Doppia recensione del primo album
“Le ultime dal suolo in alta fedeltà” è il primo disco solista di Paolo Gerson, ex frontman dell’omonima band meneghina, uscito a marzo 2019 per Maninalto! Records. Di seguito due punti di vista sull’album, a cura di Gabriele e Amanda dello staff di Punkadeka.
“A mio avviso questo è contemporaneamente un disco punk e il suo esatto opposto.
E’ punk nella sostanza, ovvero nell’intenzione di Paolo di fare solo ed esclusivamente il cazzo che vuole, senza sentirsi sulle spalle il peso di un passato ingombrante e senza sentirsi addosso il fiato di migliaia di fans che vogliono la nuova “Ottavio”. A tutto questo, lui, da vero artista dice “stocazzo” e fa esattamente quello che vuole lui: un disco NON punk. Arrangiamenti pop, archi, sintetizzatori, un andamento indie che piacer‡ ai giovani che non sanno niente del suo passato, arpeggioni, melodie ariose…tutti elementi che portano Paolo lontano dai “nostri” lidi, verso un futuro probabilmente luminoso.
C’è poco da dubitare: “Silenzio per favore” è Springsteen al 100%, la conclusiva “Tartarughe e Farfalle” sta esattamente a metà tra Lucio Dalla (!) e Vasco (!!), e ha un ritornello semplicemente irresistibile. Il fantasma di Vasco io lo vedo aleggiare qua là anche in altri pezzi, come “Domicilio confuso” e “Zero onde”…d’altronde secondo me Paolo si è semplicemente ricordato che per quanto siamo tutti cresciuti con Epitaph, Hellcat, Fat Wreck e Lookout in realtà siamo tutti italiani, e forse semplicemente si è stufato di parlare alla sua solita bolla di fans sfegatati, ha fatto pace col concetto di nazionalpopolare e ha tirato fuori quello che in senso assoluto per me è un grande disco. Certo, se ci si aspetta di pogare e urlare a squarciagola bisogna andare altrove…”
– di Gabriele Squillace
“Il disco solista di Paolo rappresenta sicuramente un momento di rottura e di crescita rispetto al percorso intrapreso con la mitologica band milanese, i Gerson.
Rottura, perché riesce a stravolgere -in positivo- le aspettative dei fan. Quello che si pensava sarebbe stato un prodotto simile, o perlomeno molto in linea, con quanto prodotto sino ad ora dalla band è invece un buon esempio di cantautorato italiano in chiave rock, che spiazza e colpisce. Sonorità diverse quindi, più calde, che accompagnano testi capaci di conservare la potenza comunicativa semplice ed efficace che da sempre lo caratterizzano.
Personalmente sono stata molto più contenta così: scoprire nuove sfumature di un artista che si rimette in gioco, reinventandosi e “mettendosi a nudo” in disco essenziale e piuttosto introspettivo.
Crescita, perché nonostante la forma sia la stessa, la sostanza è cambiata. Trovo che ci sia un velo di amarezza che accompagna tutto il disco, che sembra raccontare di una consapevolezza rispetto ad alcune situazioni che la vita ti mette davanti, col passare del tempo. A mio avviso queste emozioni vengono perfettamente trasmesse ed è facile immedesimarsi e “sentire” questo disco, sicuramente speciale per chi -come me- è sempre stato molto affezionato alla band.
Canzoni preferite: La conta dei danni, Silenzio per favore, Tartarughe e farfalle.”
– di Amanda Milan