Dopo aver sentito i termini più assurdi nel catalogare le nuove tendenze in campo hardcore, ci mancavano pure questi Modern Life Is War per creare nuovi dibattiti su cosa propongano realmente. Ma parliamo appunto di questa nuova band targata Reflections, etichetta dedita a scoprire le realtà più estreme e deliranti del circuito alternative mondiale (ascoltatevi una gemma inestimabile di genialità come “Canada songs” dei Daughters e capirete).
Disperazione, rabbia, frustrazione e deboli dosi di speranza, questo quanto contenuto in “My love, my way.”, un disco affascinante nella sua sofferenza, espressa al meglio dalla voce priva di grazia di Matt. Molta di questa negatività va cercata nella loro terra d’origine, l’Iowa, nota agli amanti della musica moderna per aver dato alla luce un’altra band di pazzi furiosi come gli Slipknot, guarda caso di Des Moines come i Modern Life Is War.
“Non vogliamo assolutamente essere presi per l’ennesima band dedita a proclamarsi hardcore style. Siamo un ibrido tentativo di distacco dal trend odierno”, parole forti ma sicuramente veritiere, in quanto musicalmente si pongono esattamente al centro tra la scuola hardcore vecchia maniera e quella più moderna tanto in voga oggi, nonostante fondino a meraviglia emozione e rabbia in stile Give Up The Ghost.
I brani godono di una registrazione ben riuscita, dove la voce prende spesso il sopravvento sulla musica dando vita a passaggi deliranti e privi di uno schema logico ma fottutamente intrigante. Cosa assai difficile è trovare un singolo episodio da menzionare, per il semplice fatto che i brani sembrano legati da un sottile filo conduttore che accompagna l’ascoltatore in questo affascinante viaggio. Analizzandoli vale la pena di citare nuovamente il termine ibrido, in quanto seppur dotati di una buona tecnica i musicisti in questione sembrano poco interessati ad andare oltre i reali fini di questo disco, vale a dire sputare in faccia all’ascoltatore tutta l’angoscia accumulata negli anni e qui espressa con passaggi sterili ed eleganti.
Caratteristiche che potrete cercare anche all’interno di un booklet sobrio e ben curato dove orologi e foto datate ne fanno da protagonisti. Cosa che farà sicuramente pensare male parecchi di voi, ma che non deve far passare inosservato il valore assoluto del lavoro è la sua durata, venticinque minuti per dieci brani ben fatti. Sarebbe interessante vederli su di un palco, cosa presto possibile se si vive al di fuori dell’Italia, visto che in estate faranno un tour che guarda caso esclude proprio il nostro Paese.
Quale guerra esistenziale stiano vivendo questi musicisti non potremo mai saperlo, ma sinceramente finché riusciranno a tramutarla in ottima musica è quasi superfluo chiederselo. Consigliatissimo!
Voto: 9
Tracklist:
01 Breaking the cycle; 02 Late bloomers; 03 Clarity; 04 War; 05 Self preservation; 06 By the sea;07 Yesterday s trash; 08 A tale of two cities; 09 Momentum; 10 First and ellen;