L’intervista agli Across: dall’album Blackout ai progetti futuri

Dalla Calabria con furore…Across!

Il nuovo album “Blackout” è un ulteriore passo in avanti per gli Across, che hanno inserito elementi nuovi nelle proprie sonorità e hanno scritto un album hardcore punk sulla scia della tradizione italiana come pochi ne escono ormai.

L’intervista esclusiva di Epidemic Records per Punkadeka!

La vostra evoluzione sonora da influenze Dark, New Wave e Crossover presenti sul vostro album precedente a sonorità tipiche dell’Hardcore Punk degli anni ’90 è evidente in “Blackout”, il vostro ultimissimo album, uscito da poco. Quali sono stati i principali fattori che vi hanno spinto verso questa direzione musicale?

Innanzitutto, un saluto e un grazie alla redazione di Punkadeka per lo spazio. Il nostro nuovo lavoro “Blackout” è un disco che segue più fili conduttori, alcuni dei quali erano presenti anche nel precedente “Darkcore”. In alcuni brani come ad esempio La Palude, Le Nuvole ed Immagini Artificiali, che sono stati i primi ad essere composti e arrangiati, permane quella patina Dark sia nel sound che nei testi. Gli altri brani, invece, tendono in gran parte a discostarsi da queste atmosfere, in quanto scritti con l’intento di dare un pugno nello stomaco dell’ascoltatore – chiaramente in senso metaforico – per poi entrare direttamente nel cuore. Un’intenzione che diventa possibile solo se si è diretti e accessibili a tuttx, anche e soprattutto nel linguaggio. D’altronde, a quarant’anni suonati fa piacere se un tuo brano diventa un anthem cantato anche dai più giovani. Più in generale, le sonorità Hardcore Punk (in particolare quelle di chiara matrice anni novanta) sono sempre state il filo conduttore della nostra produzione e il trait d’union delle influenze di ciascuno di noi, per cui è venuto abbastanza naturale prendere questa direzione, anche in virtù del difficile periodo vissuto durante la pandemia, un momento buio che si è trasformato in un’occasione per affilare, velocizzare e rendere più tagliente il nostro sound.

“Blackout” affronta tematiche sociali più rilevanti rispetto ai vostri lavori precedenti. Potete approfondire su quali sono le tematiche principali trattate nell’album e cosa vi ha ispirato a esplorarle? Ci sono temi ricorrenti oppure avete fissato cose e pensieri man mano che venivano senza curarvi troppo di una possibile continuità di concetti lungo la durata dell’album?

“Blackout” non nasce come un concept album né noi abbiamo la presunzione di chiamarlo e considerarlo tale, anche perché è stato scritto in maniera molto istintiva, fotografando quello che ci succedeva nella vita quotidiana. Indubbiamente ci sono dei brani che viaggiano sullo stesso binario concettuale. Partendo da Hillsborough – il singolo che ha anticipato l’uscita – che fa capire in maniera metaforica ma senza mezzi termini quanto si possa essere incazzati con le dinamiche svilenti e soffocanti del mondo e della società attuale, inizia un percorso di vita legato al ricordo della giovinezza (Un Altro Treno) e alla gabbia mentale delle dipendenze (Blackout); un sentiero a volte scosceso e impervio che si conclude con un brano evocativo come Viv, scritto per commemorare Vivienne Westwood genitrice del Punk negli anni settanta e attivista contro i mali del mondo fino alla fine dei suoi giorni. Forse il brano più toccante a livello emotivo, in quanto ognuno di noi potrebbe intravederci una madre che non c’è più, o un’amica con la quale ci si è persi.

Il titolo “Blackout” evoca immagini suggestive di oscurità e introspezione. Come si riflette questo tema nel vostro processo creativo e nel vostro approccio alla composizione musicale?

