Mi han presentato Maria Cervi un 25 aprile a Campegine, ai “Campi Rossi” dove lei ha passato la sua vita. L’ho intervistata impreparato ed impacciato, ed il risultato credo sia qui a dimostrarlo…
…Una volta registrata l’ho accantonata, ed è finita in un cassetto. Poi un giorno improvvisa è arrivata la notizia della sua morte, ed io mi son chiesto se potevo far qualcosa per ricordarla. Quella stessa persona mi ha detto “hai un’intervista sua, usala”. Aveva ragione.
Ecco, questo è un mio piccolo contributo alla memoria del 25 aprile, della Resistenza e della guerra civile che ha insanguinato l’Italia. Tutti l’hanno fatto meglio di me, ma questo l’ho fatto io. Anzi, l’ha fatto Maria. Io son solo una staffetta.
Che significato ha per lei il 25 aprile?
Mi riporta subito alla mente il 25 aprile del 1945. Avevo dieci anni, ed avevamo alle spalle tutta la guerra, l’arresto e la fucilazione dei nostri uomini, di mio padre Antenore e di tutti i suoi fratelli, la perdita di mia nonna che aveva vissuto per dieci mesi la disperazione per la fucilazione ed il nuovo incendio alla nostra casa. Ma nonostante tutto, nonostante anche le sparatorie che si susseguivano, abbiamo sempre continuato ad aiutare la resistenza, ad ospitare rifugiati e a dar da mangiare a chi ne aveva bisogno. Capitava spesso che ci dicevano “ma continuate ancora nonostante tutto quello che vi è successo?” e la nostra risposta era che proprio per questo continuavamo, cos’altro potevano farci che non era già stato fatto?
Come ricorda i giorni che precedettero la Liberazione?
Furono giorni davvero molto tesi. I tedeschi in ritirata passavano spesso da questa strada perché portava al Po, ed ogni mezz’ora bussavano alla porta urlando e sbraitando per chiedere da mangiare, da bere ma anche biciclette. Se non si apriva la porta partivano anche i colpi di rivoltella. Noi piccoli eravamo nascosti nel sottotetto (l’attuale secondo piano) per esser protetti, ma eravamo impauriti così come lo erano le nostre madri.
La mattina del 25 aprile finalmente venne un partigiano e disse a mia mamma che era finita. Fu una liberazione nel vero senso della parola, anche se poi quando facemmo la sfilata per le vie del paese e, con le bandiere vidi anche le foto di mio padre e dei suoi fratelli non seppi se esser contenta o triste per la sorte capitata alla mia famiglia.
Il significato di questa festa è cambiato per lei nel corso degli anni?
Nel tempo per me il 25 aprile ha assunto il significato del ricordo della conquista della libertà, una libertà che è poi goduta da tutti. Anche chi all’epoca non stette dalla parte dei ribelli, anche chi addirittura li avversava, ha goduto di questo diritto conquistato con il sangue. Le angherie, le sopraffazioni e le morti sono cessate per tutti, non solo per chi aveva preso parte alla guerriglia. Sarà banale dirlo, ma ogni tanto sembra che ci si dimentichi proprio di questo dettaglio così importante.
Lei porta del rancore nei confronti di chi le ha tolto così tanto?
No, e questa è stata anche la lezione di mio nonno, che fin quando ha potuto ha sempre detto che non toccava a noi la giustizia. Ha sempre chiesto giustizia, mai vendetta. Nei giorni immediatamente successivi alla guerra qualcuno ebbe la tentazione di vendicare nel sangue le morti dei fratelli Cervi, ma mio nonno ha sempre detto che l’unica cosa da fare era consegnare i delinquenti alla giustizia, ed io ho cercato per tutta la mia vita di non portare rancore nei confronti di nessuno.
Non le da’ fastidio tutta questa campagna sulla Resistenza e le violenze ad essa correlate?
Mi da’ fastidio, anche perché non si riesce nemmeno stavolta a far chiarezza. Finire una guerra non è come chiudere un rubinetto. Vent’anni di offese, di umiliazioni, di privazioni, tre anni di fame lasciano il segno. Ci sono genitori che si trovavano coi bambini che piangevano per la fame e non sapevano cosa fare. Certe cose bisogna provare a capirle, ed allora tutto quello che è successo dopo non diventa giustificabile, ma certamente è comprensibile. Non è il caso di strumentalizzare queste cose. Tante volte si prende lo spunto da un episodio per ribaltare la prospettiva e questo è inaccettabile.
Oggi vedo che sono venuti a trovarvi molti giovani. Immagino vi faccia piacere…
Si, moltissimo. Sono cose come queste che mi danno la sensazione che non tutto quello per cui abbiamo lottato sia andato perduto. Mi fa piacere sapere che la storia dei Cervi non è dimenticata, e c’è chi la ricorda con sentimento. Vedere a casa nostra i giovani mangiare fianco a fianco con un reduce o un padre di famiglia mi fa davvero piacere, soprattutto in un periodo come questo dove certi valori vengono sempre messi in discussione o subiscono tentativi di revisione.