POV: sei al Punk Rock Holiday 2022

Se non ne avete avuto ancora abbastanza di foto, video e live report, ecco che come redazione vogliamo chiudere il cerchio sulla nostra esperienza al Punk Rock Holiday 2022.

Confrontandoci, ci siamo resi conto di quanto ognun* di noi l’abbia vissuta diversamente: quel che è certo è che siamo proprio un gruppo eterogeneo in quanto a gusti e punti di vista (ma ci vogliamo bene). Quindi eccoci, se vi siete persi i live diary di Ga potete recuperarli sul sito di Punkadeka, mentre invece trovate i video report tra i reel di Instragram o i video di Facebook. Qui raccontate ci sono invece le esperienze di: Maurizio, Sofia e me (Amanda).

 

Le impressioni di Maurizio Motta*** 

Il mio quinto PRH (contando anche il Punk Rock Camp 2.1) si preannunciava attesissimo, perché primo festival completo dal 2017, e allo stesso tempo senza bombe clamorose, dato che tra i nomi grossi non c’erano grandi novità per me…
E invece, come ogni PRH, arrivi in fondo e ti dici: “devo tornarci ancora, no-matter-what!!”.
Nonostante le gravi perdite subite nel tempo (Strung Out, Bad Religion, H2O, Adolescents su tutti) la lineup rimane all’altezza. Tra i “grandi” nomi, mi hanno impressionato gli Interrupters, soprattutto per il salto di livello che han fatto rispetto a qualche anno fa, quando li vidi di spalla ai Bad Religion. Intendiamoci, non mi erano dispiaciuti…. Ma questa volta han portato lo show qualche spanna più su, sia tecnicamente che emotivamente. Chiaro che il “no transenne” del PRH ha amplificato questa cosa…
Sul main stage direi che non ha sfigurato nessuno, tra gli show migliori metto Get Dead (fanno lo stesso concerto sia davanti a 10 che a 3000 persone…. Mitici!), Bouncing Souls, Descendents e i soliti Lagwagon, che compensano la fase di parabola discendente della loro carriera con una scaletta non scontata (Wind In Your Sail, Smile e Failure!).

E’ stato molto curioso vedere finalmente i Circle Jerks: non sono tra le band storiche che capitano spesso nelle mie rotazioni musicali, a differenza dei (Black) FLAG visti qualche anno fa sempre al PRH, ma è stato comunque emozionante vedere e ascoltare il “film” diretto da Keith Morris, tra canzoni, aneddoti e storie…
Molti si sono lamentati della sua lingua lunga… ma rimango dell’idea che anche quello ha il suo fascino e che fa parte del pacchetto completo “Hermosa Beach HC – ‘80s”.
Al beach stage invece vincono su tutti i Make War (from NYC): era l’unica vera band per cui avevo delle aspettative e direi che non sono rimasto deluso! Se riescono a fare un concerto del genere senza nemmeno mettere in scaletta il loro pezzo migliore (American Futbol), significa che hanno fatto centro. Speriamo ritornino presto dalle nostre parti… magari con uno show in un club bello piccolino e accogliente ?

Guarda il video recap parte I

Pov: sei Sofia Cookie al PRH***

Parere numero X sul PunkRockHoliday2022! So che potevate fare a meno ma eccolo qui ha-ah!

Allora, premetto che al PRHPRH è la prima volta che partecipo, avevo il biglietto dal 2019 per l’edizione 2020 e bla bla bla (stessa storia già detta da tutti) nell’attesa avevo partecipato al PunkRockCamp ne ero rimasta entusiasta, ambiente divertente e caciarone, intimità con le band e presa bene con gli altri avventori.
Quest’anno la cosa si è ripetuta ma al quadrato: più gente, più amici, più band, più tutto. Tranne il fiume, meno acqua e più caldino, grazie emissioni di CO2.

Colgo la palla della retorica al balzo per parlare subito della prima band che mi è piaciuta: ho sempre preferito dire e fare la cosa giusta secondo me piuttosto che risultare simpatica a tutti, e penso che parzialmente il punk sia questo. Ecco perché Petrol Girls è stata una delle esibizioni da me preferite: machi, spostatevi! Il pit sta volta è per le ragazze e le persone queer. Anche solo per questo RISPETTO, inoltre il punk senza melodie facili e incazzato per davvero è la ragione per cui io esisto LOL.

Restando a tema gruppi con presenza femminile alta ho apprezzato tantissimo SPACED (stra consigliatimi da un mio amico tempo fa) che hanno fatto alzare nel pit uno spettacolo di povere alla MadMax.
Inoltre The Baboon Show, con delle sonorità un po’ vintage e una presenza scenica piuttosto stravagante, mi hanno molto colpito.

Parlando di gruppi storici direi che Lagwagon sono stati divertenti, ho fatto poco caso al fatto che Joey Cape non avesse più voce dopo 3 canzoni perché alla fine conta più se hai voglia di divertiti o se sei li per fare il critico di Sanremo. Inoltre subito dopo hanno suonato i Flogging Molly e mentre i miei compagni di viaggio sedevano esausti forse dalla giornata, forse dagli strumenti celtici, io ballavo da sola come una deficiente, 10/10 lo rifarei. Bello anche lo show degli Anti-Flag, meno bella la ragazza sbronza che continuava a saltarmi su i piedi ovunque mi mettessi.

