Dopo avervi parlato del bellissimo pre fest, mi accingo a raccontarvi il delirio del secondo giorno della 25esima edizione del Groezrock.
Il Day 2 vede una maggior presenza di gruppi di mio interesse rispetto alla giornata precedente (raccontata da Maurizio qui: https://www.punkadeka.it/groezrock-2016-day-1-live-report/).
In effetti, se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, per un 25ennale mi sarei aspettato qualcosina di più a livello di nomi, soprattutto di nomi importanti e storici: questo ragionamento a priori però svanisce immediatamente, perché come sempre il divertimento non mancherà.
Mi sono perso i primissimi pezzi dei Not On Tour, una delle band che più suscitava la mia curiosità alla vigilia: punk-rock e hc melodico si fondono alla perfezione nel quartetto israeliano che mi ha lasciato una bellissima impressione, il tutto ad una velocità e ad una precisione sbalorditive. Ricordo pezzi come Maybe One Day, Waiting In Line, 90% Out e la conclusiva Oded (pezzo che preferisco in assoluto del secondo album “All This Time”).
Probabilmente i Not On Tour non sono una band da main stage, li avrei visti meglio sul Back To The Basics, ma nonostante questo se la sono cavata a dir poco egregiamente. Una delle migliori band del mio Groezrock.
Subito dopo i quattro di Tel Aviv, sempre sul Main Stage, è il momento di un altro quartetto, molto più longevo: sto parlando degli svedesi Venerea che hanno presentato il nuovo album “Last Call For Adderall”.
Non sono mai stato un assiduo ascoltatore dei Venerea, non mi era mai capitato di vederli dal vivo e, nonostante non suonino proprio il genere che preferisco, devo dire che mi hanno piacevolmente colpito.
Precisione e potenza accompagnano tutti i pezzi, tra i quali, gli unici che riconosco, la iniziale The Flame, Mr. President, Love Is a Battlefield of Wounded Hearts e Late Show. Unico cruccio non aver sentito dal vivo Calling Card, pezzo che mi avrebbe riportato parecchio indietro con gli anni.
Non c’è un attimo di tregua. Alle 13:45 finiscono i Venerea e alle 13:45 iniziano i PEARS.
La differente disposizione dei palchi rispetto agli scorsi anni ci ha fatto perdere minuti preziosi, ma nonostante questo siamo arrivati in tempo per l’inizio del concerto dei 4 ragazzi di New Orleans, freschi di debutto su Fat Wreck Chord.
Il concerto dei PEARS mi ha lasciato note positive e note negative. Partiamo dalle note positive: la scaletta è molto equilibrata e attinge sia dal primo album (“Go To Prison”), di cui ricordo Forever Sad, Terrible , Victim To Be e Little Bags, che dal secondo (“Green Star”) del quale vengono eseguite, tra le altre, la tiratissima Cumshots, Anhedonia, Snowflake, Doorbell e Patridge. Altro punto a favore per l’esibizione dei PEARS è la potenza con la quale viene eseguito ogni singolo pezzo, mentre la nota dolente sta nelle troppe pause tra una canzone e l’altra. Il frontman Zach Quinn e il chitarrista Brian Petrus sembrano non starci molto con la testa e si dilungano troppo tra pezzo e pezzo, andando un po contro ai principi del genere musicale stesso. Rimandati, ma consigliatissimi per gli amanti dell’HC.
Ecco ora la prima pausa di questo secondo giorno.
Canonica fermata al merch, panino e birra veloci e poi di corsa al Watch Out Stage per le Bad Cop/Bad Cop.
Il quartetto di ragazze californiane, anch’esse freschissime di debutto per l’etichetta di Fat Mike, hanno dimostrato di saperci stare eccome sul palco. “Not Sorry” (disco di esordio) non mi aveva particolarmente colpito, mentre dal vivo le Bad Cop/Bad Cop hanno sicuramente una marcia in più, con il loro punk-rock semplice e melodico. Della loro esibizione ricordo Nightmare, Mi Life, Like Seriously?, Rodeo e la conclusiva Get Rad.
Concerto divertente, ma la mia mente è già proiettata a ciò che avverrà alle 17:45, sempre sullo stesso palco, ora di inizio del concerto dei Night Birds, probabilmente la band che più aspettavo di vedere.
