Eccoci di nuovo qui a parlare del Groezrock, festival punk rock/HC che si tiene ogni anno in quel di Meerhout (Belgio).
Parto subito col dire che l’ultima edizione è stata quella un po più “povera” delle 8 a cui ho avuto la fortuna di partecipare: l’annuncio di Deftones e Parkway Drive come headliners mi ha scoraggiato in partenza ed ha messo in discussione la partecipazione… È bastata la seconda carrellata di nomi per farmi cambiare repentinamente idea…
Ma andiamo per ordine.
GIORNO 1
Partiti come di consueto da Pisa, arriviamo a Bruxelles già un po dispiaciuti: a causa di una time table non troppo impeccabile (anche il primo giorno di festival comincia alle 12.00…) ci perdiamo i Red City Radio e i Flatliners che si esibiscono uno dopo l’altro sul Main Stage.
Una volta arrivati, corriamo subito al Main Stage per l’inizio degli Swingin’Utters (tempismo poco impeccabile visto che ciperdiamo i primi due pezzi), una delle band che più bramo di vedere.
Era dal Punk Rock Holiday del 2013 che non assistevo a un concerto di Johnny Peebucks e compagni e l’attesa è stata ripagata, anche se con un grosso “ma”.
Stupid Lullabies, Fifteenth & T, Pills and Smoke, No Eager Men, Windspitting Punk e Five Lesson Learned sono solo alcuni dei pezzi che la storica punk band di San Francisco suona in maniera impeccabile, con la solita grinta che l’ha contraddistinta da sempre. Il già citato “ma” è causato dall’assenza in scaletta del pezzo più conosciuto e uno dei più belli degli Utters: quella Next in Line che manca clamorosamente nell’esibizione. Peccato.
Finiti gli Swingin’Utters, dopo esserci rifocillati e aver fatto due chiacchiere coi Bouncing Souls al “Watch Out Signing Session”, è giunto il momento di un’altra band da me attesissima: The Menzingers.
La punk rock band di Scranton, Pennsylvania, sforna il solito grande concerto, fatto di grinta e melodie, impreziosito da alcuni pezzi di quell’ “After The Party” che, a parer mio, è uno degli album più belli della carriera del quartetto. Si parte con Tellin’ Lies e si finisce con In Remission (con la presenza sul palco di Chris dei Flatliners): nel mezzo I Don’t Wanna Be an Asshole Anymore, la sempre emozionante Nice Things, Thick as Thieves, Burn After Writing, After The Party, Lookers ecc ecc…, una dietro l’altra, con pochissime interruzioni e i consueti scambi di voce tra Tom e Greg che, da soli, valgono il prezzo del biglietto. Impeccabili.
Neanche il tempo di assimilare il magnifico concerto dei Menzingers che salgono sul palco gli Strike Anywhere. Dell’esibizione del quintetto di Richmond, a prescindere dai pezzi eseguiti, mi è rimasta in presso la “garra” e la potenza di ogni singola nota: un po quelle caratteristiche che hanno reso celebri gli Strike Anywhere.
Ricordo la iniziale The Crossing, estratta da “Iron Front”, del quale viene eseguita anche I’m Your Opposite Number, le bellissime Dead Hours, New Architets, To The World, Infrared e una Sunset on 32nd che vede la partecipazione di Chris #2 degli Anti-Flag.
Così come nel 2013, anno in cui ho partecipato al concerto degli Strike Anywhere al Punk Rock Holiday, l’esibizione mi lascia un po di amaro in bocca per la mancanza in scaletta di Hollywood Cemetery…
Diciamo che però mi posso abbondantemente accontentare.
Giusto il tempo di abbeverarci che sale sul palco una delle mie band preferite da sempre, quella band che non mi stancherò mai di ascoltare, ne tanto meno di andare a vedere: sto parlando degli immortali Bouncing Souls. Non riesco a ricordare il numero preciso delle volte in cui ho visto live il quartetto del New Jersey, ma una cosa è sicura: è come se fosse sempre la prima volta. Poco importa se il nuovo batterista non è all’altezza di McDermott (anche se stiamo parlando del batterista degli Hot Water Music…), poco importa se Greg non ha più la voce di un tempo: i Bouncing Souls, almeno per il sottoscritto, rimarranno sempre una band senza tempo. Dopo la mia sdolcinata dichiarazione d’amore passiamo alla scaletta. That Song, Say Anything, Sing Along Forever, The Gold Song, Late Bloomer, Manthem (accompagnati sul palco dai Menzingers: brividi), East Coast! Fuck You!, Lean on Sheena, Gone, Kate is Great, Driving All Day, Ghost on The Boardwalk e l’immancabile inno True Believers: sono queste le canzoni che i Bouncing Souls suonano davanti al numerosissimo pubblico accorso per gustarsi una band che non finirà mai di stupire.