Ovviamente nulla è stato paragonabile per me al live dei Circle Jerks, visto e vissuto esattamente sotto la cassa spia di Keith. Credevo che avrei dovuto lottare per la mia vita e invece il pubblico era molto meno di quel che io e altri due ragazzi “leggermente” presi bene per i CJ ci aspettavamo: punx dove siete? Siete wild in the streets di Tolmin? E’ vero, i CJ sono dei simpatici nonnetti e Keith ha raccontato una miriade di affari suoi/della band tra un 3-4 canzoni tiratissime una in fila all’altra, ma sono stati super per me, come avessero 40 anni di meno!

Ma voi siete qui per vedere le mie sinapsi andare a fuoco: Sofia, come sei sopravvissuta ai vari gruppi ska e pseudo ska? Ci sono 2 semplici trucchi, 1) sparire, non vogliatemene Mad Caddies, 2) idratarsi a modo e piazzarsi sotto palco per vedere che succede (mi sono divertita a vedere The Interrupters, lo devo ammettere!).

Mi spiace un po’ non aver visto gli Stagedive Suicide, band del beach stage, causa pioggia: l’area camping (e non solo) erano TAPPEZZATE di loro sticker, poster, flyer… A sto punto ero curiosa!

Ovviamente di band ce n’erano altre mille mila ma questo è un mini report, non una tesi di laurea e quindi ciao! 🙂

Shout out stile: sosia di Iggy Pop che girava con kilt e reggiseno in pizzo, ragazzo vestito da Patrick Star e quello che aveva la testa leopardata fuxia. Grazie PRH <3

Guarda il Video recap parte II

Rece onesta di Amanda Disa***

Premetto che scrivo come se stessi parlando con un amico/a.

Mentre mi occupo di montare i video recap del festival approfitto per  rielaborare ciò che è appena successo, mentre i ricordi sono ancora freschi.
L’adrenalina rimane alta: sarà che mancavo da parecchi anni a quello che pare essere uno dei/il miglior festival d’Europa (a dirlo fonti molto più autorevoli di me), che giunge alla sua decima edizione. Tralasciando confronti inutili, vorrei innanzitutto far capire a chi ci legge cosa rende tanto speciale questo festival.

Sicuramente è iconico il palco del main stage senza transenne, con la pedana per salire e buttarsi senza disturbare chi suona, che crea una connessione abbastanza unica con le band. Il fiume So?a che fa da cornice, ha sicuramente battezzato tutti con le sue acque fresche, dai gruppi ai partecipanti. PRH è anche e soprattutto la situazione: sempre qualcuno sottopalco, campeggio a modo, prezzi (abbastanza) accessibili, un chiaro e netto senso di comunità che ti circonda (anche quando i vicini di tenda fanno casino fino  alle 5 e tu vorresti solo dormire – mi dicono). Poi sicuramente una situazione concerti che non si vede tutti i giorni, tra fumogeni nel pit, security presa bene, bambini e persone in carrozzina che fanno stage diving.

Fine delle premesse, arriviamo all’edizione 2022.

Quest’anno decidiamo di viverci il festival con un pelo di serenità in più, senza mandati come press né l’obbligo morale di esserci ovunque in qualsiasi i momenti (che è un problema mio, ma credo di averlo risolto). E quindi ecco il mio parere sulle band che ho visto.

Migliori esibizione: The Interrupters. Che dire, impeccabili: mettono su un show da veri headliner, si vedono le ore passate in sala prove! Apprezzo molto anche la scaletta. Francamente era una vita che speravo di vederli al PRH, incredibile infatti come non ci fosse una sola persona ferma a seguire il concerto.
Seguono i Comeback Kid che hanno distrutto tutto, anche me, pazzeschi (guardare la diretta per credere). Sicuramente nella lista anche i Get Dead, che tengono il palco  e coinvolgono, mi hanno convinta nonostante mi aspettassi qualche pezzo old che non è arrivato. Chiudono gli Ignite, che nel giorno 0 erano semplicemente perfetti per aprire le danze e le invasioni di palco, che arrivano a Tolmin super carichi. A me il cantante nuovo piace molto, comunque.

Per la categoria “garanzie”, tra gli show che non deludono, ci metto Descendents (anche senza emulare il concerto commovente sotto l’acqua del 2016 – fanno una scaletta da paura e comandano sempre con la borraccia a tracolla). Bouncing Souls, che tirano in ballo sempre un sacco di cuore, ma soprattutto Anti-Flag: proprio quando pensi di averli visti mille volte e non poterne più, salgono sul palco e ti ricordano perché gli  hai sempre voluto bene.

Tra le nuove scoperte metto senza ombra di dubbio l’hardcore degli Spaced (teneteli d’occhio che questo nome tornerà); Make War (che non conoscevo e mi piacciono molto sia da disco che live per la loro freschezza); i Direct Hit, che vedo dal vivo per la prima volta, ed infine i Bike Age.

Che non ho considerato per niente, non me ne vogliate: Flogging Molly e The Real McKenzies.

Altre considerazioni oneste (la tocco pianissimo): Petrol Girls, con cui proprio non riesco ad entrare in sintonia, non mi hanno convinto: guardando l’esibizione ho trovato le canzoni un po’ senza capo né coda, nonostante i messaggi condivisibilissimi, qui mi sa che non ci capiamo. I Flatliners potenti come sempre, nonostante i pezzi nuovi abbassino drasticamente i giri. No Trigger avrei apprezzato letteralmente less talk e more rock  (non sei Keith Morris) ma hanno spaccato. Chaser  purtroppo, stante il  successo meritato dopo l’ultimo lavoro e gli anni di militanza,  sono delle mine dal vivo ma non riescono proprio a colpirmi e mi restano sullo sfondo.

Ciao!

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