Green Day e Rancid insieme sullo stesso palco: un sogno che avevo fin da quando ho conosciuto il significato di punk rock. E ora, alle soglie dei 30 anni, posso dire di aver visto questa meravigliosa accoppiata non una, ma due volte. Proprio così, oltre all’I-Days di Monza non potevo perdere l’occasione di vedere sul palco le prime due band della mia personalissima top 5 (le altre, come se interessasse a qualcuno, sono Bad Religion, Descendents e Bouncing Souls) anche nel contesto del Lucca Summer Festival, a quaranta minuti da casa mia.
Ho deciso di parlarvi del concerto lombardo perché ha visto anche la partecipazione di Tre Allegri Ragazzi Morti e, soprattutto, Shandon che mi sono puntualmente perso (non avevo tenuto in conto che avrei dovuto lasciare la macchina così lontano dal luogo del concerto) per i quali lascerò la parola al buon Matt Murphys.
Dopo ore di macchina al caldo e camminate sotto il sole che avrei volentieri evitato arriviamo all’autodromo che gli Shandon hanno appena finito il loro concerto. La parola a te Matt:
Partenza dalla provincia alle 13.00 spaccate, arriviamo a Monza alle 13.50 e parcheggiamo a 3km dal parco, o almeno così diceva il beffardo volantino, infatti sono si 3 km dal parco, il problema è che gli organizzatori hanno ben pensato di farci fare prove libere e warm up sul circuito di Monza prima di vedere uno straccio di palco…ma ormai siamo in ballo, abbiamo il biglietto settore gold e ci tocca il giro più lungo di tutti. Premessa: non abbiamo il pass foto, quindi lascio a casa la reflex, ma mi porto comunque una digitale vecchia di 15 anni (con uno zoom pazzesco, e comunque fa foto degne) per cercare di documentare qualcosa, peccato che appena arriviamo alla dogana…ops…all’ultimo controllo, mi dicono che è una professionale (!!?!?!?!??) e devo riportarla in macchina, oppure abbandonarla al suo destino…a mia moglie viene la brillantissima idea di consegnare le pile e ci lasciano passare, ma va detto che il tizio del controllo mi ha preso sotto braccio e mi ha chiesto amichevolmente “le hai quelle di scorta, vero?”…penso che sia il caldo. Tornando a noi metà concerto degli Shandon me lo sento in colonna, poi finalmente arriviamo nel pit, c’è già un po di gente e qualcuno della mia generazione sta cercando di iniziare un po di pogo, ci buttiamo a pesce sulle note di Washin’Machine, Questo si Chiama Ska e altri vecchi cavalli di battaglia che apprezzo sempre tantissimo, ma ovviamente preso a fare lo scemo non ho segnato nulla. Ammetto che i pezzi nuovi di “69” e “Back on Board” non li conosco, nonostante abbia i dischi, fatto sta che gli Shandon mi piacciono e li ritrovo in ottima forma. Peccato solo per qualche giovane accalcato nelle prime file che alla prima spinta si gira con lo sguardo truce a dire “basta spingere!!!”, la risposta degli anziani è sempre quella, tra chi ride, chi aumenta il livello di fastidio e chi si mette le mani dove una volta c’erano i capelli…finito il concerto ci spostiamo al bar, dove iniziamo a vedere un sacco di facce conosciute, iniziano i Tre Allegri Ragazzi Morti, ma qui lascio la parola a Matte che sicuramente sa raccontare molto meglio di me.
Rieccomi per parlarvi dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Inutile negare che ai tempi delle scuole superiori i TARM erano una presenza fissa nel mio stereo: pezzi come Ogni Adolescenza, Sono Morto, Mai Come Voi, 15 Anni Già, Fortunello, Rock’n’Roll Dell’Idiota, Dipendo Da Te, Quasi Adatti, Occhi Bassi ecc ecc sono e saranno per sempre pietre miliari della mia adolescenza e la curiosità di vedermeli a distanza di, boh, 10 anni è tanta. Delle sopracitate canzoni ne vengono eseguite solo alcune, intervallate da pezzi più recenti che non conosco assolutamente… Ma durante Ogni Adolescenza, Quasi Adatti e Mai Come Voi i ricordi dei tempi che furono mi hanno prepotentemente attraversato la mente. Anche questo è il bello della musica.
Dopo i TARM salgono sul palco i Rancid. Lo spettacolo lucchese della sera prima non ha saziato la mia voglia di assistere ad un loro concerto. La domanda di partenza è: faranno la stessa scaletta? Con grande gioia scopriremo che la risposta è negativa. Oltre alle 15 canzoni già sentite la sera prima, i classiconi Radio, Roots Radicals, Journey To The End of The East Bay, Maxwell Murder, The 11th Hour, East Bay Night, Old Friend (dedicata da Tim ai Green Day, alla faccia di chi, e ce ne sono stati moltissimi, ha criticato questa “assurda” accoppiata), Olympia WA., Fall Back Down, Time Bomb e Ruby Soho, e ai tre pezzi del nuovo disco “Trouble Maker” (Ghost of A Chance, Where I’m Going e Telegraph Avenue), i Rancid, forse per farsi perdonare il fattaccio del Rock in Idrho 2012 (chi c’era sa a cosa mi sto riferendo), tirano fuori delle vere e proprie chicche come Nihilsm, Tenderloin, It’s Quite Alright, Black & Blue, addirittura St. Mary e Something in The World Today, I Wanna Riot e Listed M.I.A. e un medley formato da Bloodclot e Salvation. Di “Trouble Maker” viene eseguita anche Buddy, uno dei pezzi che preferisco dell’ultima fatica discografica. Meglio di così si muore. Da segnalare che sul palco coi Rancid, alla tastiera, è presente Kevin Bivona degli Interrupters (il nuovo Vic Ruggiero?).
