Gli Ogun Ferraille suonano stoner/rock dal 2006 e nel loro genere hanno ormai un discreto seguito, sia per l’incessante attività live che per le loro collaborazioni illustri (una su tutte, ad esempio, quella con Fabio Magistrali del 2009). Prima di sentire questo disco li avevo già visti dal vivo un bel pò di volte e il loro sound spazia dalle esplosioni di rabbia più violente alle fasi più strutturate e soft.
Ci si può perdere nella calma apparente di alcuni brani, pur restando pervasi da quell’inquietudine ovattata che vive nell’attesa di un’esplosione di chitarroni fumanti e ruvidi. In questo “My Stalker doesnt love me” danno un pò il meglio di entrambi i “mondi” che convivono nella loro testa: è tutto chiaro, fin dai primi brani, i riff tra il Grunge e lo Stoner, la voce a tratti melodica a tratti urlata, e i testi in inglese assolutamente mai banali, uniti ad una bella creatività negli arrangiamenti che riempiono questo disco di spunti interessanti.
La qualità di registrazione suona (probabilmente anche per scelta stilistica) un pò “home”, con la batteria che suona a volte “sotto” rispetto agli altri strumenti. Le tessiture vocali riflettono l’andamento della musica oscillando tra il minimalismo e la complessità, sebbene alcune parentesi suonino meno convincenti di altre, vuoi per la pronuncia in inglese, vuoi per l’eq un pò mediosa e le dinamiche poco compresse. Verosimilmente, anche in questo caso, si tratta di una scelta stilistica, in cui la crudezza del messaggio si riflette nella crudezza dei suoni e nell’approccio violento, fisico agli strumenti, quasi da punkband. Le prima metà del disco è, per loro stessa ammissione, quella più dura e destrutturata, dalla bellissima apertura “Barney’s version” al corrosivo riff di “Candiru”.
Il registro strofa-ritornello in questi primi brani praticamente non esiste, e nel complesso si ha quasi la sensazione di essere davanti al racconto di un delirante viaggio mentale. Quando i tempi rallentano e le distorsioni iniziano a placarsi, iniziamo a vedere i primi spiragli di luce, nell’ottima cavalcata “Act of sorrow” o nel riuscitissimo video-singolo “Peter” in cui i 3 sembrano finalmente trovare una sorta di equilibrio instabile sulla follia del mondo circostante. Da segnalare anche “Sleeping with my ghost” in cui compare alle voci Christian Rosa dei GripWeed, a concludere degnamente un disegno maturo e complesso di quello che è il mondo di oggi in tutta la sua follia ed ambiguità.
TRACKLIST
1. Barney’s Version 2. Candiru 3. (Freeing You From) Heaviness Of Choice 4. Interrupted Speech 5. Act Of Sorrow 6. Peter 7. Sleeping With My Ghosts