GROEZROCK FESTIVAL, Giorno 2, 2/05/2015, Meerhout (Belgio)

…. Eccoci al giorno 2.
Teenage Bottlerocket, Good Riddance e Millencolin sono solo alcune delle band che saranno protagoniste di questo secondo giorno di Groezrock.

Cominciamo dal principio.

Il primo gruppo che mi vedo sono i The Interrupters. La ska band di Los Angeles, nuova creatura prodotta da Tim Armstrong, mi aveva già fatto innamorare con l’album di esordio e, una volta visti dal vivo, posso dire di amarli ancora di più. Il quartetto formato da Aimee Interrupter e dai tre fratelli Bivona (già coinvolti da Tim nel progetto Tim Timebomb & Friends) fa letteralmente impazzire i tantissimi (considerata l’ora) presenti sotto il tendone dell’ Impericon Stage coi pezzi del s/t come White Noise, la richiestissima Take Back The Power, Haven’t Seen The Last Of Me, A Friend Like Me e via via tutte le altre. Nel set è presente anche la cover di Sound System degli Operation Ivy, che fa letteralmente impazzire il sottoscritto.
Sicuramente gli Interrupters rientrano nella mia personalissima “top three”.

 

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Jesse Bivona (The Interrupters). Photo by Amanda Milan for www.punkadeka.it

 

Arriviamo sotto il tendone del Main Stage quando i Real McKenzies hanno già cominciato da pochi minuti. Quasi in contemporanea suonano i F.O.D., ma il cuore mi porta verso la folk/punk canadese che non vedo ormai da troppo tempo: non potevo commettere errore peggiore. I sette canadesi (tra i quali non figura Sean Sellers dietro le pelli) incentrano il loro show sul nuovo album “Rats In The Burlap”, sorvolando su alcuni pezzi più vecchi che non vengono proposti (penso soprattutto a Smokin’ BowlLest We Forget The Lads Who Fought And Won).
Si salvano solo Drink Some More Bugger Off. Il resto è da dimenticare. Nonostante il frontman Paul McKenzie ci provi in tutti i modi ad animare il concerto, la band di Vancouver è statica e quasi annoiata e il tutto si rispecchia inevitabilmente sul pubblico.
A posteriori, peccato non aver visto i F.O.D.

Torna il momento degli Off With Their Heads. Dopo l’infuocato pre-fest, Ryan Young e compagni vengono piazzati sotto l’immenso tendone del Main Stage. Chiaramente la loro esibizione perde parecchio rispetto a due giorni prima, ma il quartetto di Minneapolis dimostra di saper fare un grande live anche su palchi oggettivamente troppo grandi per loro. Suoni a parte (orrendi quelli della batteria) gli OWTH ci mettono la stessa grinta vista nel pre-Groezrock suonando più o meno la stessa scaletta, eccezion fatta per The Eyes Of Death Die Today. Il tutto si conclude con una bellissima Clear The Air che vede il frontman Ryan Young capitombolarsi in mezzo al carichissimo e acclamante pubblico.

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John Polydoros (Off With Their Heads). Photo by Amanda Milan for www.punkadeka.it

Siamo giunti ai Teenage Bottlerocket. Sono un patito del quartetto del Wyoming, ma questo concerto mi ha convinto fino ad un certo punto. Sorvolando sull’orrida intro, Ray, Kody, Miguel e Brendon attaccano con Skate Or Die, Bigger Than Kiss e Nothing Else Matter (When I’m With You) e propongono, più o meno, la stessa scaletta vista all’Honky Tonky la settimana prima. Mancano pezzi come Todayo, So Far Away, Radio e Welcome To The Nuthouse, ma la sostanza non cambia: i TBR sembrano essere caricati a molla vista la velocità con la quale propongono i pezzi, anche se Kody e, ahimé Brendon, perdono qualche colpo durante il concerto. Inutile il medley di metà scaletta. Li ho visti molto meglio e molto più in forma altre volte.

