L’intervista a Toby Jag per i 20 anni di RED SCARE INDUSTRIES a Las Vegas

Ultimo capitolo degli speciali di Punkadeka realizzati durante il viaggio on the road negli States, sulle tracce del punk rock californiano. Per i 25 anni infatti ho realizzato una serie di interviste e approfondimenti (vedi Nofx parte I, parte II, Epitaph e Punk Rock Museum) che puoi leggere qui sul nostro sito. Proprio durante quest’ultima tappa, ci siamo dati appuntamento con Toby Jag (@redscaretoby), fondatore e punto di riferimento di Red Scare Industries, di cui vi abbiamo più volte parlato.

Incontriamo Toby e Brendan Kelly (The Lawrence Arms, The Falcon, Red Scare) proprio a Las Vegas in occasione del 20esimo anniversario dell’etichetta, dove sono previste due serate di concerti e un allestimento speciale presso il Punk Rock Museum (con tour guidati, tatuaggi e cocktail dedicati, come vedrai nelle foto qui sotto). Si festeggia anche con la consueta compilation di Red Scare Industries, “20 Years of Dreaming and Scheming” in uscita ogni 5 anni al loro compleanno: assolutamente consigliata visto la qualità del materiale e la presenza di brani inediti di Dead To Me, Nothington, Laura Jane Grace, The Menzingers e molti altri! Ne parleremo a breve.

*Spoiler: il Brendan Kelly’s Shitty Margarita era spaziale!
**Secondo spoiler: purtroppo al concerto non siamo riusciti ad arrivare e ci siamo persi, tra gli altri, i Copyrights. :’)

Dopo il tour guidato del museo, condotto da Brendan e in compagnia di Toby, ci sediamo al tavolo a fare quattro chiacchiere.

Ciao Toby! È davvero un piacere fare questa chiacchierata con te. Partiamo! 20 anni di impegno nella promozione del punk rock, pare senza compromessi. Come vi sentite in questo momento?
20 anni è tanto tempo! È bello, come tutte le cose indipendenti: siamo un’etichetta punk indipendente e si sa, in genere queste non durano molto. Oggi è dura, l’ “economia della musica” è difficile, noi siamo stati fortunati perché abbiamo avuto alcune band che hanno avuto successo e sono riuscite a rimanere a galla ma so perfettamente che non è per tutti così.

La maggior parte delle entrate arrivano dai servizi di streaming e ho notato che ultimamente stanno cambiando i loro modelli di pagamento. Prendi Spotify: ha smesso di pagare le piccole band e in un certo senso sembra che questo modello sia “truccato” per giocare a loro sfavore. Sono orgoglioso di dire che come Red Scare abbiamo sempre pagato le nostre royalties due volte all’anno e puntualmente, ogni band è sempre aggiornata sull’andamento delle cose!
(…) Sai, noi siamo qui a Las Vegas, ci stiamo divertendo tutti, è fantastico. Gli show sono belli, il museo è super ma è un momento un po’ duro per le piccole realtà indipendenti, è sempre stato così questo settore. L’industria musicale è come il crimine organizzato.

Piccola pausa: Toby prende la sua borraccia e chiede uno shot di vodka. “Just, we don’t need to pause this. This is a good part of the interview. This is the interview where Toby gets a drink from Adam. This is Adam.” dei Good Friend, mi dice sorridendo. “I’m going to put my soda in there. Thanks, buddy”

Ecco, i Good Friends sono il tipo di band influenzata da questo tipo di merda and it sucks. È difficile rimanere ottimisti. Parlare di soldi non è punk, giusto? A chi importa? Ma per riuscire a fare musica e andare in tour servono i soldi per la benzina e tutto quel genere di cose: sta diventando sempre più difficile da sostenere.

Quindi, sono ottimista? Non particolarmente, alla fine è nostro compito assicurarci che le band riescano a fare musica portandola in giro per il mondo. Ancora, come Red Scare siamo stati fortunati con band di successo ma io amo anche le band che non lo sono: questi siamo noi.

“The music economy is grim. How do you say grim in italian?”. 

In quanto etichetta punk rock indipendente cosa guida le vostre scelte artistiche? Si tratta ancora di investire in “brave persone con belle canzoni” come dici in alcune interviste?
Quindi hai fatto i compiti! A me e Brendan piace lavorare “with people who are cool”, è così che dovresti fare in ogni tipo di business alla fine. Se vedi una band e pensi wow questi figli di puttana si odiano, beh non penso abbiano molto futuro. È una scelta sensata lavorare con persone in sintonia tra loro e che funzionano insieme, chiaramente è impossibile che vadano tutti d’accordo sempre. Penso che avendo con noi più di 50 band, la ricetta funzioni abbastanza bene e che resti il modo migliore di fare le cose.

Lo so, non è etico perché “il punk è essenzialmente nichilista e autodistruttivo” e tutto quel genere di merda. Ma sai, non sono sicuro che fosse quello che i Clash o i Dead Kennedys avevano in mente...essere così dei completi fuck-ups. Quindi sì, per rispondere alla tua domanda cerchiamo di trovare persone equilibrate e di talento per portare avanti il loro progetto, con tutte le difficoltà e il lavoro che serve per poterlo realizzare.

