Quattro chiacchiere con i Frammenti: il percorso della band dagli anni 90 a oggi

In occasione del ritorno della band e della ristampa del disco “L’Appeso”, ho fatto qualche domanda delle mie ai Frammenti, storica hardcore band di Torino, cercando di spaziare dagli anni 90 a oggi per avere una panoramica completa di tutto il loro percorso.

1) Ciao ragazzi, grazie di essere qua con noi. Siete una band nata all’inizio degli anni 90, a naturale proseguimento del percorso della Torino Hardcore degli anni 80 tracciato da Negazione, Declino, Nerorgasmo, Blue Vomit per citare alcuni dei nomi che hanno esportato Torino nel mondo. Un bel lascito da portare avanti: cosa vi ha portato a formare una band e come stavano le cose in quegli anni di forte aggregazione e fermenti culturali e di eclettismo musicale (soprattutto a Torino ma anche nel resto d’Italia e in Europa)?

(LUCA)Il processo è sempre identico, generazione dopo generazione, se hai fame andrai a cercarti qualcosa con cui sfamarti. Nei primi 90 sentivamo un senso di urgenza comunicativa, una fame che difficilmente avremmo placato con altro. Le suggestioni dei nostri predecessori erano nubi di gas sparse nell’etere, non essendo tutto a portata di Google, gli stimoli e le informazioni dovevi andarteli a cercare per strada, incontrando persone, situazioni, scintille per l’esplosione.

Questo è il motivo che ha reso speciale (e per l’ultima volta) quel tipo di scena. Prima della rete eravamo come tutti come formiche, più inclini alla cooperazione – o allo scontro diretto, ma in generale, più predisposti allo scambio di idee.

Alcune delle band che hai citato, quando abbiamo iniziato a suonare, erano ancora in attività – ricordo un live pazzesco con Nerorgasmo a El Paso, alle quattro del mattino, suonammo dopo di loro, con Luca Abort svenuto dietro l’ampli di Brizio. Ricordo bellissimi concerti con i Panico, band con membri di Contrazione, Bed Boys, Franti. Davvero tante le situazioni che ci hanno fatto da “scuola” e che portiamo nel cuore.

Torino poi, si è detto tante volte, da un punto di vista “controculturale” e politico era un avamposto nevralgico sia per l’Italia che per il nord Europa.

2) Di contro, come avete ritrovato dopo 15 anni la scena che avevate lasciato nel 2007?

Sarà una risposta parziale, perché con solo quindici live sulle spalle dal nostro ritorno, non abbiamo la pretesa di una fotografia nitida della situazione. 

Sicuramente la scena – all’epoca veramente troppo autoreferenziale  e decisamente di nicchia, oggi, si è aperta un po’ di più al mainstream. Credo sia positivo, dal punto di vista della produzione, forse un po’ meno dal punto di vista “attitudinale” ma questo – dello sputtanamento, in generale è un dato di fatto che coinvolge un po’ tutti gli ambiti della musica e dell’espressione artistica.

Fare ritorno alla musica dopo un periodo di tempo che sia più o meno lungo non è mai facile: cosa vi ha spinto a riprendere in mano gli strumenti? 

Personalmente sono tornato a suonare per via di un lutto di un amico nonché grande fan, prima di allora Frammenti per me, era un progetto serenamente chiuso. Intimamente l’ho fatto in suo ricordo, poi è successo che già dalle prime prove i pezzi mi sono sembrati, come dire, “accettabili”, ancora vivi, dunque siamo andati oltre.

Come è cambiato il vostro approccio alla musica e ai live?

L’approccio è sempre lo stesso – naïf…è la nostra cifra, nel bene e nel male. Dal punto di vista artistico ci ha sempre divertito l’esplorazione, oggi più che mai.

E quanto sono cambiate le cose da allora? Penso a come si organizzavano i concerti via lettera e alla comunicazione che abbiamo oggi; e immagino anche che tanti di quei luoghi che eravate abituati a frequentare e che rappresentavano la città e la scena di allora, oggi non esistano più.

Le cose sono cambiate, noi tutti siamo cambiati, tutto è in mutamento. Non provo nostalgia, personalmente preferisco concentrarmi sul presente

3) Il vostro ritorno è curato dai ragazzi di Motorcity Produzioni: dai live alla ristampa dei vecchi dischi, (il 16 marzo uscirà la ristampa in vinile di “L’Appeso”, che conterrà un inedito con alla voce un feat. con Eugenio dei Bull Brigade, già disponibile per l’ascolto online). Come è nata la collaborazione con questi ragazzi? E perché avete deciso di ristampare proprio questo disco?