Dopo i TBR, salgono sul palco i Frenzal Rhomb.
Prima di passare la parola ad Amanda, dico solo che aspettavo tantissimo di vedermi la band australiana e, forse proprio per questa attesa quasi spasmodica, la delusione a fine concerto si è fatta sentire. Per quanto mi piacciono da disco, non mi sono piaciuti live (anche a causa della locazione sul main stage e di suoni tutt’altro che impeccabili).
Amanda: “É l’ora dei Frenzal Rhomb, band simbolo del punk rock australiano con alle spalle 23 anni di carriera e assenti da una decina dai palchi europei. La loro esibizione pare essere una delle più attese di questa edizione e sin dalle prime note il loro punk veloce e aggressivo infiamma le prime file del pubblico. L’intero set prosegue dritto e senza troppi fronzoli, tra pogo e circle pit, come i più classici dei copioni.
Della scaletta ricordo la divertente Mommy Doesn’t KnowYou’re a Nazi, Racist, Johnny Ramone Was in a Fucken Good Band But He Was a Cunt (Gabba Gabba You Suck), Never Had So Much Fun e la conclusiva Punch In The Face.”

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Jason Whalley (Frenzal Rhomb). Photo by Amanda Milan for www.punkadeka.it

 

Personalmente, mi rifaccio subito col concerto dei Loved Ones. Avevo già visto la band di Philadelphia nel 2007 a Londra coi Nofx, e I Banner Pilot in contemporanea sul Back To The Basics Stage sono stati un richiamo fortissimo, ma alla fine ha prevalso la voglia di rivedermi Dave House & Co. e, in questo caso, non avrei potuto fare scelta migliore. Vengono eseguiti quasi tutti i miei pezzi preferiti: dalla iniziale Sature Self 100K, da Breathe In Preatty Good Year, fino ad arrivare alle conclusive Louisiana Jane.
Concerto da incorniciare per i Loved Ones, una delle band che mi rimarranno più nel cuore di questa ventiquattresima edizione di Groezrock.

Ecco arrivare uno dei momenti (forse IL momento) del mio Groezrock 2015: sul Main Stage salgono i Good Riddance. L’ultima volta che vidi la band di Santa Cruz fu nel 2013 la Factory di Milano, dunque la voglia di assistere ad un concerto di Russ e soci era tantissima.
Recentemente è uscito per Fat Wreck il nuovo album, “Peace In Our Time”, del quale vengono proposti quattro pezzi: Disputatio, Dry Season, Half Measures e Running On Fumes. Il resto della scaletta attinge dagli album più vecchi come “Operation Phoenix” (Shit-Talking Capitalists, Shadows Of Defeat, l’iniziale 30 Day Wonder e la conclusiva Heresy, Hypocrisy, and Revenge), “A Comprehensive Guide To Modern Rebellion” (la sempre spettacolare Weight Of The World, Trophy, Last Believer A Credit To His Gender),  “For God And Country (United Cigar Mother Superior) e “Ballads From The Revolution” (inspiegabilmente viene eseguita solo Fertile Fields: che fine ha fatto Salt???).
Scaletta a parte, è sempre un piacere vedere all’opera i Good Riddance: è difficile trovare in altre band un così ben amalgamato misto di rabbia, velocità, potenza e melodia: mescolanza che li rende unici e inimitabili.

Per i Satanic Surfers (band che non ho mai amato e approfondito) lascio la parola a Nicholas.
Nicholas: “Sabato 2 maggio 2015, ore 19:50 circa: mi trovo a Meerhout, in Belgio, al mitico Groezrock, e davanti a me c’è un mega palco con un banner col classico diavoletto. Ecco che i Satanic Surfers entrano in scena. La prima cosa che noto è che Fredrik (chitarrista e praticamente membro fondatore della band insieme a Rodrigo), è sostituito da Dana dei Venerea. Parte un intro che non mi convince al 100% ma poi eccola, And The Cheese Fell Down, seguita da Better Off Today: non avrei potuto chiedere di più. I pezzi son suonati da dio, il nuovo batterista, Stefan, se la cava alla grande anche se avrei preferito che fosse andato un po’ più veloce su alcuni pezzi, specie quelli vecchi. A seguire arriva Forfeiture, altra gran canzone, ma è solo dopo di questa che arriva la chicca: Even If Time Stood Still, tratta dal tanto agognato “666 Motor Inn”. Che bomba!
La scaletta prosegue con i pezzi presi qua e là da un po’ tutti i dischi, da notare anche la comparsa di Mathias Blixtberg (vecchio componente del gruppo e fratello di Magnus, il chitarrista) al basso su Thoughts, Words, Action. Arriva anche l’intramontabile Equal Rights, e addirittura due pezzi storici risalenti all’era di “Skate to Hell”. Senza che manco me ne accorga siamo già a Head Under Water, altro gran pezzo con cui spesso i Satanic chiudono i loro show. Me lo godo come se veramente fosse il loro ultimo ma non è finita. Non ci posso credere: Hero Of Our Time! Grido ogni singola parola di quel pezzo, nel mentre che i miei polmoni si riempiono dell’immancabile polvere da pit di festival. Che bomba! Vi dico la verità: non sono mai stato un amante dei mega festival, tantomeno delle reunion. Ma non me ne importa niente. “666 Motor Inn” c’è stato, e Hero Of Our Time l’hanno fatta….”

