“Ci sono molti motivi buoni per formare una band e ancora di più per smettere. Di sicuro quando ci siamo incotrati per la prima volta, alla fine del ’94, non avremmo mai immaginato nè l’ una nè l’altra cosa. Età media: 15 anni. Da quel momento in poi è cambiata la nostra vita.”…
Nonostante siamo in contatto da molto tempo, questa è la prima intervista su Punkadeka… Raccontateci la vostra storia dall’inizio.
(Luca) La nostra storia ha inizio nel 1995. E’ principalmente quella di 4 persone che hanno scelto di suonare insieme per amicizia e che con la musica sono cresciute insieme. Ed anche per questo sono ancora qui, nel 2003 con un disco nuovo fuori, diversi concerti alle spalle e molti altri all’orizzonte.
Quali sono i cambiamenti che ci sono stati attorno ai Minnies dal 1995.
La “scena punk” di quando vi siete formati è uguale a quella di oggi?
(Luca) Quando abbiamo iniziato c’erano alcuni punti fermi imprescindibili. Band, etichette, posti di riferimento. La scena era apparentemente divisa tra punx, hardocorers, sXe, punkrockers. In realtà tutti si andava ai concerti di tutti. Il senso di comunità era più forte. Di riflesso l’attenzione sul movimento maggiore.
La differenza fondamentale rispetto ad oggi è che la gente si faceva più domande.
Si mettevano dei paletti. Suonare in un gruppo voleva dire prendere una posizione definita a partire dalle cose piccole come decidere dove e dove non suonare, a cose di maggiore importanza come orientare la propria vita al ritmo della propria musica. Tutto questo oggi non esiste più. Non so se sia un male o un bene. Di sicuro, la musica ne risente. Oggi è tutto più patinato, ma molto, molto meno personale.
E’ uscito da un pò di tempo “Un’estate al freddo”, perchè questo titolo?
(Luca) Il titolo ci è venuto in mente lo scorso inverno durante il tour di supporto ai Digger in Germania. C’erano 3 gradi sopra lo zero, ma per noi era estate piena! L’estate può essere una stagione, ma anche uno stato mentale. Una sensazione, come il caldo o il freddo. E se ci pensi, puoi vivere un’estate anche quando il termometro è sotto lo zero, o provare freddo quando fuori ci sono 35 gradi all’ombra. Tutto varia a seconda del momento, del proprio stato d’animo.
Provate ad invogliare i lettori all’acquisto…
(Luca) “Un’estate al freddo” non è propriamente un disco “di genere”. L’aspirazione è che possa essere ascoltato da chiunque. E soprattutto in qualsiasi momento. La mattina, andando a scuola, al lavoro, in macchina… Che possa essere canticchiato sotto la doccia. Ma che allo stesso tempo faccia riflettere. Perché di questi tempi ci vuole la gioia nel cuore, ma la testa lucida! … Se pensi che gli Smiths, i Samiam e dischi di tuo padre non abbiano niente in comune, “Un’estate al freddo” è la prova che ti sbagli di grosso.
Siete da poco tornati dal tour in Germania. Cosa potete raccontarci di interessante?
(Luca) La Germania è un sogno! C’è una scena immensa… bands, fanzines, squats e un sacco di persone coinvolte. La cosa che mi ha stupito di più è il rispetto e l’ammirazione che hanno per le vecchie bands italiane… Ti faccio un’esempio: nelle case dove abbiamo dormito durante il tour, rovistando tra i dischi delle persone che ci ospitavano, 9 volte su 10 ci trovavi i nostri classici… Kina, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards. In molti ci hanno chiesto che fine hanno fatto questi gruppi e perché le band italiane hanno smesso di girare… Il fatto che in Germania siano così legati al nostro passato è un aspetto positivo perché significa che quel suono, quelle persone hanno lasciato un segno. Un modo di intendere con la musica, la propria vita.
Il fatto che ci chiedano perché le band italiane OGGI non girino più fa riflettere… Guarda quanti gruppi esistono in Italia, ma quanti di questi gruppi, noi per primi, girano intorno alle stesse cose, aspirando, come punto di arrivo, a pubblicare un cd, a partecipare a una compilation, a suonare qualche concerto, senza capire che quello dovrebbe essere solo il punto di partenza… senza consapevolezza, senza curiosità. Ogni gruppo invece dovrebbe salire sul proprio furgone e cominciare a girare, a suonare in giro, guardandosi attorno.
Qual’è stato il concerto che non dimenticherete mai?
(Dani) In generale quello dei Guns’n’Roses al Delle Alpi di Torino!
Per quanto riguarda i Minnie’s, sono tanti i concerti a cui siamo legati, e non sempre siamo concordi tra noi nel considerare la resa uno stesso show.
Ogni concerto è un’esperienza intensa (e sudaticcia) in cui diversi fattori hanno importanza, ma e’ la situazione personale di ognuno di noi a determinare la propria soddisfazione.
Ci sono stati concerti con 10 persone in cui noi abbiamo dato proprio tutto e in cui si è creato un tale feeling col pubblico, da risultare indimenticabili, così come i concertoni da mille persone, come al Forte Prenestino a Roma con i Satanic Surfers, che fai fatica a non ricordare con emozione!
E poi ancora posti senza palco, grandi come una stanza (anzi, dentro la stanza di una casa) che quando ci suoni, diventano delle feste così come i concerti sui palchi superfighi e tecnicamente eccellenti che ricordi con piacere!
