MANU CHAO: Radiolina

Cominciamo subito mettendo le cose in chiaro: molti storceranno il naso a vedere Manu Chao su Punkadeka, visto che non si tratta di un artista strettamente punk, e nella musica che suona il punk è solo una piccola parte del tutto; molti lo identificano come la bandiera del movimento no-global, il portavoce dei poveri del mondo, dei diseredati, degli ultimi, e via discorrendo.
Sicuramente questo titolo se l’è meritato in anni di militanza nei leggendari Mano Negra, una band che anche all’apice del suo successo planetario non esitava a suonare in centri sociali, baretti del quartiere a luci rosse di Parigi (Pigalle), o in posti sperduti nel buco del culo dell’amazzonia solo per portare la loro musica appunto agli ultimi, ai poveri, ai diseredati e a chi non ha mai sentito parlare di punk, ska e di rock’n’roll in generale. Poi con la sua carriera solista sono arrivati i tormentoni di King of the bongo e Clandestino, che l’han fatto odiare dall’ala più intransigente del movimento e amare dai fighetti che vanno a ballare il merengue il giovedì sera…a me personalmente tutto questo non interessa: ho sempre trovato Manu Chao un artista intelligente, dotato di una creatività fuori dal normale, capace di ribaltare 70.000 persone con un live set energico e distruttivo, quindi eccovi qua la recensione del suo nuovo album: La Radiolina.

Questo album arriva dopo il volutamente semi-sconosciuto Siberie m’etait comtèe (distribuito solo in Francia), e vede il ritorno di Chao alla sua figura classica di comunicatore globale; musicalmente si perde un po’ il classico andamento reggae degli scorsi album, ci si avvicina più a un rock “chitarristico”, meno fiati, meno fronzoli e atmosfere che richiamano i gloriosi Mano Negra, specialmente nella opener 13 dias, con quella chitarra superveloce o nella esaltante Besoin de la lune sicuro punto di forza dei prossimi live shows.

In Mala fama compare Roy Paci che ricambia il favore fattogli da Manu Chao nel tormentone estivo di Toda joia, toda beleza, in A Cosa, canta in italiano in coppia col mitico Tonino Carotone, suo amico e collaboratore di vecchia data, nella countryeggiante Tristeza maleza se la prende apertamente con Bush (poteva essere altrimenti?) e ne La vida tombola esalta la figura di Maradona con un pezzo flamenco che sembra uscito dritto da Puta’s Fever dei Mano Negra.

A 46 anni ottimamente portati il giovane Manu Chao ritorna per scaldare gli animi e per far ballare mezzo mondo sulle note eterne della patchanka che lui stesso ha inventato coi Mano Negra prima, coi Radio Bemba adesso, il mio consiglio è di aprire la mente, fregarsene delle polemiche legate al personaggio e lasciar parlare solo ciò che conta: la musica. E ovviamente di andare a vederlo dal vivo…attualmente uno dei concerti più coinvolgenti che abbia mai visto.

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