20 anni sono tanti, hai deciso di festeggiare come siete soliti fare, ovvero con una compilation di 17 brani inediti, anche di band come i Nothington… un sogno per noi fan! Come riuscite a mettere insieme tutto questo ogni volta? Deve avere a che fare per forza con il sentirsi a proprio agio o in buoni rapporti con te e la tua etichetta… no?
Sì, ci piace coinvolgere queste band che si sono sciolte: i Nothington non sono più una band, gli Holy Mess neanche, i Cobra Skulls non pubblicavano una canzone da 12 anni e li abbiamo convinti. Mhh, siamo tutti amici qui.

Onestamente penso abbia che fare con il fatto che, tipo, paghiamo ancora tutte le nostre band. Questo aiuta, siamo ancora in contatto, le paghiamo ancora. Costruiamo sicuramente un rapporto con le persone, penso sia importante, mi piace, sono estroverso e anche questo aiuta: non sto dicendo che sono la persona più simpatica del mondo ma mi interessano gli esseri umani e cose del genere. Lo siamo tutti, anche Brendan.
Quando chiedi a una band che si è sciolta (vuoi per pensare al lavoro o alla propria famiglia) di tornare, penso sia un grande favore che gli fai, come per i Nothington. Ognuno sta seguendo il proprio percorso creativo altrove ma è stato bello che siano tornati e l’abbiano fatto. Voglio dire, non so se pensano di doverci un favore, ma è anche una cosa bella essere in questa compilation con un sacco di buone band, siamo amici (…).

C’è questa band, i Lippies. Il chitarrista si è tolto la vita uno o due anni fa, storia molto triste. Noi però avevamo ancora questo progetto e un paio di canzoni che abbiamo inserito, un bellissimo modo di rendergli omaggio. Ogni band ha una sua storia diversa e quello che stiamo cercando di fare è documentare questa roba. Ed è stato difficile sai, abbiamo rifiutato un sacco di band per questa compilation. Brendan ha dovuto dire di no ai Wondering Birds, non è stato facile per lui. Non potevamo far entrare tutti e fa schifo, però dai, tutti erano super cool nel partecipare a questo progetto.

Non è facile mettere 17 band in una compilation, ma all’inizio quando hai queste idee pensi: sarà fantastico, facciamolo ogni 5 anni, sembra una buona idea! E lo è. Ti dico una cosa che non ho detto a nessuno. Se Devon dei Cobra Skulls fosse qui……abbiamo sbagliato il nome della loro canzone. Era troppo complicato! Ma alla fine siamo riusciti a sistemarlo in qualche modo. Meno male, altrimenti ne avrei sentito parlare per sempre, mi fa sapere ogni volta che non è contento.

Red Scare in alcuni casi può essere considerata una “rampa di lancio” per band che poi finiscono per firmare con altre major. Hai detto più volte che non è un dramma, anzi, è qualcosa di collegato all’obiettivo di promuovere questa musica. È lo stesso anche adesso? Di quale di queste storie siete più orgogliosi?
Sì, lo so. Bene, ecco il punto: lavoriamo con i nostri amici, vogliamo che abbiano successo e questo a volte significa hey, dovresti andare avanti con Epitaph ed è fantastico. Vogliamo che i Menzingers siano i migliori Menzingers che possono essere. Una parte di me diventa un po’ verklempt, è una parola tedesca per cui puoi essere un po’ triste o nostalgico.

(…) C’è questa band, i The Falcon. Sono più gradi di tutte queste band e hanno sempre fatto la loro parte su Red Scare: ci sono alcuni gruppi che pensano che questo sia il posto giusto per loro. Come i The Broke Downs, che suonano stasera: c’è chi non aspira a nuotare nei fiumi di Epitaph, come anche gli Elway, contenti di trovarsi in Red Scare.

Alcune band vogliono piacere al grande pubblico, noi li incoraggiamo a farlo. Ovviamente si mantiene anche una relazione, i gruppi tornano, partecipano alla compilation (come i Menzingers), suonano ai nostri show (come i Sincere Engineers). Possiamo ancora collaborare, siamo sempre noi. Non so, non capisco neanche perché deve esserci questo concetto di “proprietà” su una band in ogni caso. Abbiamo questa nomea, che è un po’ come fare parte di una famiglia.

Conosciamo questo concetto, siamo attivi da tanti anni (quest’anno 25!) e Punkadeka non è il nostro lavoro, è una nostra passione.
E cosa si dice in questi casi? Lavoro d’amore.

Toby, il tuo percorso inizia con Fat Wreck per poi proseguire a Chicago. Puoi raccontarci un po’ di retroscena? Cosa è successo e perché hai deciso di andartene?
Lavoravo per Fat, sì, è così che ho iniziato: ero uno stagista e gestivo il sito, mi occupavo di copywriting – ero davvero felice. La cosa bella della Fat all’epoca è che molte persone persone stavano provando e sperimentando, come i ragazzi dei Dead To Me che hanno fondato la band oppure i Western Addiction. Il mio compito era supportare questi gruppi, come i Falcon o i Teenage Bottlerocket: quella era una specie di cosa mia e mi piaceva tantissimo.

