Come precedentemente annunciato, quest’anno Punkadeka ha deciso di saltare lo Sziget Festival, di cui vi abbiamo parlato quasi ogni anno dal 2006 al 2015, in favore dell’Home Festival di Treviso.
Giunto alla sua settima edizione, e “cugino” dello Sziget (per quanto riguarda l’organizzazione), l’Home vanta una crescita costante di anno in anno che l’ha portato a passare da piccolo festival di culto a grosso nome riconosciuto a livello europeo.
La line-up di quest’anno includeva vari nomi che erano in tour quest’estate, se volete approfondire, andate su www.homefestival.eu, noi ci siamo occupati della data in cui c’erano più band che potessero incontrare i vostri gusti…però occhio, stesso discorso che per lo Sziget: non è un festival punk, non è il Punk Rock Holiday nè il Bay Fest, qui ci sono band di tutti i generi, quindi approcciarsi a questo live report con una discreta dose di apertura mentale, please. Ad aprire le ostilità sul main stage sono stati chiamati i Teatro degli Orrori, scelta azzeccatissima che in breve tempo fa ammassare i presenti sotto al palco grazie a dei suoni veramente pesanti e all’attitudine fottutamente “in your face” della band di Capovilla & soci.
Suoni mega compatti, presenza scenica rodata da anni di esperienza, e scaletta incentrata sull’ultimo album autointitlato, il cantato declamatorio di Capovilla entusiasma molti, a me personalmente mette la morte dentro, quindi apprezzo tantissimo il lato musicale pestone ma dopo un po’ le mille attrattive della location hanno la meglio su di me. Spostandosi di qualche metro, c’è un tendone a forma di circo, entrando scopro che sta per iniziare una cover band dei Ramones.
Ora, vogliamo parlarne? Perchè in un festival di respiro internazionale come questo bisogna dare spazio a una cover band? Lo Sziget ha un palco apposito per le cover band, ma ha senso, qui nella programmazione di un palco c’è UNA cover band…non ne afferro il senso, ma come diceva quello “fuck art, let’s dance”. La band si chiama Wardogs, fanno tutte le hit dei Ramones, suonandole molto bene, un po’ troppo forse, e il cantante mi ha lasciato un po’ basito, con una presenza scenica con pose da rockstar che un po’ faceva a pugni col fatto che stesse cantando fondamentalmente di cazzate leggere. Vabbè, siamo a un festival, azzeriamo il cervello e rimettiamoci a urlare ancora una volta a suarciagola “Sheena is a punk rocker” (Sheena ok, ma “Blitzkrieg bop” non ce l’ho fatta, nonostante cervello azzerato, birra in corpo e tutto). Dopo di loro sullo stesso palco salgono i Rumatera. Ok, ho 38 anni, sono una persona dotata di raziocinio e abbastanza equilibrio mentale, eppure non riesco a liquidare i Rumatera come quattro dementi e basta. Per me i Rumatera sono FIGHI, hanno dei pezzi che danno la merda (a livello di songwriting) a una grossa percentuale di band punk ancora in circolazione, sono ignoranti come un blocco di tufo, scemi solo all’apparenza e soprattutto a differenza di qualsiasi altra band hanno Lady Poison. Che altro serve? E’ chiaro che la gente ci impazzisce, e non solo i ragazzini e non solo i veneti (i Rumatera cantano in dialetto).
Se poi vogliamo parlare di musica “Assa perdare i Pin Floi” (che ha chiuso il concerto all’Home) è praticamente Andrew WK quando sapeva ancora scrivere, “Vergognosa”, “La grande V”, e “Kilometro 01” (tutte presenti in scaletta) hanno quel mix perfetto di punk, rock, pop e divertimento che in occasioni come questa sono la cosa migliore da gustarsi sotto un palco.
Torno sul main stage per qualche minuto, il tempo di seguire due minuti due di Alborosie (di più la mia tolleranza non arriva).
Grande rispetto per una figura storica italiana che porta il reggae ad altissimo livello in giro per il mondo, ma come dice sempre quello “it’s not my cup of tea”, e passiamo oltre. I Prodigy…che dire?
Chiunque sopra i 25 anni li ha visti live almeno un paio di volte, io credo di essere intorno a 6, il disco nuovo “The day is my enemy” non è esattamente un capolavoro, ma dal vivo continua l’estremizzazione del loro sound sempre più pesante: elettronica, chitarroni e batteria pestona, pezzi meno veloci ma più groovy, e il risultato è sempre quello: festival estivi da headliner pieni, gente che si ammazza sotto il palco e in generale ogni concerto loro crea un’aspettativa fuori dalla norma.
Dopo di loro i Pendulum continuano la strage con la loro drum’n’bass ultracoinvolgente. Dal punto di vista organizzativo tutto è filato liscio, cancelli aperti un po’ in ritardo, ma non stiamo qui a spaccare il capello in quattro, la realtà è che se non gli verranno messi i bastoni tra le ruote, l’Home crescerà ulteriormente, e chissà dove arriverà…per me è già un appuntamento fisso. All’anno prossimo!