Riprendo la parola parlandovi dei Mighty Mighty Bosstones. Mi persi l’esibizione della storica ska-core band di Boston al primo Groez a cui partecipai (2010), ma questa volta non me li faccio scappare.
La band guidata da Dicky Barrett regala ai tantissimi presenti un gran bel concerto, un’ora di puro divertimento. Ricordo pezzi come l’iniziale Dr.D, Graffiti Worth Reading, Let Me Be, Where’d You Go, They Will Need Music Everybody’s Better.
A discapito dell’età, i MMB sono davvero in forma (soprattutto nella loro attivissima sezione fiati): uno dei gruppi che ho maggiormente apprezzato nell’intera edizione. Una vera e propria sicurezza per i fanatici dello ska e dello ska-core.

A proposito di gruppi apprezzati, ecco i Millencolin. Mi piace troppo il quartetto svedese per cedere al richiamo degli Agnostic Front sull’Impericon Stage (mi è stato detto che Roger Miret e soci hanno fatto un gran bel concerto…), quindi dopo i Mighty Mighty Bosstones rimango alle transenne del main stage nell’attesa che arrivino i Millencolin.
Alle 23.00 in punto la punk-rock band guidata da Nikola Sarcevic attacca con Egocentric Man, pezzo del nuovo album “True Brew” (del quale verranno eseguite anche Chameleon, Autopilot Mode Sense & Sensibility), per poi seguire con alcuni dei pezzi più belli della loro discografia: Twenty Two, Fingers Crossed (la mia preferita in assoluto), Fox, Olympic, Bullion, Ray, Mr.Clean e Pepper, tra le altre, si susseguono senza soste, fino ad arrivare alle conclusive Lozin’ Must, Farewell My Hell No Cigar.
L’ultima volta che vidi i Millencolin, al Punk-Rock Holiday del 2013, fu un disastro quasi totale. Questa volta concerto impeccabile, forse il migliore a cui abbia mai assistito della band svedese.

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Erik Ohlsson (Millencolin). Photo by Amanda Milan for www.punkadeka.it

 

Il mio Groezrock finisce qui.

Ci sarebbero ancora i Refused, ma il mio non riuscire ad ascoltare più di due canzoni consecutive, mi spinge a fare un ultimo giro al merch (a proposito Fat Store abbastanza deludente e con prezzi da far incazzare anche il Sig. Burns) e a godermi una cena coi miei amici.

Per i Refused lascio la parola a Masu.
Masu: “Spetta ai Refused l’onore di chiudere le danze ed è una chiusura in grande stile. Gli svedesi da sempre dividono i fan del genere tra chi li ama e chi semplicemente rimane annoiato dalla loro musica, ma se qualcuno si è fermato anche solo per curiosità a vedere il loro show non può essere rimasto deluso: Dennis Lyxzén è carichissimo e tra urla, corse, salti e balli ipnotici non si ferma un attimo, la band non sbaglia un colpo e tra l’altro porta i suoni migliori di tutta la 2 giorni, la scaletta mischia pezzi dell’album in uscita con classiconi come Refused Party Program, Rather be Dead e Refused are Fuckin’ Dead, a metà concerto accennano anche a Raining Blood degli Slayer e il livello di violenza nel pit si impenna radicalmente. All’ encore rientrano con New Noise e il classico “can I scream?” che apre le ostilità viene lasciato al pubblico che urla con piacere. Per me miglior band del Groezrock 2015, tanto compassati fuori quanto macchine da guerra sul palco!”

Sulle note di New Noise ci accingiamo a riprendere la macchina per poi dirigersi all’albergo. Anche questa edizione è terminata e la malinconia comincia a farsi sentire. Sarebbe impossibile ringraziare tutti i miei compagni di Groezrock: tutti gli amici milanesi, romagnoli e veneti che, ogni anno, rendono un festival già stupendo, ancora più stupendo con la loro compagnia, il loro russare incessantemente per tutta la notte, le loro bestemmie e tutto il resto.
Anche quest’anno il tempo è volato portandosi via il miglior festival europeo.
Ma una cosa è rimasta uguale allo scorso anno: la promessa di rivederci tra 365 giorni….

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