Tra poco saliranno sul palco del Punk In Drublic in tutta Europa condividendo il palco con band come NoFX, Pennywise, Ignite. A pochi giorni dal nuovo EP “Insert Coin”, abbiamo conversato con Tomaso che a cuore aperto ci ha parlato delle inquietudini quotidiane, di Amici di Maria de Filippi, dell’attesa di condividere il palco con Pennywise e NoFX e di come forse non ne usciremo migliori.
Finalmente! Fuori dalle palle quelle chitarre acustiche che dopo due anni di pandemia abbiamo voglia di tornare a sudare sotto i palchi. Talco Maskerade è stata una bella parentesi ma ora ritorniamo a fare i seri ok Tomaso? Come è stato appendere la chitarra acustica al chiodo e tornare a pestare duro?
Diciamo che più che appesa è in panchina per quel che riguarda il live, ma sto mi comunque portando avanti col lavoro. È stato impegnativo tornare in elettrico, con un EP da registrare inter nos e un concerto in Messico così di botta, ma meglio lanciarsi subito in un gradito shock per essere pronti.
Maskerade è stato fondamentale, per noi fare una sosta, seppur forzata, ha dato respiro a livello promozionale per i tour. All’inizio del 2020 ero esaurito, non staccavo la testa dai Talco da 10 anni, a furia di correre di qua e di là a cercare di far sì che la spia della benzina non si accendesse. Fortunatamente non si è mai accesa per il progetto, ma ahimè si era accesa per me: sentivo troppe responsabilità sul groppone, non mi riconoscevo più nella mia passione, volevo davvero mollare tutto e dedicarmi ad altre cose che, con tour continui a cui dovevi dare esclusività non solo lavorativa ma anche di vita sociale, non potevi conseguire.
In un contesto simile non è facile comprendere l’ansia dall’esterno…credo sia il destino di solitudine di chi lavora per un sogno e, senza mai aver voluto quel ruolo, finisce per esserne il “leader”. In pandemia ho pensato spesso di chiudere con questo progetto, perché desideravo dedicarmi a qualcosa che avevo lasciato in sospeso, come il libro di Silent Town, o una sceneggiatura di un musical da teatro con pezzi acustici inediti. Mi dirai, che ci azzecchi con queste cose, che scrivi canzoni punk da vent’anni? È proprio il bisogno di sentirmi inadeguato che mi spinge a sfide fuori da una comfort zone. In quel momento, a seguito di una serie di coincidenze, 6-7 canzoni sono confluite in un progetto che ci desse la possibilità di suonare in questi due anni difficili per lo spettacolo, che abbiamo chiamato Maskerade. E sono rinato…mi ha ricaricato le pile e fatto capire che la colpa della mia ansia, non era la musica o i Talco, ma la mia incapacità di volermi bene e calibrare lavoro, tempo e passione in base alle mie esigenze.
Poco prima della pandemia abbiamo registrato credo il disco più energico dei Talco da quando abbiamo iniziato a suonare (Videogame), da cui traspare rabbia e paura. Durante il lockdown siamo usciti con un album su un ritrovato equilibrio (Locktown). E a breve usciremo con un Insert Coin, in cui facciamo confluire la voglia di ripartire con la salvaguardia di quell’equilibrio, uniti al bisogno di uscire dalla nostra comfort zone, ideologica e personale. Si raccoglie quello che si semina.
Con un disco pronto ormai da due anni, avete deciso di tornare con un EP di 5 canzoni. Per la prima volta poi vi siete occupati di tutto, dall’idea al mixaggio in “casa” nel vostro studio. Come è andata questa volta completamente DIY?
È stato magico, alcuni di noi erano comunque appassionati e intrigati del ruolo di tecnico del suono da un po’ di tempo a questa parte. Credo che entro la fine dell’anno aprirò, se tutto va bene, uno studio. Diciamo che avrei voluto sputtanare il mio già imbarazzante conto in banca gradualmente ma le esigenze del momento richiedevano una bella spesa imminente.
Abbiamo unito le forze, Nicola ci ha accolti nel suo Nano Studio e, come per Locktown, ci siamo registrati e mixati da soli questo EP, con strumentazione, come ti dicevo, appena comprata che ci ha aiutato a provare ad alzare l’asticella rispetto all’anno precedente. Sono molto contento del risultato, anche perché le cose fatte inter nos, sono quelle in cui la soddisfazione risulta maggiore, grazie al fatto che ci sentiamo partecipi in prima persona del nostro destino.
