Una frase del brano “Linewleum” sintetizza al meglio questo album, e forse anche l’intera carriera dei NoFX: “Credo di essere venuto a questo mondo per far incazzare la gente”. Amatissimi, odiatissimi, sempre polarizzanti da un estremo all’altro, eppure quasi mai indifferenti. Questo sono i NoFX, e anche stavolta ci tengono a dimostrarcelo. Con i testi, con le ritmiche e con le melodie, con i cambi di accordi che un attimo prima ti annoiano per la banalità e l’istante dopo sei in ginocchio in lacrime a riascoltare 200 volte lo stesso passaggio per coglierne ogni dettaglio.
Cosa si sono inventati per farci incazzare stavolta? Innanzitutto Fat Mike aveva in mente di pubblicare un doppio album e chiamarlo “Double Album”, ma non era soddisfatto di tutti i brani, e allora ha deciso di pubblicare un singolo album, da qui, appunto, il titolo “Single Album”.
E se la delusione parte già dal titolo, non ci vuole molto per passare ai fatti: il pezzo di apertura è a dir poco spiazzante: The Big Drag. Pochissimi accordi, ai limiti della noia in alcuni punti, su un pattern ritmico sbilenco e stortissimo, in cui ogni strofa ha una durata diversa dall’altra, il tutto scandito da una batteria e un basso enormi ed oscuri. Quasi impossibile da memorizzare, piatta eppure strana, diversa, complessa. La odio. La amo. Missione compiuta Mike, mi hai già fatto incazzare.
E’ un album cupo, e i temi affrontati lo riflettono, anche nelle buone “I love you more than i hate me”, e “Fuck Euphemism”, quest’ultima sul legittimo bisogno di chiunque di essere definito e rispettato come persona a prescindere dai gusti sessuali. E nonostante la componente musicale non particolarmente brillante, il tema Gender Pronouns è serio, attuale, e viene affrontato con la solita attitudine irriverente.
Con “Fish in a gun barrel” si vira su sonorità quasi DUB, eppure l’incrocio tra la voce e la chitarra, che sembrano quasi disallineate, sono molto convincenti e la rendono ben più interessante di quanto ci si aspetterebbe. Il testo nasce probabilmente dall’esigenza di prendere una posizione un pò più seria della battuta infelice sulla sparatoria in Texas che è costata alla band la brusca interruzione del Punk in Drublic Tour nel 2018.
Birmingham ci riporta agli stupendi incroci melodici e “maggiori” alla NoFX, tuttavia, anche in questo caso, è solo una pillola indorata, e il tema del testo è oscuro e ansiogeno: il pezzo racconta una nottata condita da droga, whiskey e binge watching di “Horace and Pete” con tanto di totale presa a male e riflessioni sull’uso e abuso.
Linewleum, invece, è una vera e propria dichiarazione di intenti: vogliono farci incazzare, e pur di farlo, sono disposti a storpiare il loro pezzo più amato e conosciuto, Linoleum. Dissacrare riesce bene, certo, ma Linoleum è un inno, mentre Linewleum, semplicemente, non lo è. E non bastano i fiammanti tapping degli Avenged Sevenfold per convincerci, nè le candide -solite- ammissioni di Fat Mike relative ai suoi gusti in tema di “bevande”.
La parte finale dell’album, se da un lato ci riserva due pezzi discreti ma trascurabili (My bro Cancervive Cancer e Doors and fours), dall’altro nasconde due perle, probabilmente gli episodi più convincenti dell’intero disco, che ci ricordano che i Nofx, se vogliono e quando vogliono, danno il giro a chiunque.