I Bouncing Souls finiscono di suonare alle 20:05 e, visto che gli Anti-Flag inizieranno alle 23:25, decidiamo così di prenderci una piccola pausa fatta di cibo, birrette e shopping alle distro presenti (anche queste in numero minore rispetto agli altri anni, ma ciò non ha saziato la mia fame di dischi) poiché gli Underoath e i Thrice non fanno affatto per noi.
Prima degli Anti-Flag ci godiamo anche un paio di pezzi degli AJJ sul “Watch Out Stage”: niente male! Mi sento di consigliarli vivamente a tutti i fan del folk punk.
Come detto, l’ultima band segnata di rosso sul nostro programma sono gli Anti-Flag. Così come nel caso dei Bouncing Souls, non ricordo più quante volte mi sono gustato dal vivo Chris #2 e soci, ma poco importa.
L’organizzazione decide di far esibire la punk band di Pittsburgh sul Back To The Basics, ovvero il palco più piccolo e senza transenne: la scelta è stata azzeccata visto che si avvicina di più al concetto di Punk, anche se, chiaramente, gli spazi sono limitatissimi e siamo costretti a goderci il concerto un po più defilati rispetto al solito. Poco male: pezzi come l’iniziale Fabled World, Drink Drunk Punk, Die For Your Government, The Press Corpse, This Machine Kills Fascists, Turncoat, 911 For Peace, Brandenburg Gate, This is The End (For You My Friend), Broken Bones, 1 Trillion Dollar$, Power To The Peaceful ecc ecc suonati con la consueta grinta e con la consueta rabbia fanno di questo concerto probabilmente il più bello (o uno dei più belli) che abbia mai visto in terra belga.
Finisce così in bellezza il primo giorno di Groezrock 2017, primo giorno che sarà ricordato anche per il rammarico di non aver assistito ai concerti di Cro-Mags e Toy Guitar, ma qualche scelta, purtroppo, è sempre da mettere in conto.
GIORNO 2
Il secondo giorno di Groezrock si apre prestissimo, visto che alle 12.00 in punto salgono sul Main Stage i F.O.D.
La punk rock band gioca in casa e sfodera un concerto da incorniciare fatto di alcuni pezzi tratti dall’ultimo album “Harvest” (ricordo There’s a Place (Where We Can Go To) e Last), ma anche pezzi più datati come Something More, Frenzal Records e la conclusiva Carry On. Bel concerto per un gruppo che, seppur non giovanissimo, saprà far parlare di sé.
Dopo i F.O.D. giunge il momento di spostarci sul Back To The Basics” dove stanno già per iniziare i Nothington.
Il quartetto di San Francisco appare in buona forma; non ho usato la parola ottima perché la voce di Jay non è quella delle occasioni migliori, ma questo non compromette uno show carico, al solito, di energia ed empatia tra band e pubblico. Ricordo pezzi come Far To Go, A Mistake, The Ocean, The Escapist e Not Looking Down.
A malincuore decidiamo di abbandonare il “Back To The Basics” per tornare sotto l’immenso tendone del Main Stage dove sta per iniziare una band che non ho mai visto live e di cui in tanti mi parlano bene: i canadesi Belvedere.
Non conosco neanche un pezzo del quartetto di Calgary ed Edmonton, quindi devo limitarmi solo a raccontarvi delle grinta e della super tecnica che contraddistingue i Belvedere, super tecnica che però, per quelli come me non ascoltatori di questo tipo di hardcore melodico, risulta essere alla lunga stucchevole.
Detto questo è degno di menzione il batterista Casey Lewis, vera e propria macchinetta dietro le pelli.
Subito dopo i Belvedere salgono sul palco i californiani Zebrahead, i quali si confermano essere una super band live, nonostante non conosca neanche una canzone, ad eccezione della iniziale Save Your Breath e della conclusiva Anthem.
Gli Zebrahead me li ricordavo divertenti e mi ricordavo bene: cazzoni sul palco, ma estremamente bravi con gli strumenti. Bel concerto.
Niente a che vedere però con la band immediatamente successiva….
E’ giunto ora il momento da me più atteso di questo Groezrock 2017: salgono sul palco i Choking Victim.
Non potevo perdermi l’occasione di vedere live la band di New York e non me la sono persa.
Parto subito col dire che i Choking Victim non sono ne una band da festival, ne tanto meno una band da Main Stage e infatti l’inizio del concerto è un po come assistere ad una prova prima di un live importante.
I CV si presentano sul palco in formazione a tre, praticamente 2/3 Lefover Crack, con Stza alla chitarra e alla voce e Alec Baillie al basso.