La copertina è un tributo ad uno dei tuoi grandi miti, Dylan Dog. Come è nata questa idea?
È un’idea in realtà nata da molti anni, ma solo ora è stata realizzata. Il punto di partenza è sempre stato “Quanto mi piacerebbe un giorno fare un copertina a la Dylan Dog”, come se fosse impossibile. Davvero non ti so dire perché ci abbia messo così tanto tempo a veder concretizzato un desiderio, in un certo senso, a portata di mano da molto tempo. Paolo Antiga ha disegnato la copertina, è stato davvero bravissimo e super-professionale. E Tonello, il nostro ex tastierista, ha concluso il quadretto co un booklet fighissimo totalmente ispirato al formato del fumetto.
Ho comprato il primo numero di Dylan Dog nel ’93, “I Killer Venuti Dal Buio”, inedito numero 78. Il calendario della mia età che avanza è scandito dai Dylan Dog e ne sono pure fiero! È stato il mio primo approccio ad educare la mente al fatto che l’immaginazione fosse un terreno fertile su cui costruire qualcosa.
Ma quelle voci che si rincorrono sul fatto che uscirete presto anche in America, quanto c’è di vero?
Che voci? Orca miseria mi incuriosisci, direi comunque nulla…..magari fosse vero….credo che ad ora l’unica cosa che ci tiene in rapporto con l’America sia la partecipazione al Punk In Drublic, e direi che posso essere già contento di questo. Se senti qualcosa sappimi dire ahahah.
Questo EP fa parte di una nuova trilogia. Parlate dell’epoca post- (e qui si può inserire qualsiasi aggettivo). Ora ci ritroviamo a fronteggiare la società italiana nel declino del Berlusconismo. Se Silvio non ci fosse stato (ma meno male che Silvio c’è), ti sei mai domandato di cosa avrebbero parlato i Talco? Pensi che avresti avuto la necessità artistica di creare una band per esprimere la tua? E in ultimo, non pensi che avremmo dovuto fare questo regalo a Silvio e farlo diventare Presidente della Repubblica? Ricordati sempre le tre Champions che vi ha regalato.
Ti correggo: 5 champions ahahaha, di cui una di goduria pazzesca contro la Juve. Anche se quella con il Barcellona rimane la mia preferita.
Non è facile risponderti, però posso guardare a noi stessi, essendo nati in pieno berlusconismo. Avevamo inizialmente bisogno di riferimenti musicali e culturali, in una realtà che stava già da tempo buttando nel cesso la cultura. Eravamo ideologizzati, che anche questo lo ritengo una conseguenza del periodo che stavamo vivendo: la mancanza di profondità, che ti fa attaccare a qualcosa di precostituito per definire la tua personalità, accettando come un somaro le contraddizioni di un credo dogmatico che non nasce da te stesso. Siamo passati quindi ad uno stile più personale, abbiamo cominciato a sentirci influenzati dal cantautoriato, poi dal teatrocanzone, dalla filosofia, e poi pure da quella orientale. Ho notato su di noi un tentativo di migliorarci senza mai concentrarci sul contenitore, il contenuto ci è sempre parso più importante. Poi ognuno ha i suoi limiti, essere votati a cercare profondità non vuol dire esserlo a tutti gli effetti, altrimenti il mondo sarebbe popolato da miliardi di Battiato. A volte mi leggo dei testi vecchi e non mi piaccio per nulla, ma fa parte di un percorso, cosa che ritengo molto importante.
Quindi mi risulta difficile pensare come sarebbe stato per noi senza di lui, mi fa piacere credere che il bisogno di approfondire ciò che facciamo, nasca anche da noi stessi e non da un’opposizione alla banalità dei tempi che abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo.
Tuttora perché siamo rimasti qualunquisti, esibizionisti, egoisti, ma sopratutto razzisti: non solo politicamente o geograficamente, ma anche interiormente, nei nostri confini mentali, quelli che ci fanno credere che noi abbiamo capito tutto e gli altri zero, e chi la pensa come noi fa parte dei giusti. Guarda la pandemia, di quelli che stanno male non ci era mai fregato nulla, ma ora che capitava a noi, ci sentivamo filantropi pubblicando un meme, che altro non è che una variante del nostro ipocrita esibizionismo superficiale e paraculo; la pandemia è solo servita per avere un obiettivo comune, sconfiggerla, ma per star bene noi, non gli altri…
La vedo come qualcosa che ha smascherato la fiaba del falso collettivismo pro-forma figlio del berlusconismo, che sia di destra o di sinistra non cambia nulla ormai: esiste solo nell’utopia di violentare l’unicità dell’individuo in nome di un’uguaglianza quasi marziale. Ma la vera collettività non è un’ideologia, è una conseguenza del bisogno di miglioramento: è il riconoscere e ammirare il diverso, l’esclusività dell’individuo, arricchendosi e mescolando nuove e vecchie conoscenze che rende l’uomo più completo e lo aiuta a rispettare il prossimo, aprendolo al collettivo con la sua individualità. Abbiamo perso l’ennesima occasione di essere veri e non voler apparire. Ci basta leggere il biscotto della fortuna e sentirci empatici con una causa. Siamo poveri e fieri di questa idea pro-forma del vivere che non porta a nessun cambiamento.
