Punk Rock Holiday 1.9 – Giorno 1: DRUNKTANK – THE BENNIES – USELESS ID – GOOD RIDDANCE – FRANK TURNER

Se la lineup del giorno zero non è stata esattamente entusiasmante, quella del giorno 1 è già una bomba.
Ogni anno, le prime band che si esibiscono sul Beach Stage sono fortunate, perchè la gente è assetata, vuole sentire della musica, qualsiasi cosa…e si assiepa davanti al palco, chiunque suoni.
Io arrivo mentre stanno suonando i DrunkTank, che non conoscevo. Sono olandesi, e suonano un misto di Skatepunk anni ’90 e…wait for it…metal anni ’80! E questa è la mossa vincente. Scendendo sulla stradina che va verso il palco sento le tipiche chitarre soliste “intrecciate” alla Judas Priest su una base hardcore-punk, e niente…per me hanno già vinto. A volte sembra di sentire gli Iron Maiden che fanno a botte coi Pennywise, per me la giornata non poteva iniziare meglio (DRUNKTANK – WE WANT MORE).
Sul main stage il calcio d’inizio festival lo danno i The Bennies. Ammetto che forse le mie aspettative per loro erano troppo alte…li ho scoperti quest’anno e mi sono piaciuti un sacco, fanno un mix di Andrew Wk, Operation Ivy, reggae e dance-punk con un tocco molto moderno. Sono forse la band più fresca che ho sentito in ambito punk negli ultimi anni, purtroppo hanno ancora da imparare in fase live. Il cantante Anty forse per un eccesso di entusiasmo si perde nelle classiche chiacchiere da esaltato sbronzo ancora prima che inizi il concerto, cerca di far esaltare la gente chiacchierando. Non ci siamo, siete “nuovi”, avete ancora tutto da dimostrare, e l’unica cosa che potete fare è suonare. Quando finalmente iniziano è tutto buono, i pezzi, il coinvolgimento…ma niente mi impedisce di pensare che si sarebbe potuto fare meglio. Fino al mega finale di “Party Machine” con in mezzo un richiamo a “Sabotage” dei Beastie Boys che scatena la prima stage invasion del festival. Rimandati a settembre.

Gli Useless Id tornano in Europa dopo il tour primaverile che li aveva visti toccare l’Italia per 3 date. Lo fanno di spalla ai Descendents e con una carica davvero esplosiva. I 4 Israeliani, partono subito carichi con “State is burning” e “Stopwatch” tratte dall’ultimo album. Ci mettono davvero poco ad accendere la miccia dell’entusiasmo in un pubblico sempre più crescente. I circle pit si susseguono uno dietro l’altro sulle note di “Borrow Time” e “Deny It”, e man mano che il pubblico aumenta, iniziano a partire i primi veri stage diving. “Mouse in maze”, “Before the Kills”, “Punk on the other side” tracciano la linea di uno show incentrato molto sugli ultimi album, e che poco strizza l’occhio ai primissimi lavori come ci si potrebbe aspettare in un tour in cui si festeggiano i 25 anni di attività. Tuttavia in ben 45 minuti gli Useless id concentrano il meglio del loro repertorio e molti pezzi come “Dying Love”, “It’s all right”, “Kiss me kill me” sono estratti da quello che personalmente reputo il miglior album della band, ovvero “Redemption” (2005). Le nuvole e le prime gocce di pioggia minacciano tempesta su Tolmin, ma Yotam e company in Italia han visto ben di peggio qualche anno fa, e quindi senza mai mollare un secondo chiudono il loro show con le infuocate “Isolate me” e “State of fear”.
I Good Riddance avevano preannunciato una scaletta speciale per questo tour, ormai la band di Russ Rankin gode di uno status tale di amore incondizionato che possono permettersi un po’ quello che vogliono…per me, grazie al recupero di “Weight of the world” e a un’esibizione da consumati esperti, vanno di diritto tra i grandi, anche se non sono esattamente un loro fan.

Dopo i Good Riddance prende il palco Frank Turner. Frank è uno showman navigato, sa benissimo che il suo misto di folk, rock, country e punk è un po’ “strano” per il frequentatore medio del Punk Rock Holiday, ma quello che manca in bpm lui lo mette in energia. Tutto nel suo show è perfetto: la presenza scenica, l’esecuzione, l’interazione col pubblico…è perfetto, ma non freddo, perchè Turner sa bilanciare cuore e cervello, sa quando deve premere sull’acceleratore e quando far riposare le orecchie, quando chiacchierare e quando stare zitto e suonare (a differenza dei The Bennies).
E’ talmente perfetto che durante il pezzo di chiusura “Four simple words” fa stage diving, viene portato in giro per il parterre e continua a cantare senza perdere mezza nota e mezza sillaba del cantato…Il risultato è lo show migliore di tutto il festival, Ex-Aequo coi Less Than Jake.
SCALETTA DI FRANK TURNER
(Un ringraziamento grosso così ad Alessandro Pentassuglia per il contributo)

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