Il live dei Teenage Bottlerocket? L’inverno che profuma di estate!

Siamo a fine febbraio, fuori ci sono pressappoco una decina di gradi e pioviggina, ma l’aria che si respira è quella dei classici festival estivi.

Sono da poco passate le 21:00 quando arriviamo a Ferrara, ma in diversi sono lì dal tardo pomeriggio: c’è chi è già in là con i drink, chi si sollazza in compagnia di amici lontani e chi con coscienza ne ha approfittato per assistere alla presentazione del libro “L’unico allevamento accettabile è quello chiuso” realizzato dell’associazione Onlus Agripunk.

Io fatto un caloroso saluto al buon Monta sempre in prima linea di dato e di fatto a portare in Italia le band punk che si affacciano in Europa e a mantenere viva la scena della provincia anche nel periodo invernale, mi fiondo sotto al palco perché precisi come orologi svizzeri gli amici Spring Moods stan già suonando da una decina di minuti e visto il poco tempo a loro disposizione mi riservo il resto dei saluti e delle chiacchiere per dopo. Tre o forse quattro pezzi che volano via veloci con pochi fronzoli: il punk melodico della band romagnola non delude mai, un po’ meno forse l’acustica del locale più adatta a una recita di scuola o una serata di liscio, ma sulla quale non stiamo certo a fare i pignoli: negli anni ne abbiam viste di tutti i tipi e sicuramente molto peggio, inoltre qui al Rivana Garden non potevamo non apprezzare fin da subito l’assenza di barriere sotto il palco.

Finito il primo show approfitto del velocissimo cambio palco per un giro al banchetto merch delle band e dei vari stand presenti (BUG radioshow & autoproduzioni, Anfibio Records, Lostdog, RadioPunk, Agripunk Onlus, Istinto Serigrafia) ma diventa una vera impresa perché ogni due passi c’è un vecchio amico da salutare o riabbracciare dopo i diversi mesi invernali: in fondo è anche la cosa più bella di questa serata, perché più che a un concerto sembra di essere a una festa di amici e vien da chiedersi quanto si fosse veramente interessati al concerto o se non fosse solo che una scusa per smuovere il culo dal divano di casa.

Abbandonata l’idea di completare il giro in un colpo solo, ritorno sotto il palco dove i giovani All Coasted stanno iniziando il loro show. Dopo averli ascoltati on line ho l’opportunità di vederli suonare dal vivo: i quattro Vicentini portano avanti il loro concerto con una bella dose di punk californiano decisamente anni novanta tra pezzi più o meno vecchi come “The broken cog”, “The first ass”, “Guys you can trust” e qualche nuova proposta, senza farsi scoraggiare o innervosire dai fischi delle casse spie. In chiusura la sempre ben apprezzata cover di “Linoleum” riesce a far avvicinare al palco qualcuno in più dei soliti presentissimi.

Tocca amaramente notare infatti, che la gran parte della gente preferisce star nella parte più buia della sala, intimidita forse da quelle luci troppo sparate sulle prime file… Per fortuna i The Slurmies riescono a ribaltare tutto. E’ la prima volta che li vedo dal vivo e ammetto che non li ho mai seguiti, ma son felice di notare che sono uno dei pochi, perché la band con un largo seguito riesce a trascinare finalmente un bel po’ di gente sotto il palco con quel pop punk rock diretto e malinconico che miscela i Ramones con gli Screeching Weasel. Non saprei dirvi che brani han fatto, ma se vi capita andate ad ascoltarveli o vederli perché meritano davvero.

Passata ormai la metà della serata tocca ai toscani New Real Disaster. Con ben oltre 15 anni di carriera alle spalle la band è ben più che conosciuta e il loro ritorno nel Ferrarese a distanza di pochi mesi dal Distruggi la bassa porta in molti a concedersi una pausa in una serata di per se bella ricca. Sta di fatto che per me è una prima volta anche il loro show, e quindi dopo una velocissima boccata di aria fresca rientro per seguirli. Un punk rockeggiante che ben fa da anello di congiunzione tra gli Slurmies e i Teenage Bottlerocket: con l’incredibile potenza della graffiante Giusy alla voce che accompagnata dal resto della band ti trascina su delle montagne russe passando da pezzi più soft a vere e inaspettate sfuriate hardcore.  Vado un po’ a memoria, ma credo che le canzoni siano state pescate quasi per intero dall’ultimo album: “Talk to me”, “Hamed”, “Alive Until the end”, “Tomorrow will come”, “Under my feet” e la chiusura con “Stay Still”.

E giungiamo finalmente agli attesissimi Teenage Bottlerocket: il locale è bello gremito, sono circa le 23:30 quando senza troppe cerimonie i quattro che fino a poco prima gironzolavano liberamente tra il pubblico salgono sul palco e fatti i dovuti ringraziamenti ai presenti e alle band che li hanno preceduti partono di botto con “Semi Truck” (Brano di apertura dell’ultimo album: Sick Sesh) e subito dopo a ruota le ben più conosciute “Don’t Want To Go” e “Bigger Than Kiss” da They Came From The Shadows. La scaletta comunque va presto a pescare un po’ da tutti gli album e una dietro l’altra come colpi di mitragliatrice ecco sparate: “Freakout”, “Punk House of Horror”, “Crashing”, “They call me Steve”, “Fatso Goes Nutzoi”, “Bottlerocket”, “Blood Bath at Burger King” e addirittura “Rebound” presente nel primissimo lavoro “Another way”. Nel mezzo poi trovano sempre maggiore spazio pezzi più recenti come “Everything to Me”, “Strung Out on Stress” e “Ghost Story” e “Never sing along”.

Mi dicono che anche lo show dei ragazzi del Wyoming abbia dovuto fare i conti con qualche problema di acustica, ma non credo che in molti si siano accorti della cosa, soprattutto nelle prime file dove eravamo più presi dal pogo su un pavimento che sembrava la pista di uno schiuma party per quanto era diventato scivoloso. Se poi ci aggiungete un continuo di persone che si lanciava in improbabili stage diving, bhe… direi che quello dell’acustica in quel momento era l’ultimo dei nostri problemi. I TBR poi sono una di quelle band che sul palco non si risparmia un attimo, e se il buon vecchio Kody riesce a mantenersi ancora composto e concentrano non si può dire lo stesso degli altri: gli scatenatissimi Ray e Miguel, con il primo costantemente a coinvolgere il pubblico e il secondo che ogni due per tre è in qualche assurda posa o espressione, finiscono per trascinarsi dietro anche il batterista Darren che sa sempre dettare i tempi in modo perfetto.

In tutto ciò trova una piccola parentesi il ricordo a Tony Sly con la versione TBR di “Via Munich”.

Chiudono la scaletta nel giro di un’oretta con “Headbanger” e “On my own” prima di concedere il bis tra gli applausi con “Necrocomicon” e “Skate or die”, lasciando però fuori (se non ricordo male) pezzi come “So far away” e “Radio”: ma si sa che con tanti bei pezzi per farle tutte servirebbe almeno il doppio del tempo e del fiato. Sarà sicuramente per la prossima volta!

Detto ciò si arriva ai saluti e al rientro a casa, con già la mente che vola al prossimo concerto sperando di non dover attendere molto per un’altra gran serata come questa.

Piccola nota : Visto che le foto scattate da me erano totalmente pessime, se siete curiosi vi lascio i link per andare a vedere quelle scattate dai fotografi ufficiali della serata:

Francesco Dose
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.686515586605611&type=3

Elisa Catozzi
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.684797350110768&type=3

 

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