C’è stato un tempo, ed erano trent’anni fa esatti, in cui il punk esplodeva in Inghilterra.
C’è stato qualcuno –nome di battesimo Gordon Matthew Sumner– che è partito da li, e se non ci credete potete guardarvi “La Grande Truffa del Rock’n Roll”, ed in compagnia di tali Andy Summers e Stewart Copeland è arrivato in cima al mondo della musica. Tempo di rimanerci un paio d’anni, in tour, e poi un “arrivederci” lunghissimo che per avverarsi ha dovuto aspettare 23 anni. Per farla breve, i Police si sono riformati all’inizio di quest’anno e sono ormai cinque mesi che collezionano sold out nelle più grandi arene/stati di America ed Europa. Stasera, tra l’altro compleanno di Sting, tocca all’Italia, e più precisamente a Torino ed al suo orripilante Stadio delle Alpi.
Piccola nota a margine: non è terribile pagare una cifra di tutto rispetto (nel mio caso quasi 60euro) e dover passare per due controlli in mezzo a recinzioni sormontate da filo spinato, cani e muri cosparsi di grasso? Io penso di si.
A riprendere la cronaca di una serata obbligatoriamente speciale si segnala una lunga coda, un parcheggio lontano un paio di chilometri e la conseguente perdita delle esibizioni dell’ensemble della Notte della Taranta –è Copeland ad averceli portati, avendo condiviso con loro più di un’esibizione– e dei Fiction Plane, ovvero la band in cui milita il figlio di Sting e che, a parte questo, non ha molto altro da offrire. Appena il tempo di arrivare sul prato, di guardarmi attorno ed ecco che partono le note marleyane di “Get Up, Stand Up” che fanno da preludio al vero inizio, una “Message in a Bottle” garbata ma graffiante che fa il suo sporco lavoro: tutti in delirio ad applaudire ed agitarsi.
Appare subito chiara a tutti una cosa, anche al sottoscritto che certo non è un Police-addicted: i ragazzi ci sono, e sono in forma. Perché se sulla tenuta del bassista ci potevi scommettere, su quella del batterista e, soprattutto, del chitarrista era rischioso lanciarsi in previsioni. Eppure Andy Summers, 64 anni, è in ottima forma: dimagrito rispetto alla premiazione dei Grammy –nella quale hanno dato l’annuncio di questo tour- si lancia senza soste sulla sua Stratocaster, e sembra divertirsi soprattutto quando gli altri due lasciano carta bianca alle sue invenzioni solistiche. Stewart Copeland gigioneggia dalla sua seggiola e regala ottime ritmiche, soprattutto nei pezzi tratti da “Synchronicity”in cui si diletta con xilofono e percussioni. Insomma, se stasera si fossero limitati a svolgere il compitini di un “greatest hits” live tutti saremmo usciti soddisfatti, ma ascoltando la nuova veste con cui sono tratteggiate “Don’t Stand so Close to Me” o “Roxanne”, solo per citarne un paio, allora capiamo che tutto questo affetto, 65.000 spettatori, ad oltre vent’anni dall’ultimo album in studio è ampiamente meritato.
Il finale scoppiettante di “Next to You”, forse quanto di più assimilabile al punk il gruppo abbia mai composto, a quasi due ore dall’inizio segnala la fine delle danze. Si esce da questa cattedrale del deserto con l’impressione di non aver buttato i propri soldi e con una promessa: la prossima volta che saremo qui o ci sarà un nuovo album per i Police o sarà per vedere la demolizione di questo obbrobbrio.