Il significato che abbiamo attribuito a “Blackout” è quello della contraddizione… Spesso la luce si spegne quando il cervello è ancora abbagliato, macina pensieri e ti fa prendere decisioni sconvenienti e spesso dannose. Nel nostro processo creativo e compositivo l’introspezione c’era prima e c’è ancora; e per quanto ci piaccia essere consapevoli e consci del messaggio che vogliamo trasmettere, questo approccio più personale e introspettivo fa sì che ognuno possa cucirsi addosso il significato di ogni verso e canzone.

Avete dichiarato che “Blackout” vuole rappresentare le lotte e le battaglie della vita quotidiana. Come credete che la vostra musica possa essere un veicolo per trasmettere messaggi di resistenza e consapevolezza sociale anche nella quotidianità delle piccole (e grandi) cose della vita di ognuno?

Citando in parte gli amici pugliesi Carne (saluti!) siamo convinti che oggi più che mai l’Hardcore Punk possa essere ancora una minaccia per l’esistente grigio e piatto al quale ci impongono di arrenderci, chinando la testa e abituandoci alla rinuncia. “Blackout” vuole sì rappresentare le lotte e le battaglie quotidiane, ma non usa approcci sloganistici né fortemente politicizzati per trasmettere questa intenzione; piuttosto, pensiamo che parlare di sensazioni ed esperienze di vita che accomunano la nostra generazione, sia di per sé un modo molto personale di dire “siamo ancora qui, nonostante tutto”, dunque di esercitare una forma di resistenza e insofferenza nei confronti di ciò che ci circonda. In che modo? Ovviamente attraverso microfono, strumenti e tupa-tupa!

L’album include una versione acustica di un brano del vostro split con i Meat for Dogs, con la partecipazione di Sergio Milani dei Kina. Qual è stata l’esperienza di collaborare con una figura così iconica della scena punk italiana e come ritenete che abbia arricchito il vostro lavoro?

Preannuncio che tutti noi siamo dei fan dei Kina e che anche molte delle nostre atmosfere sono chiaramente ispirate a loro; anche per questo consideriamo questa esperienza come unica ed assolutamente “formativa”. Il nostro chitarrista Luca è in contatto con Sergio da anni e, mentre tenevamo nel cassetto i brani poi apparsi sullo split con gli amici Meat For Dogs – registrati subito dopo il primo lockdown, a maggio 2020, ma pubblicati solo due anni dopo – fu naturale chiedergli di ascoltare l’inedito Didascalia e darci un parere. Il brano gli interessò e piacque tanto da proporci di tirare su questa cosa della versione acustica, tant’è che all’inizio quasi stentammo a crederci ma rispondemmo subito in modo affermativo e sempre Luca si organizzò per raggiungerlo e lavorare assieme a lui ad arrangiamento e registrazione. Immagina la reazione di tutti noi… Fummo super felici ed orgogliosi! Dopodiché, durante il mixaggio del nuovo “Blackout” decidemmo che era ora di fare uscire questa cosa allo scoperto includendola nella scaletta del disco – nonostante il piglio prettamente Hardcore Punk di cui abbiamo già parlato – una scelta, secondo noi, doverosa ma per nulla forzata, in quanto convinti che si potesse sposare bene con il resto dei brani. Il valore che l’intervento di Sergio dà al disco è infatti assolutamente unico: non abbiamo scelto di collaborare con uno qualunque, abbiamo scelto una persona che ancora oggi ha tanto da dire e offrire, oltre a vivere il Punk in maniera assolutamente libera… come dovrebbe essere!

“Blackout” segna un ritorno della Calabria sulla mappa della scena italiana attraverso collaborazioni nel mondo underground e Do It Yourself. Qual è il vostro giudizio sulla vitalità della scena hardcore punk nel Sud Italia e quali sfide affronta?