Avevamo questo pezzo che chiamavamo “L’Americana” che chissà perché, era rimasto fuori dalla stampa del 10” L’Appeso. Riascoltandolo, ci è piaciuto e ci è sembrato perfetto per una “rilettura” più contemporanea, così ho rivisto il testo originale e ho chiesto ad Eugenio di cantarlo con me

Motorcity è una realtà perfetta per noi, ha un approccio molto old school, ma al tempo stesso super sul pezzo. Mi ricorda un po’ le nostre vecchie pratiche di autoproduzione, ma in meglio, devo ammettere che i ragazzi sono una vera macchina da guerra. L’idea e di partire dalla ristampa dell’album L’Appeso, poi si vedrà. Attualmente stiamo lavorando a nuovi pezzi, il desiderio è quello di un nuovo album.

4) Torino ha cambiato diversi abiti nel corso degli anni. È stata la città delle proteste e delle lotte operaie, della FIAT e degli strascichi dovuti alla chiusura dello stabilimento, città dormitorio, città dei Savoia come dei collettivi anarchici. Le band, soprattutto quelle hardcore, avevano una grande urgenza comunicativa per esprimere ciò che avevano dentro e gridavano protesta e ribellione ma anche dolore e nichilismo: inevitabile trovare Torino anche nei vostri di testi e nell’attitudine. Testi intrisi di cultura metropolitana quasi morbosa, di fabbrica e asfalto. Quale era e quale è il vostro rapporto con la città? Come vi ha influenzato come band?

Torino è stata determinante nella creazione del nostro immaginario. Per forza di cose, tutti gli aspetti che hai citato, sono rientrati di buon grado nel suono e nella nostra poetica, Aggiungerei però anche degli elementi positivi, che credo si possano cogliere qua e là nella nostra produzione, una sotto traccia sottile, ma costante, di AMORE, la componente che probabilmente ci ha “salvato” e condotto sin qui.

5) Pensate che una scena come quella hardcore di quegli anni potesse nascere in questo modo anche in un’altra città o è stata così proprio perché nata a Torino? Esiste ancora quella città arrabbiata e genuina da qualche parte o sta cedendo a colpi di gentrificazione?

Tanti i fattori che hanno contribuito a rendere Torino una realtà veramente speciale per l’epoca – lo testimoniano le tante band importanti “made in TO” degli 80 e 90 e le innumerevoli realtà occupate e antagoniste che hanno fatto scuola.
Credo purtroppo che un processo di appiattimento generalizzato si sia impadronito delle nostre esistenze in generale, città comprese.
Probabilmente (è già succede) questo degrado farà emergere nuovi codici di espressione, succede sempre così.

6) Vi saluto con una delle mie classiche domande finali, che se esistessero fisicamente mi verrebbero tirate in testa: che musicista, dead or alive, vorreste incontrare e cosa gli direste?

Effettivamente è una domanda del cas! (Rido)Mi piacerebbe salutare ancora una volta Marco Mathieu e ringraziarlo per la camicia Guayabera regalatami a Cagliari.
Mi prenderei volentieri una sbronza di assenzio con Eric Satie.
Vado avanti…?!

Grazie per il vostro tempo. Spero vi abbia fatto piacere rispondere alle mie domande! Ci vediamo presto sotto un palco!

È stato un piacere! Grazie a te, buon cammino.

 

 

5 comments
    1. Lorenzo SouthEast Può essere, nulla da nascondere ?! Ho volutamente ripreso una domanda che avevo fatto in un’altra intervista ad un’autrice di un libro riguardante la Torino Hardcore e l’ho riproposta alla band, leggermente modificata, perché mi interessava sapere anche il loro punto di vista sullo stesso argomento…la stessa domanda a persone diverse, in ambiti diversi (la band che ha vissuto la scena in prima persona e chi la racconta anni dopo attraverso un libro), può offrire spunti diversi, ma questo è il mio personale e modestissimo punto di vista, ne terrò conto in un’eventuale prossima intervista, grazie mille! (Credo tu ti riferisca a quella, altro non saprei)

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