Live Report & Photo del Road to Bay Fest Descendents, Neck Deep, Fernandhell…

Attesissimi da anni sul grande palco del Bay Fest, i Descendents arrivano finalmente a Igea Marina per la data del “Road to Bay Fest”… Una data in pieno giugno che anticipa i tre caldi giorni che ci aspettano ad agosto con Alkaline Trio, Less Than Jake, Satanic Surfer, Millencolin, Naska e tanti altri.

Impossibile mancare… E nonostante qualche tribolazione dell’ultimo minuto riesco ad esserci.

Ad aprire questa data Jack dei Still no one con il suo progetto solista “According to Jack”. Accompagnato per l’occasione dal compagno di band Giacomo Facco, ai ragazzi spetta il compito di allietare i primi arrivati al Beky Bay, molti dei quali reduci da una giornata al mare e alla ricerca di un cono d’ombra sotto il palco o di una bibita ghiacciata al bar. Il compito non è facile, ma i due ragazzi riescono a catturare l’attenzione dei presenti con uno stile musicale che si rifà tantissimo al punk pop californiano, ma in chiave più intima e minimale e perfettamente adatta all’ora del tardo pomeriggio. Allo stesso tempo per Jack è l’occasione giusta anche per presentare il nuovo singolo “Reason to exist” che dà il nome all’ep appena pubblicato, e di cui vi suggerisco l’ascolto.

A iniziare a scaldare il pubblico spazio subito ai Fernandhell di cui sinceramente non avevo mai sentito parlare fino alla loro apparizione sul cartellone del Bay Fest. Chiedendo in giro info su di loro scopro che alla voce c’è Livio Montarese (fondatore dei Peawees) che porta avanti questo progetto già da un paio di anni. La band, che richiama sotto il palco diversi curiosi, presenta un solido punk fatto di riff grezzi e influenzato da un’indie rock che decisamente si allontana dai miei gusti personali e dall’atmosfera californiana che mi aspettavo di trovare tra mare e palco, tra Descendents e Neck Deep. Finisco così per il perdermi sul fondo del pit tra una chiacchiera, un abbraccio e l’attesa di partecipare in modo rovinoso (come al solito) a un giro di ruota al gioco di Sarapunka ideato e gestito dall’amico Warholsss a cui nessuno sembra volersi sottrarre.

E cosi, senza manco accorgermene con il sole che ormai è quasi tramontato del tutto, sul palco son saliti i Neck Deep che con meno di due canzoni incendiano il palco e fanno scatenare i giovanissimi presenti nel pit. La band gallese di chiara scuola Blink che cavalca l’onda revival punk del primo decennio degli anni 2000 si scatena sul palco trascinata dallo carismatico Ben Barlow. Un ora in cui davvero non manca nulla: pogo, cirle pit, crowdsurfing, singalong: insomma tutto quello che ti aspetteresti di trovare a una festa in spiaggia in California. Forse mancavano le ragazze in bikini sul palco e i i coriandoli sparati dai cannoni sul finire, ma davvero forti loro, seppur io forse con qualche anno in più resto al limite del pit commentando con amici la prestazione della band più che soddisfacente e in grado di convincere anche i più boomers.

E arriviamo finalmente ai Descendents, i più attesi della giornata. Sulle 22:30 si abbassa la musica del dj set e si parte subito a mille con “Feel This”. Manco il tempo di capire come e in che modo sono già su in aria a volare al di là delle ringhiere, con la piacevole sorpresa di essere afferrato dagli omini della security che forse per la prima volta qui al Bay Fest sanno davvero quello che si deve fare: impegnati non poco da lì alla fine a salvarci schiena e testa da tuffi e voli di ogni tipo, riusciranno a rendere indimenticabile la serata per molte teste scatenate. I Descendents dal canto loro snocciolano una dopo l’altro pezzi come “Hope”, “Silly girl”, “I like food” e “On Paper”, solo per citarne alcuni. Concedendosi pochissime pause, giusto quelle per rifiatare, la band californiana sa bene come tenere vivo il pubblico tra pezzi più recenti e pezzi più datati in un giusto mix che non ammette distrazioni e tiene viva l’adrenalina. Il pubblico in visibilio poga forte con “Everything sux”, e vola sulle note di “Victim of me”, “Nothing With You” e “Without Love”. Scendono alcune gocce di pioggia, ma non saranno certo quelle a intimorire un pubblico completamente catturato da Milo e soci che vanno a pescare dai vecchi album pezzi come “My age”, “When I get old”, “Coolidge”, “Coffee Mug”, “I don’t want to grow up”, “Thank you” e “Suburban Home”. Con “Smile” sembrano chiudere lo show dopo circa un ora e un quarto, ma c’è l’encore finale con “Good Good Things”, “Global Probing”, “Grudge” e per finire un immancabile “Get the Time” con la quale Milo da appuntamento a presto, forse già il prossimo anno.

Per le foto ci siamo affidati agli scatti dell’amica fotografa Elena Vandi, sicuri che a distanza di qualche settimana sapranno riaccendere le emozioni della serata che abbiam passato in quello del Beky Bay.

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