Punk Rock Holiday – Giorno 3

Voglio essere del tutto onesto, la lineup di quest’anno non mi fa impazzire, ma è una cosa mia…indipendentemente dalle band che ci suonano, al PRH ci si viene principalmente perchè ci si sta bene, è organizzato benissimo da gente che si fa un culo così per tutto l’anno, ci si sente in famiglia e si è in un posto in cui tutti si sentono inclusi in qualcosa di bello. Quindi quest’anno ci sono poche band che mi fanno dire “Fantastico mi vedo i XXX”, ma come in tutti i festival di questo tipo, anche qui si possono scoprire band che poi ti porti dietro per il resto dell’anno. L’anno scorso erano stati gli Urethane, quest’anno ne ho scoperta una sul Beach Stage che mi si è incollata a Spotify e non ne uscirà più per un pezzo. Ma procediamo con ordine.
Ore 14.30: Birretta d’ordinanza e mi porto davanti al palco per i Codename Colin, non li conscevo, fanno uno ska-punk abbastanza fresco e divertente, sono inglesi, davanti hanno un sacco di gente (per la maggior parte loro conterranei)…c’è un tale livello di complicità tra band e pubblico che ad un certo punto il cantante invita tutti ad abbassarsi per poi saltare su, e si leva un coro di “Nooooooo”, un po’ come dire “ma ‘sta pagliacciata anche no dai!”, però poi la pagliacciata viene regolarmente eseguita.
E veniamo alla band che mi ha fatto esclamare “Porcaputtana!” (quand’è l’ultima volta che una band vi ha fatto esclamare “Porcaputtana!”?).
Ero nella zona della stampa a prendere il fresco, non ero molto interessato alle band dopo i Codename Colin, ma così per ingannare il tempo mi metto ad ascoltare questi The Drowns (da Seattle), che non avevo mai sentito. Erano sul palco alle 17. Sento tre canzoni, si fanno le 16.50, scappo in direzione del Beach Stage.

A mani basse la band più esaltante di tutta la settimana (su questo palco)…ma esaltanti a livello Backyard Babies, The Bones, quella roba là…il sound parte da quel punk-rock’n’roll ma ci mette dentro sprazzi power-pop (“Dynamite” con un ritornello che ormai mi sogno anche la notte), glam anni ’70 alla Gary Glitter/Slade (“Banger”), addirittura  in “Just the way she goes” sembra di sentire echi dei Manges. Dal vivo hanno la tipica attitudine di quelli che se la stanno godendo un mondo, e la trasmettono tutta; conclusione: gente super presa bene e la hit finale “Ketamine & Cola” manda tutti al bar con un sorriso sulla faccia. Qualcuno li porti in Italia, adesso!
La serata per me è lunga, l’unica band sul palco principale che mi piace sono gli H2O, ne approfitto per rilassarmi un po’ e godermi i 3 pezzi acustici che Nad (voce e basso dei Wasei) fa allo stand dell’American Socks. Due cover riarrangiate (Millencolin e Nofx) e una dei Wasei (“Punk police on my back”).

Gli H2O, l’ultima volta che ho visto un loro concerto intero era il 1998, quindi era una delle band che stavo aspettando di più…salgono sul palco con “Nothing to prove” e inevitabilmente il casino parte subito e non si ferma più. Scaletta perfetta, Max Morse alla batteria ormai è una sicurezza nonostante la giovane età, e a livello di performance sono tra i migliori e i più presi bene per due motivi: 1 – è il loro primo show headliner in un festival, di sempre, 2 – nel pomeriggio il loro van è quasi finito giù da una stradina di montagna. Sono talmente felici che chiudono con “What happened” con la classica stage invasion. Finito questo c’è ancora un po’ di tempo, quindi la risuonano tutta da capo, con ancora la gente sul palco.

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