’ le tempistiche di composizione e magari diminuisce la frequenza delle prove in saletta, rispetto al passato ma è una cosa naturale.
Tra ottobre e novembre sono usciti i vostri primi due pezzi. Una scarica di punk hardcore anni 90. Quali sono le vostre influenze? In che quadro vi inserireste?
Se posso citare un quadro direi il Guernica di Picasso!! (il mio preferito)
Beh battute a parte, anche se l’intento iniziale è di dare voce anche ad altri stili musicali (al di fuori del punk) che abbiamo ascoltato in questi ultimi anni, ovviamente l’influenza storica del nostro tanto amato Punk Hc si fa sentire alla grande e non possiamo che esserne felici, questo siamo. Però non disdegniamo anche altri generi, in primis l’Indie-elettronica, l’Emo, e un certo tipo di soul- funk sofferto e grezzo.
Probabilmente l’elemento che più ci accomuna è l’attenzione che abbiamo per le melodie vocali e per le emozioni che cerchiamo di trasmettere, più che per la tecnica negli arrangiamenti.
In questo, band che ascoltavamo da ventenni, come No Use for a Name, Undeclinable, Satanic Surfers, Strike Anywhere, Good riddance direi che sono state fondamentali per la nostra crescita.
“The Leap” e “Buried Tale” I primi due singoli. Parlaci di questi due pezzi. Come nascono e cosa vogliono dirci.
La prima canzone che è uscita , “The Leap” , è stata scritta pochi mesi dopo la nascita di mio figlio , e a lui era dedicata. In quel periodo ero in pausa con i Linterno, avevo provato tante nuove emozioni e tra l’altro ero in fissa con il soul e ho sperimentato un certo tipo di melodie su una base più prettamente melodic punk. Dopodiché è stata riarrangiata dalla band sia nella base che nel testo e direi che ora rappresenta al meglio tutti noi. Citando una strofa “A calm and pleasant storm, thunders overwhelm us”, alcune emozioni positive ti travolgono e a quel punto sei disposto a rimettere tutto in gioco ma sotto un altro punto di vista.
“Buried tale” invece è decisamente più diretta, probabilmente perché è nata nel periodo di governo di Salvini, è una fotografia dei tempi moderni e di questa “sinistra” frammentata che ha dato campo libero ad altri partiti che si sono fatti strada “accendendo la candela della paura” e “chiudendo i porti delle nostre menti”, sempre citando alcune parti del testo.
Durante il lockdown primaverile inoltre avete pubblicato una cover homemade di “2000 Lightyears Away” dei Green Day. C’era voglia di musica e più che mai si cercavano modi di stare uniti. Come hai/avete vissuto quel periodo?
Come dicevo prima la musica è la costante delle nostre vite e in particolare il punk, non plus ultra dal punto di vista della socialità, è in perfetta antitesi al lockdown che abbiamo dovuto sperimentare.
Lungi da noi il fare un dibattito politico sulle scelte del governo in quel periodo, è un dato di fatto che questo tipo di lockdown abbia amplificato l’enorme disuguaglianza sociale tra chi non ha potuto proseguire il suo lavoro, e chi invece è andato in overbooking, chi magari è stato dei mesi da solo in una piccola casa con seri rischi per la salute psico-fisica, e chi invece ha avuto modo di coniugare lo smartworking con il passare più tempo con i propri figli. In tutti i casi è stata vissuta un po’ come una guerra, in particolare per le persone impegnate al fronte, come il nostro Matteo in ospedale.
Posso comunque dire che questa fase ci ha insegnato tanto, come tutte le cose nuove.
La cosa certa è che non potevamo starcene con le mani in mano, volevamo darci un obiettivo, e cosa c’è di meglio che essere nominati dai nostri amici T-Rex Squad per fare un pezzo da casa?
Riguardo la scelta della cover da fare, “2000 light years away” mi ricordava i tempi in cui io e mia moglie stavamo a un migliaio di chilometri di distanza, e la prima frase era un’ottima rappresentazione di questo periodo di lockdown. Poi devo anche dire che lo smanettone del gruppo (Lore) ha fatto un ottimo lavoro e non poteva cantarla meglio di così!
In che modo il lockdown ha modificato i piani della vostra band nel 2020? Se ricordo bene, poco prima del lockdown eravate riusciti a suonare live al Cinetico Bike Bar di Cervia, di spalla ai Secoli Morti.
Tornando alla prima domanda, una volta completata la line up e con 5-6 canzoni pronte abbiamo iniziato la ricerca di date in giro per l’Italia e fortunatamente è arrivata questa possibilità al Cinetico Bike Bar. E’ stato un ottimo esordio che ci ha dato modo di rivedere tante vecchie facce della nostra scena e conoscerne di nuove, poi appena stavamo per ingranare la marcia il virus ha bloccato tutto, registrazioni dell’ep compresa.
A quel punto i nostri obiettivi e le nostre scadenze sono andate a puttane, ma per fortuna abbiamo avuto modo di ripartire nell’estate e nell’autunno abbiamo completato alcune canzoni.
Per questo 2021 è prevista l’uscita del vostro primo ep. Aspetterete che si possa tornare a far concerti prima di pubblicarlo, oppure andrete avanti lo stesso, puntando come stan facendo tante band sullo streaming e sugli ascolti attraverso i canali musicali?
Se c’è una cosa il Covid ci ha insegnato è il non darci obiettivi, vivere alla giornata, DPCM dopo DPCM.
Vista l’impossibilità nel breve di tornare ai live, decideremo in questi mesi la forma definitiva dell’ep. Abbiamo in cantiere alcune idee e speriamo si possano concretizzare, ma ancora è presto per dirlo.
Aspettative per il nuovo anno che inizia? Un messaggio per i lettori o qualche news? Vi lascio campo libero nell’ultima domanda se cosi vogliamo chiamarla!
La nostra unica certezza è che i tempi degli stage diving e del pogo torneranno, speriamo non troppo tardi e che non si dissolva questa bellissima realtà che avevamo creato fino al 2020.
Cercando di non vivere questa “prendi l’arte e mettila da parte” con troppo rancore, e poi se nell’attesa ci sarà la possibilità di sperimentare altri canali come i live streaming o partecipare ai concerti con caschi e visiere protettive immobili a distanza, ci accontenteremo.
Ragazzi bisogna avere fiducia perché “When I got the music, I got a place to go” !