Beh, per quanto faccia fatica a parlare di scena – un termine forse troppo abusato che perde di significato constatando il progressivo e inesorabile venire meno dei valori di reciprocità e mutuo aiuto che sottende – non si può negare che, nonostante le solite difficoltà, oggi il circuito Hardcore Punk del sud Italia si è dimostrato essere uno dei più attivi e propositivi, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione di concerti, eventi e iniziative. Da Cosenza a Bari, passando per Taranto, Napoli, Reggio Calabria, Catania e Palermo, esiste una rete di persone che tenta di cooperare in maniera costruttiva e la maggior parte delle volte ci riesce, trasformando i limiti in punti di forza e le difficoltà territoriali in particolarità che arricchiscono le pratiche. Le sfide sono le solite: poco ricambio generazionale, trattandosi di territori di emigrazione e città di provincia, così come la distanza dai grandi centri e l’esigua presenza di spazi in cui fare cose del genere; ma come dicevo forse è proprio questo limite che stimola a non darsi mai per vinti, a mettere in pratica il D.I.Y. sia per volontà che per necessità fattive. Sentirete ancora parlare tanto del Meridione Punk Hardcore!

Il lyric video di “Uragano” accompagna l’uscita dell’album. Quanto ritenete che l’aspetto visual ed estetico di un progetto musicale come il vostro riesce nell’esprimere la vostra visione comunicativa?

Esattamente, il lyric video di Uragano accompagna l’uscita del disco con una serie di immagini che vengono rispolverate dagli archivi storici dell’Hardcore Punk degli ottanta; questo perché, vivere e suonare questa musica e il “movimento” che ci sta attorno vuol dire continuare ad alimentarne la forza dirompente e implacabile che si porta dietro, proprio come un uragano che “non si può fermare”! Riguardo all’aspetto visual, invece, riteniamo che per un gruppo come il nostro (ma come per la maggior parte dei gruppi del nostro genere) sia ormai fondamentale, non solo per attirare l’attenzione, ma per rafforzare le atmosfere e i messaggi che si vogliono far trapelare. Non è un caso che fin dall’inizio il progetto Across ha dato sempre un occhio di riguardo alla produzione di videoclip, spesso a budget ridotti ma non per questo fatti male, e potete farvene un’idea andandovi a cercare sul Tubo i singoli delle nostre vecchie uscite. Può essere superfluo, ma non in questo caso, sottolineare come l’aspetto live sia altrettanto, se non di più, fondamentale per una band come la nostra. Questa musica devi suonarla a tutto volume e “buttarci il sangue”, come si dice dalle nostre parti, sennò non vale!

Cosa combinerete nei prossimi mesi, ora che “Blackout” è uscito?

In concomitanza con l’uscita del primo singolo e dell’album stesso, abbiamo fatto una decina di date che potremmo definire di release, in particolare al centro e nord Italia, suonando anche in situazioni e spazi “di culto” in cui non eravamo ancora stati come band (fra tutti il CPA Fi-Sud e il mitico El Paso Occupato di Torino). La metà di queste date, per fortuna, le abbiamo fatte con i dischi in vinile in mano e dunque con la possibilità di farli girare quasi fin da subito. Ci piace suonare in giro e nonostante la distanza riusciamo comunque ad organizzarci grazie anche alle realtà che in Italia ancora oggi permettono che questa cosa accada. Faremo una seconda tranche di date in autunno e inverno a cui stiamo già lavorando – ma siamo anche disponibili per festival e show estivi – che inizieranno con il release casalingo dell’album previsto per i primi di settembre a Cosenza. Nello stesso periodo abbiamo previsto di girare il videoclip di un pezzo del disco a cui siamo molto legati e che ci piace molto, con la certezza che stia piacendo molto anche a chi ci legge e ci ascolta (indovinate voi di quale stiamo parlando). Per il resto, anche se spesso a distanza, siamo già impegnati a scrivere nuovo materiale e, inutile negarlo, uno dei nostri pallini resta l’intenzione di organizzare un po’ di date fuori dai confini nazionali, impresa non semplicissima considerando tempistiche e distanze, ma sicuramente non impossibile. Ce la mettiamo tutta!

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