Grieve Soto, in cui Fattie esprime la propria tristezza per la morte di Steve Soto degli Adolescents, come sempre in modo molto irriverente “Ci sarebbero state molte meno persone a piangere se fossero morti Rikk, Alfie, Frank, Casey o Derek O Brien” (ovvero altri membri degli Adolescents). Ma quello è solo il punto di partenza, e si arriva ad un’auto-analisi su quello che è diventato il “personaggio” Fat Mike, stretto tra l’esigenza dell’apparire e quella dell’essere. La velocità c’è, gli stacchi ci sono, e sono bellissimi, spiazzanti, le melodie sono al posto giusto nel momento giusto. Certi cambi di tempo possono farli solo loro, e Smelly riesce a dimostrarsi ancora un gigante in quanto a tecnica e idee.
Stesso vale per la conclusiva “Your Last Resort”, che racconta probabilmente l’epilogo della storia tra Fat Mike e Soma. L’introduzione, che sembra uscita direttamente dall’ultimo disco di Cokie The Clown, era forse evitabile, anche visto che l’espediente “lungo intro piano e voce” l’abbiamo già sentito in più momenti. Ma quando la voce sale di tono, la batteria entra a spaccarti i timpani, e le chitarre si incendiano, beh non ce n’è per nessuno, i nostri sanno ancora decisamente il fatto loro. I riff di chitarra in alcuni momenti riportano addirittura alla mente l’attitudine metal di Ribbed, immortalata in pezzi come “Malachi Crunch”.
In definitiva, nonostante sia composto in gran parte da brani già pubblicati come singoli negli scorsi mesi, questo “Single Album” è un disco che si lascia ascoltare, alternando qualche momento forse deludente ad attimi di brivido autentico. Ovviamente non parliamo del nuovo Punk in Drublic, e Linewleum non è certo la nuova Linoleum. Anzi, forse in qualche momento si arriva a percepire la sensazione che alcuni pezzi siano stati scritti in maniera piuttosto frettolosa. So what?…Cosa c’è di strano? Come Fat Mike ha dichiarato di recente, anche Linoleum era un pezzo scritto in poco tempo, di getto, per raccontare di un amico della band, Mark Curry, che spesso dormiva sui pavimenti in Linoleum delle cucine degli amici.
Eppure nel ’94 quella canzone ha rappresentato per una intera generazione cosa significasse vivere il Punkrock. Contava forse che l’avesse scritta di getto, mentre imparavamo a memoria ogni singolo termine, ogni singola sfumatura di quel testo? NO. Noi immaginavamo che dietro ogni parola ci fosse un significato più grande, una metafora, una filosofia, un modo di vivere. E invece il significato, la magia, l’attitudine, ce li stavamo mettendo dentro noi, con la nostra interpretazione, con quello che Linoleum rappresentava in quel momento della nostra vita. I Nofx, dal canto loro, fondamentalmente, stanno solo continuando a fare quello che hanno sempre fatto. E non sono loro, ad essere invecchiati. Siamo noi.
Fuck yeah Totò!!
Concordo appieno con la conclusione.
La conclusione è vera, ma la differenza è che tra gli ultimi album dei Bad Religion, per citare una band storica, tra gli alti e i bassi, li ascolto volentieri, quelli dei Nofx da wolves in poi non mi dicono niente, questo compreso. Lo dico da vecchio fan dei nofx
in modo simile a Radio Crack, non mi ha detto davvero niente. Ho amato questa band, li ho visti 5 volte, comprai tutta la loro roba fino a “Wolves in Wolves Clothing”, a quel punto li abbandonai, anche se do sempre un ascolto alle loro nuove uscite. Niente. E’ come se dopo “The War on Erroirism” (a mio avviso il loro ultimo album valido, pur già mostrando qualche crepa) la sensibilità melodica, la freschezza, la spontaneità e tutto ciò che mi colpì di loro svanirono senza lasciar più traccia. Si, siamo invecchiati anche noi oggi. Ma loro, ahimè, tutto ciò è capitato già quasi 20 anni fa. In fin dei conti, è la vita…Quando mi torna la voglia, posso sempre rimettere su “Ribbed”, “White Trash”, “So Long and Thanks For all The Shoes” (forse il loro apice) e “The Decline”. E li ringrazio per questo.