I The Falcon (di cui vi parlerà Mau più avanti) sono una band che avrei voluto vedermi almeno una volta, considerato il fatto che lo show del Groezrock rappresenta il primo e unico show europeo della super band di Chicago, ma l’ingiustizia ha voluto che la loro esibizione si svolgesse esattamente (e insensatamente) nello stesso orario di quella dei Night Birds: la mia scelta è ricaduta sui 4 del New Jersey.
Causa lavoro mi sono perso i NB al Freakout di Bologna un paio di anni fa, ma questa volta nulla mi impedisce di ascoltarmi quello che, negli ultimi anni, risulta essere uno dei gruppi che preferisco.
Meet’n’Great coi Face to Face e poi partenza dei Night Birds: vengono suonati pezzi di “Born To Die In Suburbia”, come la title track, New Cults e Modern Morons, e dell’ultimo album “Mutiny At Muscle Beach”: Life is Not Amusement For Me, In The Red/In The Black, Son Of Dad, King Kong, Miskatonic Stomp e Left In The Middle si susseguono una dopo l’altra, intervallate da alcuni pezzi del disco di esordio “The Other Sid of Darkness”, del quale però ricordo solamente Sex Tape e la title track.
Concerto intensissimo in cui i riverberi caratteristici dei dischi spariscono dando origine ad un sound HC californiano degli anni ’80 (i fans di Dead Kennedys e Black Flag non potranno dirmi di no).
E’ vero, mi sono perso i Falcon, ma i Night Birds mi hanno immediatamente cancellato dalla mente quel minimo di dispiacere che provavo.
Il tour de force del day 2 continua sul main stage dove arriviamo e i Mad Caddies hanno cominciato da 10 minuti.
Non avevo mai visto live la ska punk band californiana e, per questo motivo, l’attesa della vigilia era tanta. Ricordo pezzi come Drinkin For 11, No Hope, Brand New Scar e la conclusiva All American Badass: nel complesso un buon concerto, anche se, nel genere, preferisco sicuramente altre bands.
Finiti i Mad Caddies è giunto il momento dei Me First And The Gimme Gimmes, che si sono presentati con questa formazione: Dave Raun dietro le pelli, Jay Bentley al basso, Joey Cape e Scott Shiflett alle chitarre e Spike Slawson alla voce. Sono partiti con Danny’s Song e hanno concluso con End of The Road; nel mezzo tante hits come Over The Rainbow, Leaving on a Jetplane, I Believe I Can Fly, Summertime, Jolene e (Ghosts) Riders in The Sky.
I musicisti non si discutono, non si possono discutere. Ciò che mi ha lasciato con l’amaro in bocca è la staticità che ha caratterizzato il concerto dei Me First, ma, in fin dei conti, sempre di una cover band si tratta.
Rimaniamo ancora sul main stage dove è finalmente arrivato il momento dei Face To Face.
Adoro la punk-rock band californiana e l’ultima volta che l’ho vista è stata 4 anni fa, sempre al meraviglioso festival belga. Dopo l’obbrobrio di “Three Chords And a Half Truth”, Trevor e compagni se ne sono usciti con il nuovo album “Protection” (chiaramente Fat Wreck Chords) del quale hanno eseguito in maniera impeccabile la iniziale Bent But Not Broken, I Won’t Say I’m Sorry, Double Crossed e Fourteen Fifty-Nine. Di pezzi più datati ricordo A-Ok, Ordinary, Blind, You’ve Done Nothing, You Lied, It’s Not Over e l’immancabile Disconnected a suggellare un concerto degno del nome e della storia dei Face To Face. Il classico gruppo che vedrei e rivedrei e rivedrei ancora.
Il nostro Groezrock finirà sotto il tendone del Main Stage in quanto dopo i Face To Face saliranno sul palco i No Use For a Name & Friends e, dulcis in fundo, i Sum 41.
Ora vi parlerò di uno dei momenti più emozionanti di tutte e 7 le edizioni del festival a cui ho partecipato, ovvero l’esibizione dei NUFAN & Friends: non tanto per il concerto in sé, quanto per il costante ricordo di Tony Sly (scomparso ormai quasi 4 anni fa).
