JULIETTE LEWIS

“L’istrionica Juliette è un autentico animale da palcoscenico ed era bellissimo vederla sorridere a dimostrazione di come fosse lei la prima a divertirsi per quello che stava facendo, e questa è a mio giudizio una componente fondamentale per la buona riuscita di uno show, rock and roll ci aveva promesso e rock and roll è stato, di quelli cazzuti, adrenalici e sudati.”

 

 

JULIETTE AND THE LICKS + quit your dayjob

Settedicembreduemilacinque – Estragon (Bologna)

Sveglia alle 6.20, solite sette ore di treno in compagnia dell’amica Vall e di una bottiglia di Borghetti e finalmente si arriva in quel di Bologna, ovviamente con anticipo mostruoso rispetto all’inizio del concerto. L’Estragon è da tutt’altra parte della città ma riesco ad arrivare puntuale per intervistare Juliette, che senza trucco non è proprio un bijoux ma si dimostra davvero disponibile. Assisto alle prove e finite quelle iniziano alcune delle ore più noiose della mia vita su cui non vale la pena spendere altre parole. Per le nove e mezza finalmente aprono le porte e la gente inizia ad accalcarsi riempiendo totalmente il locale. Ambiente abbastanza variegato, affianco a me ritrovo un metallaro gigante, il sosia del cantante degli Angelic Upstarts e un incrocio tra Frankie Hi NRG e il rag.Filini in un tripudio di Converse, pins ed altri accessori fashionpanc.

 

Puntualissimi alle 10.15 salgono sul palco i Quite your dayjob (www.quityourdayjob.org), trio svedese (chitarra batteria e tastiera) dedito ad un synthpunk decisamente fuori di testa, la loro influenza principale sono senza alcun dubbio i Devo ma dal vivo ci mettono una furia che mi ha ricordato i Locust, visti sullo stesso palco un anno e mezzo prima. Nella mezz’ora a disposizione danno davvero il meglio, i pezzi sono coinvolgenti ed i tre pazzoidi son belli da vedere oltre che da sentire, dei veri show men soprattutto il tastierista che non sta fermo un attimo e scende anche dal palco per stamparmi un bacio in fronte. Eseguono circa quindici brani tra cui le hits "Look! a dollar" e la bellissima "Vlado Video", canzone con il video più low budget della storia (il tastierista entra in una videoteca e chiede ai presenti quale sia il loro film preferito, tutto qua).

 

Un quarto d’ora d’attesa e salgono sul palco i "Lecchini", iniziano a far vibrare gli strumenti preparando l’entrata di Juliette, vestita con uno strano costume giallo/nero con tanto di ginocchiere da pallavolista e stivali bianchi;  esordisce dicendo "Are you ready for a rock n roll show?" e sticazzi se ero pronto, essendo arrivato 7 ore prima al locale…Si parte con "Shelter you needs" ed il pubblico impazzisce all’istante, convincendo la mia amica ad abbandonare la prima fila in cerca di una postazione più sicura, scelta infelice perchè il locale era pieno all’inverosimile e dietro non si stava meglio che avanti.  I paragoni con Iggy Pop non sono casuali, Juliette sembra essere nata per stare sul palco, caricata al massimo, si agita senza sosta trasmettendo la sua energia al pubblico ed esaltando le capacità della sua band (il chitarrista tralaltro suonava negli H2O).

 

 

Altri due brani tratti dall’EP "Like a bolt of lightning" ("20 years old" e "Comin Around") poi si abbassano le luci e parte il suggestivo intro di "I Never Got To Tell You What I Wanted To", le luci si abbassano ancora e l’Estragon rimane nel buio totale..gli addetti si mettono subito al lavoro e in men che non si dica ritorna la corrente e la band può riprendere l’esibizione. Ma non con quella canzone, Juliette parla con la band e decidono di proporre a questo punto un pezzo nuovo, dall’atmosfere molto seventies prima di riprovare con "I never got..", questa volta non ci sono intoppi, la canzone è di per sè bellissima e dal vivo assume contorni emozionanti. Dopo aver toccato il nostro animo emomelodico Juliette fa saltare nuovamente il locale con "Got love to kill" finita la quale chiede "Do you like Van Halen?" e parte il celebre riff di "ain’t talking about love", eseguita in versione molto più r’n’r. Si susseguono poi "American Boy", "Pray for the band Latoya", "7th sign" ed un altro brano inedito di cui sinceramente non ricordo molto. Si conclude con "So amazing", un sano e genuino punk rock che fa ancora una volta scatenare i circa 800 presenti, o meglio è una finta conclusione visto che in ogni concerto che si rispetti il gruppo non può non fingere di andarsene per poi ritornare a gran voce sul palco. Ed il finale è di quelli che si ricordano con "You’re speaking my language" e la cover di "Search and destroy" di Iggy and the Stooges.

 

Il tutto è durato circa un ora ed il giudizio finale non può che essere positivo; l’istrionica Juliette è un autentico animale da palcoscenico ed era bellissimo vederla sorridere a dimostrazione di come fosse lei la prima a divertirsi per quello che stava facendo, e questa è a mio giudizio una componente fondamentale per la buona riuscita di uno show, rock and roll ci aveva promesso e rock and roll è stato, di quelli cazzuti, adrenalici e sudati. Un ultimo sorso di Borghetti e si ritorna in stazione (grazie a Serena ed al suo amico palermitano per il passaggio e a Chiara per la compagnia) dove ovviamente il treno ha un ora di ritardo..le ferrovie dello stato non sono Rock.

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