Esce sotto Bad Taste il primo disco solista di Karl Larsson, cantante degli emo-punk svedesi “Last Days of April” un disco dolce e pressoché totalmente acustico che segue la scia dei vari Nikola Sarcevic (Millencolin) o del più blasonato Chris Carabba nel suo pariodo Dashboard Confessional: progetti di musica calma ed introspettiva caratterizzata da ritmiche semplici e un massiccio uso di chitarre acustiche e melodie pop.
In ogni progetto di questo tipo il rischio principale è senza dubbio quello di scadere nella banalità e anche in questo caso, nonostante la cura dei suoni sia degna di nota e la realizzazione ottima, la varietà e la fantasia in ambito compositivo risultano abbastanza carenti.
La musica di Karl Larsson è un connubio di chitarre acustiche o distorsioni blande accompagnate da ritmiche leggere, spesso di tamburello o di batteria rarefatta e solo in rare eccezioni l’intensità sale con canzoni dai suoni vagamente più incisivi.
Ora, il punto è che se l’obiettivo è quello di puntare su musica cantautorale ben fatta e che abbia delle caratteristiche che lasciano il segno dal punto di vista emotivo questo disco fallisce nei suoi intenti, ma rimane comunque un buon tentativo di “cavarsela da solo” di Karl in ambiti mai affrontati in modo diretto dal suo gruppo.
Il disco parte con i pezzi più soft e d’atmosfera per poi crescere lentamente in canzoni dai toni vagamente più indie-rock, caratterizzate da ritmiche più marcate e chitarre semidistorte che arricchiscono il risultato finale.
La timbrica nasale e tremula del cantato unita alla scelta di melodie malinconiche funziona perché è coinvolgente sebbene di certo questa non sia una scelta unica nel suo genere.
I testi risultano semplici e diretti e focalizzano su una semplice e realistica veduta del mondo in cui viviamo, con una vena di malinconia ma senza abbandonare la speranza.
/I guess you dig a bit too deepAnd there are things I want to keepFor myselfSo I head toward the doorWithout telling you what for./
Testi semplici e diretti che non pongono un grande divario concettuale tra chi vorrà impararli a memoria e chi si accontenterà di un comunissimo “/la la la…” /
I pezzi che rimangono maggiormente impressi, probabilmente a causa di melodie più ispirata rispetto al resto del disco sono la prima “/(I wanna know) all of you know/” e “/Found half, lost all/” in cui si scorgono reminescenze del ben piu famoso e commercialmente acclamato Conor Oberst (Bright Eyes) sebbene il signor Karl debba farne di strada per acquisirne anche solo la minima parte del suo stile e del suo carisma.
In conclusione si tratta di un disco che si confonde con estrema facilità nel marasma di produzioni emo-acustiche / indierock leggere et similia.
Mi domando cosa spinga molti artisti con un discreto successo a ricercare strade “alternative” nella banalità invece che nella ricerca di uno stile proprio, ma forse è un mio limite nel concepire la musica come forma d’arte e non di ulteriore introiti economici basati sul creare un prodotto che metta d’accordo la maggior parte della gente in modo che si possa vendere di più.
Tracklist
1.(I Wanna Know) All You Know2.Off The Cliff3.Is It Cold In Here?4.Stalker5.Devil’s Strings6.Found Half, Lost All7.Lion’s Escape8.Wind In Tree9.Do You Know My Name?