Lo so sono un rompicoglioni mi dilungo troppo ahahaha.
La pandemia è stato un momento duro per la musica in generale ma per la musica italiana, mainstream e indipendente, in è andata molto bene. Ti offendi se ti dico che in fondo siete “i Maneskin del punk Italiano” a livello di riconoscimenti pubblici all’estero?
Vuoi un commento da boomer? I Maneskin, per quanto per un 40enne siano qualcosa di già sentito, suonano bene, che non mi sembra poco, visto che siamo circondati da realtà che suonare non sappiamo neanche cosa sia. Ma per quanto brutale possa sembrare un commento del genere, è un mio parere di vecchio che non capisce più le generazioni. Sono io quello imbarazzante, non loro. E poi io so suonare?
Mi limito solo a pensare che, in generale, le difficoltà della pandemia abbiano amplificato una crisi che c’era già da tempo. Vorrei citare uno dei pochi geni dello spettacolo che può vantare il Veneto a livello culturale, Natalino Balasso che con il suo film autoprodotto “La Supermassa” ha delineato bene quello che viene chiamato Cultura. Lo spettacolo è diventato un grande All You Can Eat, dove il pubblico è convinto di essere l’interprete e l’artista alla sua mercé, spaventato da non potere piacere o fare successo, e quindi castrandosi ancora prima di cominciare. Ma è semplicemente tutto inscatolato per creare un prodotto. Non ci può essere innovazione in questo. Faccio un esempio.
Lo so non dovrei farlo, ma mi è capitato di vedere Amici in pandemia. C’era un giudice che aveva accusato un ragazzino – che aveva avuto un parere su un altro cantante – di essere arrogante perché non aveva un disco d’oro. Praticamente l’unità di misura dell’arte è diventato il mercato. Poi ho assistito a una gara tra due cantanti di cui uno mi sembra vada anche a Sanremo, ho esclamato subito: “Mamma mia che voce sto tipo, vince a mani basse”, era l’altro, ed è uscito. Ma poi davvero si riesce a fare arte grazie ai critici? A giudicare un’emozione dall’esterno? Su che basi e parametri? Io stesso l’ho fatto, ero convinto vincesse il ragazzo con una bella voce….ma stavo giudicando le sue corde vocali, muscoli, in pratica stavo parteggiando di fronte a una gara sportiva.
I vostri highlights del 2021 sono stati: concerto a città del Messico in un’arena strapiena, Paletta dei Punkreas che vi incorona come la band italiana che spacca di piu’ all’estero, Fat Mike che vi chiama al Punk in drublic. Quale di questi tre ti dà piu soddisfazione?
Paletta dei Punkreas tutta la vita, perché se non avessi comprato “Paranoia e Potere” non avrei potuto fare quello che faccio e in italiano, non avrei potuto suonare in Messico, e tantomeno al Punk In Drublic. In fin dei conti ho semplicemente scritto canzoni basandomi su ciò che mi piaceva ascoltare, non ho fatto nulla di nuovo, né mai preteso di farlo. Sono molto grato ai Punkreas per le parole spese su di noi.
Come la state vivendo questa vigilia del Punk in Drublic? Come vivete questo che a tutti gli effetti per noi cresciuti col punk anni ‘90 è piu o meno un sogno diventato realtà?
La sto vivendo con gratitudine ed entusiasmo, quando mi era arrivata la mail leggendo, “hello guys….Fat Mike”, credevo fosse un virus. E invece ci aveva scritto che era interessato a noi. Che dire che non sia scontato…ascolto punk, metal e folk da quando ho 12 anni, e per il punk quasi tutti i dischi che ho sono Fat Wreck, Epitaph. Non so che dire, speriamo di essere all’altezza e di meritarci la chiamata.
Pennywise, Me First, NoFX, Ignite… quale di queste band o artisti sei piu’ curioso di conoscere meglio e perchè proprio Jen delle Bombpops?
