PLETYPUS: Bloody Mary

Quando sai suonare e ti fai un po’ di gavetta, arrivi quasi sempre a ottimi risultati. E’ il caso dei Pletypus, progetto musicale nato nel veronese alla fine degli anni 90 e autori di questo diretto “Bloody mary”.
Sonorità dure, ritmiche serrate, testi taglienti e molta energia, sono le prime cose che saltano all’occhio (o all’orecchio) al primo ascolto di questo lavoro, datato settembre 2005 e ottimamente prodotto.
La prima sberla è Secret Soul, brano punk molto tirato, che chiarisce subito le idee all’ascoltatore : “Stop talking/Scream more loud/jump around me/break you down…” ci fanno capire che non c’è posto per le sonorità da ragazzine.

L’attitudine punk si fa più rock n’roll : “My cat is a bad singer” (divertente il testo) e “Bloody mary”, canzone che da il titolo al disco,  alternano le chitarre violente e le ritmiche veloci a suoni più swingati, che a tratti ricordano gli Shandon e che coinvolgono parecchio l’ascoltatore. Si inzia a ballare davvero e la sezione ritmica si fa sentire: lo slappato di basso che introduce “A gost in my bad” è ben supportato dalla batteria di Pako e da tutti gli altri musicisti, che tirano fuori uno dei pezzi migliori del disco.
Le ritmiche e le chitarre punk rock tornano prepotentemente in scena in  “Harry the bollodshot”, prima che l’ insolita sveglia mattiniera di “06.00 am, wake up!” ci ributti nelle sonorità rock n’ roll, che sembrano piacere tanto al quartetto e che sconfinano di qua e di la, ora nello swing, ora nello ska core.

Non ci sono molte pause e il lavoro scorre via in fretta. “When I drink I’m deep inside” segue il filone tenuto fin’ora, così come “Under the train” che, dopo un bel inizio stoppato, cade un po’ nella banalità di un qualunque pezzo punk. Meglio sicuramente “Keep on rockin”, che introduce lo ska core ritmato e coinvolgente di “Elvis is alive”, senza dubbio il brano migliore di tutto il lavoro : testo geniale, riff di batteria davvero notevoli, voce aggressiva e chitarre di impatto, si mischiano in un’ottima song, che dura più di tre minuti e che non si può fare a meno di riascoltare.

“Stuck in the middle with you” (Stealers Wheel), insieme all’ironia dei rutti e delle grida finali, è una buona scelta per chiudere un lavoro più che positivo.
La band è forte, il sound che ne viene fuori è senza dubbio di ottima fattura e un’ultima nota di merito è per la grafica del cd: macchie di sangue molto pulp e simboli traditional come i dadi e il flut, danno quel tocco punk & rockabilly, che ben riassume lo spirito dei quattro ragazzi. 

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