Non hanno mai cercato di essere territoriali tipo “no, devi essere creativo solo qui”, in Fat c’era questa sorta di atmosfera positiva riguardo al fare le proprie cose e seguire i propri progetti. So che Mike era deluso quando abbiamo preso i Lillingtons, lui ama i Lillingtons. E alla fine se ne sono andati, sono stati attratti da Fat. Non c’è nessuna bad vibes, abbiamo lavorato insieme per la maggior parte del tempo positivamente, in modo salutare. Però sì, ho creato questa etichetta mentre lavoravo ancora lì, che è strano, sì, qualcuno direbbe conflitto di interessi.

In questo viaggio stiamo raccogliendo un po’ di storie, abbiamo avuto la possibilità anche di confrontarci con Sue Lucarelli, presidentessa di Epitaph, per mettere meglio a fuoco le specificità di questo sound punk rock californiano. Puoi dirci secondo te cosa lo caratterizza e come si differenzia da altre realtà come ad esempio da Chicago? 
Penso che il tipico Punk Rock californiano sia probabilmente influenzato diciamo dagli “sport d’azione”, so che sembra stupido, ma lo skateboard, il surf, il motocross e roba del genere è ad alta energia e adrenalina. Voglio dire bisogna guardare alla sua nascita, noi diremmo con i Bad Religion o i Descendents. In realtà se dovessi indovinare onestamente direi grazie ai Beach Boys: per me è da dove è partito tutto.  Cioè, guarda, guarda la California così soleggiata e allegra, probabilmente è nato così.
Chicago ha in sé un sacco di disperazione (e l’alcol lo alimenta). Voglio dire, guarda una band come i Dillinger 4, punk rock band d’eccellenza del Midwest, così come i Lawrence Arms, i Copyrights, i Brokedowns. I loro temi sono più oscuri, pesanti.

Come gli Alkaline Trio.
Esatto. Anche perché per metà dell’anno si gela, letteralmente. Ho sempre vissuto a Chicago ma non ce l’ho più fatta proprio per questo. Ciò si riflette sulla musica? Penso di sì. Vuol dire che il clima è la differenza tra il punk della California e del Midwest? penso di no.
Da quelle parti l’etica del lavoro è motivo di grande orgoglio, questo sicuramente traspare, mentre le persone pensano alla California come appariscente e legata all’industria dell’intrattenimento.

Quindi hai queste band, come i Blink 182, che sembrano non avere nessuna preoccupazione al mondo. Mentra nel Midwest, prendi gli Alkaline Trio, pare che invece li abbiano addosso tutti, i problemi del mondo.

Domande veloci. Dimmi una band che avresti sempre desiderato fare con Red Scare e non sei mai riuscito.
Facilissimo, i Randy dalla Svezia, una delle mie band preferite al mondo. Randy…se ci state leggendo non è tropo tardi, possiamo ancora farlo. Il loro messaggio, la musica: perfetti per Red Scare.

Dicci una band che non è molto conosciuta nel mercato europeo che varrebbe la pena ascoltare.
Beh, tutte le band di Red Scare! È davvero una buona domanda, ci provo. Un esempio potrebbe essere Adam e i Good Friends: sono una band dell’Irlanda del Nord ed è molto difficile per loro suonare, non so perché, inoltre gli inglesi sembrano quasi rifiutarle. Non sto dicendo che c’entri qualcosa la politica, ma è difficile per loro fare progressi. Band incredibile, con ottimi show negli States ma che fanno fatica ad impattare in Europa e in Inghilterra. Ma sono ancora giovani, è solo il primo album! Magari con il prossimo avranno la loro occasione.

Ultima domanda, che mi sono persa parlando prima: da cosa deriva il logo Red Scare e tutta la vostra iconografia, così forte e facilmente identificabile?
Diciamo che è una specie di omaggio, un tributo alla scuola che ho frequentato. Sono andato all’Università della California, a Berkeley, che è considerata un’istituzione molto progressista negli Stati Uniti. È una specie di sinonimo di movimento di sinistra, nello specifico legato al movimento per la libertà di parola, che è partito da lì.
Inoltre, vengo dalla scuola del punk rock di sinistra dei Dead Kennedys, Stiff Little Fingers, Clash e quel genere di merda. Quindi è proprio un tributo a questo.
Il logo stesso è dell’IWW, International Workers of the World: provengo da una famiglia sindacalizzata, mio padre era un americano di prima generazione ed era un sindacalista, è un po’ un insieme di tutte queste cose. Sai, io personalmente sono un socialista. Penso a una band come Randy, sai, una band di sinistra che parla di solidarietà e socialismo: in generale ciò non significa che tutte le 50 band dell’etichetta lo siano ma

Non ci sono Trumpers in Red Scare, per dirla in questo modo.

Ringraziamo Toby per il tempo che ci ha dedicato!
Un grazie speciale anche a Cuzzo Lillians e a tutti gli amici che ci hanno dato qualche spunto per l’intervista (sapete chi siete).

Foto e intervista di Amanda Milan

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