Ahahaha, grande!!!! Fletcher al primo posto, ma in generale tutti. I Nofx sono uno dei miei gruppi punk preferiti assieme a Lagwagon, No Use e Good Riddance. Ma non faccio distinzioni, sono un ragazzino che va a vedere i suoi idoli e rimango timido di indole, anche se dividiamo la zona backstage, spero anzi di non rompere i coglioni a nessuno!
Con quale spirito salirete sul palco del Carroponte davanti un pubblico che spesso vi ha ignorato in passato, o quantomeno non tributato i giusti meriti? Orgoglio o rivalsa?
Orgoglio sì, rivalsa no. Quando ho iniziato a suonare volevo spaccare il mondo, comunicare il mio messaggio, ecc. ecc. Ho cominciato a vivere la mia passione più intimamente, che si può riassumere nel semplice fare ciò che si ama. Non puoi piacere a tutti, né trovare terreno fertile per emergere dappertutto. In Italia le soddisfazioni, nonostante suoniamo poco, ce le siamo sempre comunque prese; logico che, vivendo di musica, dobbiamo pensare che fare 50 concerti in Italia non sia come farne in Germania, Spagna, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca o Russia. C’è spazio per tutto, ma sono troppo contento della mia vita, per cercare rivalse.
Passerai tanti giorni in tour con Fat Mike. L’ultimo album dei NoFX è stato abbastanza discusso, chi lo vede come un capolavoro e chi invece come l’ultimo atto di una band che non sa che piscia pigliare. Se ti chiede la tua opinione, cosa gli rispondi?
Mi allaccio a quello che ti ho detto precedentemente. Vedo la musica come qualcosa che amo fare, e se mi sento di dire qualcosa lo faccio. Che piaccia o no è un altro discorso. Il mio disco preferito dei Nofx è “White trash”, ma se Mike ha esigenza di scrivere mi sembra giusto che lo faccia fino alla fine dei suoi giorni, dopotutto è Fat Mike e qualcosa di buono uscirà sempre. Si confonde sempre la gratitudine nei confronti di chi ti segue, con il permetterle di aver potere su di te. Sono il tuo pubblico quindi devi fare come dico io o ti insulto e ti dico che sei finito.
Io sarò sempre grato a chi ci segue perché se siamo qui lo dobbiamo a loro, ma se mi dovessi trovare solo, senza un quattrino, con il desiderio di fare un disco, lo farei e rifarei. Il parere delle persone è importantissimo, ma quanto non permettere a nessuno di aver potere su di te.
Dopo oltre 15 anni di carriera siete ancora considerati tra i nomi nuovi del punk Italiano. Pensi che ci sia stato un ricambio generazionale nella scena punk internazionale e/o italiana o anche il punk è entrato in quella fase come il Metal che ormai inneggiamo solo alle vecchie glorie?
Sia sul circuito internazionale che su quello italiano, qualcosa c’è ma fa fatica ad emergere. Forse apparteniamo a una generazione figlia degli anni 90, e la gente ora ha bisogno di altre risposte, altri ascolti, non lo so. Ci si aggiunge pure che la scena Italia sia stata in alcuni casi un po’ troppo egoista ed autoreferenziale, e quando pensi al tuo passato con nostalgia, non ti concentri sul lavoro del presente, contribuendo negativamente a ingolfare la macchina. Anche noi al tempo ci siamo trovati un po’ disorientati, ma siamo riusciti a lavorare concentrandoci più sul fare. Devo essere sincero, non ti so rispondere precisamente, ma bisogna anche accettare che il nostro modo di comunicare, intendo quello del punk degli anni 90, forse ha smesso da tempo di arrivare alle nuove generazioni anche a causa della sua chiusura. Io stesso mi ascolto album di 25 anni fa, pensa che per il metal arriviamo pure a 40 e non riesco ad ascoltare per esempio il metal moderno, che però magari ai giovani piace di più.
Oltre al Punk in Drublic, quali altri progetti avete in cantiere? E spazio libero a te per salutare i lettori di Punkadeka.
Se sta pandemia maledetta ci permette di organizzare le cose con un minimo di programmazione, direi che saranno due anni intensi sia a livello di uscite che di tour. In questi due anni, abbiamo registrato due dischi elettrici e uno acustico, un altro acustico è un cantiere ma ora è il momento dei Talco, e ci dedicheremo per i prossimi anni al 100%. Grazie mille per l’intervista, immagino come al solito di essermi dilungato come un anziano bisbetico quale sono ormai.