Punk Rock Holiday – Giorno 4

v…E anche per quest’anno siamo tristemente giunti alla conclusione del festival. Dopo 4 giorni, come in ogni edizione un po’ di stanchezza serpeggia, c’è anche quella classica atmosfera un po’ deprimente da fine vacanza…ad inizio serata si formano già le file per recuperare i soldi rimasti sulla paycard (ciao ciao festival italiani, voi continuate pure coi Token!), qualcuno inizia già ad andare via, ma per la maggior parte della gente, che rimane, c’è un ultimo sforzo da fare.
Puntuale come un orologio svizzero (ciao Dexter!), con la mia birra di inizio giornata mi presento al Beach Stage perchè stanno iniziando i Suicidal Ninja Monkeys. Non so molto di loro, so solo che sono norvegesi, fanno un punkrock non molto originale ma molto efficace, hanno anche un pezzo per cui sono stati bannati dalla Russia (“Send em off”) e un bel pezzo mega anthemico “No means no” che chiude il concerto. Bravi eh, presenza scenica, bei pezzi, buona attitudine e tutto, però devo fare un appunto: chitarrista coi capelli blu, che sei una presenza abbastanza fissa di questo festival, se ad un certo punto ti sale il Tim Armstrong del 94 e vuoi barcollare per il palco tirando giù le aste dei microfoni, urlando cose a caso, buttandoti per terra e facendo le facce da matto, va tutto bene, ma allora non fate salire i bambini su quel palco. Hai notato che mentre facevi il tuo show a nostro uso e consumo perchè eri in un momento catartico, 2 dei 3 bambini che avevate fatto salire poco prima ti guardavano con un mix di preoccupazione e paura perchè non capivano cosa stesse succedendo? E’ successo loro qualcosa di male? No, l’asta del microfono è caduta esattamente davanti ai loro piedi, ma nessuno si è fatto male. Ma se vuoi far salire dei bambini sul palco, devi capire che in quel momento la cosa più importante sono loro, il loro sguardo, la loro sensibilità, non il tuo ego o la tua fighezza. Scusa eh, deformazione professionale, torna pure a fare vedere quanto sei punk.

Dopo di loro altri onnipresenti del festival: i Jawless da Londra, la loro cantante quando la band non è nella lineup è comunque sempre in giro per i concerti qua, una vera aficionado del festival. Musicalmente non mi fanno impazzire, si definiscono trashcore, hanno tutto al loro posto: aggressività, attitudine, immagine, presenza scenica ecc, ma a conti fatti la musica non si eleva dalla media del genere.
Chi si eleva dalla media del genere che è (più o meno) lo stesso dei Jawless sono gli Svetlanas. E’ sempre bello vedere un pezzo di casa all’estero, ed è fantastico fare due chiacchiere tranquillissime con Olga e in mezzo secondo, quando sale sul palco, vederla trasformarsi nella sua stage persona che è totalmente diversa. Sul profilo fb del festival, nel video dell’esibizione della band c’è scritto “SVETLANAS are here to bring some danger!!” ed è vero, l’aggressività delle canzoni e della gestualità di Olga riportano quel senso di pericolosità che negli anni il punk ha un po’ perso. Ovviamente il pubblico stra-approva.

Altri prezzemoli del PRH sono i Pigs Parliament, che sono praticamente i padroni di casa qui. Quest’anno sono secondi sul main stage, e di tutte le volte che li ho visti questa è stata quella in cui sono stati più divertenti. Rispetto al passato hanno molte più parti folk e ska nei loro pezzi, accennano anche una strofa e ritornello di “Drunken Lullaby” dei Flogging Molly giusto per mettere in evidenza l’importanza del loro banjo. Certo l’hardcore resta comunque molto presente nel loro set, ma la presenza dei fiati rende tutto comunque più originale.
Avanti coi Jaya The Cat, altra band che spesso passa da qua, col loro reggae/ska/punk rock continuano a far ballare il parterre. Geoff Lagadec, il cantante della band è super carismatico, con la sua barba bianca, la bottiglia di vino rosso onnipresente e le canne che si fa passare tra un pezzo e l’altro. Per i miei gusti sono un po’ troppo “tranquilli”, ma il loro show scorre bello leggero e la hit conclusiva “Here comes the drum” da queste parti è un altro vero e proprio inno, e si merita la stage invasion.
A mezzanotte poi salgono sul palco i Toy Dolls. Io amo questa band dal 1997 quando li ho scoperti qualche giorno prima del Teste Vuote Ossa Rotte di Bologna, mi sono entrati nel cuore in quella occasione e non ne sono più usciti…l’ultima volta che li ho visti è stato sempre su questo palco 6 anni fa. Rivedere Olga, rivederlo saltare sul palco con Tommy Goober e Duncan durante l’intro, imbracciare la sua Telecaster gialla e lanciarsi in “Fiery Jack” mi ha messo una serenità che faceva un po’ a pugni con la gente intorno a me che urla e poga.
Oddio, l’età media nelle prime file è decisamente alta, e onestamente il macello vero ci mette un po’ a partire…come dicevo la gente è stanca, ma qualsiasi senso di affaticamente viene spazzato via quando “Nellie the elephant” arriva a metà scaletta. Da li in poi è il solito delirio. C’è anche la chicca di “My girlfriend’s dad is a vicar”, che nelle altre date del tour non hanno fatto. “Idle gossip” segna la fine del concerto e di questo festival sempre spettacolare ed esaltante. In realtà c’è un party post concerto con karaoke live, ovvero i pigs parlament che fanno da backing band a chi vuole cantare un pezzo scelto da una lista enorme, ma per me è ora di andare.
Adesso inizio a contare i giorni per la prossima edizione di questo appuntamento per me ormai imperdibile!

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