Si parte con Suicide (A Better Way) e si continua con la maggior parte di quel “No Gods/No Managers” che ho fuso e fondo costantemente nel mio stereo: 500 Channels, In Hell, Money, Hate Yer State, Fucked Reality, In My Grave e Fuck America, intervallate da pezzi presenti in varie demo: penso soprattutto a Death Song.
Prima di Sweet Dreams, Stza si lascia scappare un’invettiva contro la Monster che lascia un po il tempo che trova, visto che il concerto si sta svolgendo sul Main Stage che vede proprio il colosso americano come principale sponsor (chi c’era saprà che la stessa cosa avvenne durante un concerto dei Leftover Crack al Punk Rock Hooliday…).
Stronzate a parte, non posso non rimanere contentissimo di aver sentito live Infected (pezzo contenuto nella prima storica compilation targata Hellcat Records “Give ‘Em The Boot”) e le conclusive Crack Rock Steady e Born To Die.
E’ vero, i Choking Victim non sono proprio la band prototipo da mettere in un festival come il Groez, ma, a parte un inizio non proprio da incorniciare, ho assistito ad un concerto che non uscirà mai dalla mia memoria.
Neanche il tempo di respirare un po che è già l’ora degli Ignite. Non ho mai visto live la storica HC band californiana, dunque le mie aspettative sono molto alte. Vengono tutte ripagate.
Il quintetto di Orange County guidato da Zoli Téglas ci regala un concerto con la C maiuscola; concerto fatto di velocità, potenza e, chiaramente, la grande voce del frontman di origine ungherese.
A livello di scaletta ricordo la iniziale Poverty For All, Veteran, This Is War, Know Your History, Let It Burn, Nothing Can Stop Me, Sunday Bloody Sunday degli U2 e le conclusive Live For Better Ways e Bleeding durante le quali il numerosissimo pubblico impazzisce letteralmente.
Dopo il grande live degli Ignite ecco una sovrapposizione di cui avrei fatto volentieri a meno: alle 18.20 i protagonisti sul “Back To The Basics” sono gli Undeclinable Ambuscade, mentre sul Main Stage è il turno dei Cock Sparrer.
Il cuore mi spinge verso la storica punk band di Londra e non avrei potuto fare scelta migliore.
Così come gli Undeclinable, non ho mai visto dal vivo i Cock Sparrer, ergo non avrei mai potuto lasciarmeli scappare.
Riot Squad, Watch Your Back, Working, Argy Bargy, Tough Guys, Running Riot, I Got Your Number, Because You’re Young, Take ‘Em All (durante la quale i sing along raggiungono dcibel altissimi), Where Are They Now? e England Belongs To Me sono solo alcuni dei pezzi proposti con maestria dai Cock Sparrer che ricordo essere una band dal 1972.
Unica nota negativa del concerto è la mancanza in scaletta del pezzo più celebre dei Cock Sparrer, quella We’re Coming Back che ha fatto avvicinare al punk moltissime persone, me compreso.
Il nostro Groezrock (almeno per quanto riguarda la nostra presenza sotto al palco) si conclude con l’incredibile live dei Pennywise (sfortunatamente troppo a ridosso dei Gorilla Biscuits).
Delle 6 volte che ho che ho visto live Jim Lindberg e compagni, questo è stato uno dei tre concerti dei Pennywise più belli che abbia mai visto.
Sarà per l’inno Sovietico utilizzato come intro? Anche, ma soprattutto sarà perché, in occasione del ventennale di “About Time”, viene riproposto per intero questo album da me particolarmente apprezzato: si va da Peaceful Day a Killing Time, passando, tra le altre, per Waste of Time, Perfect People, Every Single Day, Try e Same Old Story.
Alla fine del set “About Time” viene proposta, come di consueto, Do What You Want dei Bad Religion e poi quei 3-4 pezzi che hanno reso celebri i Pennywise nel mondo del punk rock: Fuck Authority, Pennywise, Society e quella Bro Hymn (dedicata al mai dimenticato Jason) che vede un’invasione di palco da pelle d’oca.
L’ottava edizione di Groezrock a cui ho partecipato non poteva chiudersi meglio. Anzi si. Come? Prendendo per il culo l’esibizione “tamarra “dei Parkway Drive, fatta di fuochi e piattaforme girevoli, “moshando” (è questo il termine corretto?) con gli amici di sempre fuori dal tendone del Main Stage.
Passano gli anni, cambiano le line up, ma la costante che rimane è l’amicizia: persone che vedi poco e che vorresti vedere di più si incontrano quasi sempre al Groezrock e questo, a prescindere dal dato oggettivo della più bassa qualità generale dell’edizione 2017, ha reso il viaggio Rosignano Solvay-Meerhout indimenticabile.
Per l’ennesima volta… Ci vediamo il prossimo anno Groezrock!
Foto di Silvia Spinelli (a brevissimo tutto l’album fotografico).