Ma credo di parlare a nome di tutti dicendoti che in cima alla top ten ci sia una data, per noi davvero epica, a Zeitz, un paesino della Germania dell’est dove abbiamo suonato lo scorso novembre e un recentissimo concerto a Casarano, in Salento.
Stesso spirito, gran voglia di Rock’n’roll e davvero belle persone!
Soprattutto non mi ricordo pressochè alcun concerto che non sia finito in alcolismo dilagante, quindi mettendo a dura prova la memoria (e la guida)…
Avete suonato con band del calibro di Satanic Surfers, Strung Out, Terrorgruppe, Murphy’s Law… Con quali avete avuto il miglior rapporto, come sono giù dal palco?
(Dani) Guarda… In realtà una distinzione tra le band statunitensi e le altre l’ho avvertita.
Non è una regola o un pregiudizio, ma in generale, gli americani sono più sostenuti e più discreti.
E questo lo dico anche per l’esperienza al Bulk e in Hard Staff, avendo conosciuto decine e decine di band.
A me colpirono molto gli Shelter, sicuramente perchè era il primo concerto grosso che organizzavo (non ti dico lo sbattimento) e perchè era la prima band davvero grossa con cui suonavamo.
Mi sembravano di un altro pianeta. Invece sono stati molto gentili e hanno accettato tranquillamente tutte le mancanze “strutturali” del Bulk (e comunque hanno suonato davanti a 3000 persone!).
Per quanto mi riguarda, sul podio, salgono a parimerito Satanic Surfers, Terrorgruppe e Murphy’s Law… grandi! ( E anche se non ci abbiamo mai suonato insieme posso dirti che i Burning Heads e ancora di più gli Hot Water Music, sono davvero delle persone speciali, capaci di creare un rapporto umano anche nei 5 minuti che hanno a disposizione per parlare con gli organizzatori del concerto e coi ragazzi del pubblico).
Ultimamente molte band da sempre caratterizzate da un sound potente e incazzato si stanno lasciando andare a sonorità più “emo”… Cosa ne pensate?
(Dani) Ho il terrore che l’Indie ci seppellirà tutti! Scherzi a parte, è che il problema non sta tanto nelle sonorità, quanto nell’atteggiamento. Una band può, anzi deve evolvere il proprio suono anche modificandolo, ma questa, deve essere sempre una spinta che viene da dentro, non dal trend. Ed è inequivocabile che adesso il trend sia proprio direzionato verso l’Indie, termine che sinceramente preferisco ad emo. E i conti sono presto fatti…
Noi rimaniamo legati al Rock’n’Roll, sempre pronti a muovere melodie o ritmi a seconda dell’influsso di quello che ci circonda, ma dopo averlo sentito dentro di noi.
Voi vi definite Emo-core?
(Luca) Non ci abbiamo mai pensato davvero… 3 anni fa suonavamo un pezzo come “Per la Fine” e ci dicevano che facevamo hardcore melodico, ora ci dicono che è un pezzo “emocore”. In fondo una canzone è una canzone: o è bella o è brutta. Il resto è superfluo.
Quali sono le vostre principali influenze musicali?
(Dani) In questo momento preciso sto ascoltando J.Lo, figurati…
(Luca) Posso dirti che sono molto legato a tutta la musica inglese che va dai primi anni ’80 ai primi ’90, Smiths, Jam, Housemartins. Più tutti i primi dischi della Creation, Adorable, The Boo Radleys, Teenage Fanclub e Swervedriver… E poi tutto il catalgo SST, se ci pensi l’unico capace di mettere insieme band tanto diverse ma tutte fondamentali come Black Flag, Minutemen, Descendents, Hüsker Dü, Dinosaur Jr. Sonic Youth, Bad Brains, Buffalo Tom!
Siete legati al Deposito Bulk di Milano. Com’è gestire (o collaborare) con un centro sociale con un governo come il nostro?
(Dani) Noi abbiamo pressochè fatto la programmazione del Bulk degli ultimi 3 anni.
Non solo programmazione di serate.
Adesso ci stiamo prendendo un periodo di riflessione. Fare attività politica è molto impegnativo, perchè ti prende nella testa e nel corpo. Regala emozioni fortissime come dolori tremendi. Il punto sta nel trovare un equilibrio nella bilancia tra soddisfazioni e delusioni, tra quanto sei TU a essere a determinare in quello che stai facendo e quanto sono gli altri intorno a te a condividere il tuo stesso desiderio. In realtà questo governo è tale da essere un’ottimo nemico, facilmente riconoscibile e identificabile, palesemente schierato e quindi più facile da combattere.
I c.s non godranno mai di percorsi comuni con le istituzioni (non sempre…) perchè vivono di sogni e desideri, che la società non si può permettere.
Quindi un governo come questo è sì un nemico più duro e ostile, ma allo stesso tempo più becero e quindi facilmente attaccabile.
Avete progetti in ballo?
(Dani) Diventare delle Rock Star, innanzitutto.
Poi trovare una distribuzione per il disco nuovo e preparare un Ep durante l’inverno.
Ma soprattutto stiamo mettendo in piedi un tour europeo per la primavera del 2004 e ti assicuro che per una band punk-rock italiana, non è per nulla facile trovare 25/30 date in giro per l’Europa. Anche se per molti versi, può essere più dura trovarne 7/8 in Italia di fila.
Abbiamo ancora da imparare tanto e andare in giro per i palchi stranieri è sicuramente un ottimo esercizio!