NO USE FOR A NAME: Keep them confused

Questa recensione mi mette in una posizione abbastanza strana perchè questo album provoca in me sentimenti contrastanti soprattutto visto che mi trovo a parlare di una delle mie band preferite, una band grazie alla quale mi sono avvicinato a questa musica che da decenni ormai mi fa emozionare e riempie la mia vita.

La prima volta che ascoltai “Leche con Carne”, la prima released dei No Use For A Name su Fat Wreck, fu veramente un colpo di fulmine e mi “infatuai” all’istante di questa band che sapeva unire ottime melodie ad un sound molto potente ed energico. Da quel momento in poi non mi stancai mai di seguire questa band e giunti al “Live in a Dive” (il primo della fortunata serie della casa di Fat Mike), sebbene “More betterness” non mi abbia mai veramente convinto, mi innamorai pienamente della band. La loro esibizione all’Independent del 2002 poi fu un ulteriore colpo messo a segno dalla band nel mio cuore.

Dopo il “Live in a dive” venne “Hard Rock Bottom”, un album controverso che fece perdere alcuni vecchi fans alla band ma che ne fece acquistare parimenti di altri. “Keep them confused”, sembrerà alquanto retorico alle vostre orecchie, è per i No Use For A Name l’album della piena maturità. Ottime melodie (forse pure troppo) con ritmi coinvolgenti unite a testi molto più curati che ognuno può sentire propri andando la band a toccare i sentimenti più intimi e sinceri che ciascuno di noi custodisce gelosamente in un angolo del proprio cuore.

Artisticamente, sotto tutti i punti di vista, questo è il loro miglior album. “Keep them confused” riassume in se una lunga carriera che ha visto la band crescere qualitativamente andando però per certi versi a tagliere i ponti con le radici della loro carriera. Ormai il melodic hc delle prime canzoni è un lontano ricordo che purtroppo però genera in molti nostalgia e un pizzico di tristezza perchè sente quasi venire meno i più bei anni della propria vita. Sembrerà stupido ma per me anni fà (molti) tornare a casa e accendere lo stereo di casa dopo una lunga e noiosa giornata a scuola per sentire canzoni come “Justified black eye” o “Fields of agony” era una incredibile iniezione di gioia e vitalità.

Trovo che la band che compose “Leche con carne” non sia più, nel bene o nel male a seconda dei punti di vista, la medesima band che oggi ha inciso “Keep them confused”, album di puro pop/punk. Questo non lo addebiterei assolutamente ai cambi di line-up che hanno visto protagonisti Tony and friends ma bensì ad un intimo percorso artistico che ha intrapreso la band.

Con un pizzico di mestizia mi trovo ad affermare che molto probabilmente questo è il miglior album della band ma purtroppo non è quello che ami di più, non ha fatto scattare quella scintilla che anni fà accese in me, sebbene canzoni come “Part two”,”Bullets” e “It’s tragic” siano tra le migliori della loro ultra decennale carriera. Un album che a quelli della “mia generazione” , cresciuti a pane ed hardcore melodico, apprezzeranno con riserva ma che alle nuove leve che popolano (quasi esclusivamente) i club ove si suona punk gradiranno pienamente

Voto: dal 6 al 8 a seconda della vostra età e del vostro percorso musicale senza nulla togliere all’ottima fattura dell’album

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