La presenza di Joey Cape coi Me First faceva trapelare la speranza di vederlo sul palco più volte coi NUFAN e così è stato: dopo Justified Black Eyes e Dumb Reminders (cantate ottimamente dal bassista dei NUFAN Matt Riddle), una Chasing Rainbows che ha visto la “povera” Sima dei Not On Tour non azzeccare la tonalità per tutta la durata del pezzo, una Coming Too Close in cui Spike dei Me First fa tutto fuori che una bella figura (cazzo Spike, avevi anche il foglio col testo in mano…) e Invincible e Soulmate che vedono Trevor dei Face To Face come grande protagonista, arriva finalmente il momento del frontman dei Lagwagon che esegue magistralmente The Answer Is Still No (con tanto di “What’s your name? Fuck you! That’s my name!”), For Fiona, con dedica alla figlia di Tony Sly presente sul palco assieme alla sorella e alla mamma, Exit, On The Oustide (in ci Joey è coadiuvato da Stacey Dee delle Bad Cop/Bad Cop), Straight From The Jacket e la bellissima e immancabile International You Day.
Il tutto si è concluso con una Feeding The Fire da urlo.
E’ vero che si tratta di un tributo. E’ vero che si tratta di una cover band a tutti gli effetti: ma, secondo il sottoscritto, non poteva esserci modo migliore per ricordare Tony Sly, e sicuramente il Groezrock è uno dei luoghi più appropriati per questo tipo di ricordo.
Dopo la malinconia suscitata dall’esibizione dei NUFAN & Friends, quest’ultima sale a livelli esponenziali perché siamo arrivati ai Sum 41 e questo significa che siamo arrivati alla fine dell’edizione numero 25 del Groezrock.
Diciamo che ne ho visti di meglio di headlliners incaricati di chiudere il festival, e i Sum 41 confermano l’impressione che mi hanno sempre fatto: gran bei musicisti, pezzi divertenti, ma nulla di più.
Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che la band canadese sta sempre più prendendo la strada delle “rock star” con “heeey ohhh” continui e pezzi portati oltre i 5/6 minuti, ne viene fuori un concerto carino ma sicuramente non indimenticabile.
Ricordo tutti i pezzi più famosi: da The Hell Song a Over My Head (Better of Dead), da Fat Lip a Into Deep, da Motivation a Pieces passando per Walking Disaster e Still Waiting.
Insomma una chiusura così così per un’altra edizione indimenticabile.
La parola a Maurizio per i gruppi che, ahimé, non sono riuscito a gustarmi.
Modern Baseball: Band rivelazione del festival per me. Non li conoscevo, ma dal vivo mi hanno fatto prendere proprio bene! A vederli sono tipo 4 nerd a cui non si darebbe un centesimo, ma quando imbracciano i loro strumenti ci sanno fare eccome! Simili alla The Smith Street Band, anche se con le dovute differenze…
Juliette & The Licks: Ho visto qualcosa come 5/6 pezzi.. abbastanza disastrosi. Mancano di tiro (speravo in qualcosa di più col batterista dei RATM). Juliette visibilmente irritata dalla mancanza di risposta dal pubblico, si limita a qualche passo di danza nella calzamaglia bianca e blu..
The Falcon: FA-VO-LO-SI! Il supergruppo con Brendan Kelly, Dan Andriano e Dave House fa venire giù il Back To Basic Stage al loro primo show europeo! Fanno sia pezzi dell’ultimo album che del precedente Unicornography; quelli che hanno spaccato di più penso siano Black Teeth, If Dave Didi It e Little Triggers… Presenza sul palco e grande tiro.. voto 10L
Iron Chic: Anche loro stupendi… Neanche un minuto di stop, la gente sotto e sopra il palco che si diverte come mai e che grida I WANNA SMASH MY FACE INTO THE GODDAMN RADIO!.. La seconda metà del set è illuminata dalla luce rossa del tramonto che rende il tutto ancora più speciale…
Dillinger Four: Riesco a vedere solo metà set a causa delle maledette sovrapposizioni… Ricordo Noble Stabbings, eseguita molto bene e Mosh for Jesus….
La mia preferita, Maximum Piss & Vinegar, mi dicono l’abbiano fatta verso la fine… Amaro in bocca per non essere riuscito a vederli interamente!
Si, è innegabile che la line up avrebbe potuto essere migliore.
E’ innegabile che gli altri anni l’organizzazione ha saputo tirare su di meglio a livello di festival in generale.
Ma il Groezrock resta sempre il Groezrock e se si uniscono la musica e la splendida compagnia, allora si che la frase consona per la chiusura di questo live report è: ciao Groezrock, ci vediamo il prossimo anno!