Il concerto di Monza ha lasciato in me diverse certezze. La prima è che i Rancid hanno ancora una volta dimostrato di essere, oggettivamente, una delle migliori punk rock band attualmente in circolazione: la storia parla per loro, gli album incisi parlano per loro, la passione che mettono in ogni singola nota di ogni singola canzone parla per loro. La seconda è che dopo più di 25 anni di attività il quartetto formatosi a Berkeley “dà la merda” alla maggior parte dei gruppi che si presentano in Italia, soprattutto a livello di attitudine. La terza è che il batterista Branden Steineckert (coi Rancid da “Let The Dominoes Fall” del 2009) rappresenta la perfetta continuazione di Brett Reed: un mix di potenza, precisione e tecnica che, unite alla consueta mostruosità alle quattro corde di Maatt Freeman, forma una sezione ritmica da paura. La quarta, ed ultima, è che Lars, Tim, Matt e Branden, per il bene del punk rock, non dovrebbero MAI smettere di suonare. MAI. Immensi Rancid.
Dopo un cambio palco di circa 45 minuti e dopo aver perso tutto il resto della mia compagnia (compreso mio nipote, sì ho portato mio nipote di 15 anni al concerto dei Green Day. Il cerchio si chiude) ecco che partono i consueti intro pre-inizio dei Green Day.
Prima di parlare del concerto vorrei fare delle considerazioni.
I Green Day non sono più una band da piccolo club, ne tanto meno da Gilman Street (anche se, dopo la riappacificazione, ci hanno suonato più di una volta, ma erano occasioni particolari). I Green Day vendono milioni e milioni di copie in tutto il mondo e il loro format di concerto è questo: fuochi pirotecnici, canzoni che durano 7-8 minuti tra gli “eee-ooo” di Billie Joe e altre maniere di intrattenere il pubblico. Se assistete a un concerto dei Green Day, assistete ad un concerto “rock” (spero che questo live report venga letto da molte persone, così magari la prossima volta non vengono e ci risparmiano commenti che, alla lunga, spaccano le cosiddette palle).
È l’attitudine quella che non è cambiata in Billie Joe e soci, quell’attitudine nata nel 1986 all’interno del Gillman Street di Berkeley che i Green Day si porteranno nella tomba. Piaccia o non piaccia è così. Poi possiamo discutere sul loro “cambiamento”, sulla quantità di milioni che hanno fatto con la musica ecc ecc, ma le vostre critiche non cancelleranno l’attitudine di una band che riesce a tenere attive 50 mila persone a concerto per oltre 2 ore.
Passando allo show, purtroppo non posso dire lo stesso che ho affermato dei Rancid precedentemente: quella di Monza è stata la stessa identica scaletta di Lucca. Si parte con Know Your Enemy e si arriva a Good Riddance (Time of Your Life). Nel mezzo tutti i grandi classici, tra i quali Longwiew, Hitchin’ a Ride, When I Come Around, She, Basket Case, Minority, King For a Day e Knowledge degli Operation Ivy, intervallati da pezzi dell’ultimo album “Revolution Radio” come la title track, Bang Bang, Still Breathing, Youngblood e la bellissima Forever Now e dai pezzi di quell’ “American Idiot” che ha cambiato la strada e le vite dei Green Day: Holiday, Letterbomb, Boulevard of Broken Dreams, Are We The Waiting, St. Jimmy e, nel primo encore, American Idiot e Jesus of Suburbia.
Di pezzi veramente datati ne troviamo solo uno, quella 2000 Light Years Away che non viene neanche finita, ma che viene attaccata a Hitchin’ a Ride. Ecco questa è una critica che mi sento di muovere ai Green Day: se fai un pezzo storico (e bellissimo) come 2000 Light Years Away, per favore finiscilo! È successa, ahimè, la stessa cosa con Christie Road durante il concerto di Firenze del gennaio scorso. Questo è un limite dei Green Day: pochi pezzi degli anni di “Kerplunk” e, oltretutto, neanche per intero.
Come tutti gli innamorati, ci sta di litigare a volte, ma poi tutto torna come prima, anzi più di prima.
Il mio amore, la mia stima e i miei ringraziamenti nei confronti di Rancid e Green Day rimarranno intatti e indelebili nei secoli dei secoli, d’altronde “It’s not over ‘till you’re underground”…
Qui sotto alcune foto di Matt Murphys durante il concerto dei Rancid (fatte col telefonino visto che l’organizzazione si è presa la briga di non far entrare macchine fotografiche “professionali” e che non era previsto il pass photo…).
Naysha no era tributo jeje
Jajajaja que wbd
Jajaja dejo que me invites una entrada si te nace xd
Gianluca
Oddio ognuno avrà i propri gusti x carità… ma i 3 ragazzi morti fanno davvero cagare! Come si fa ad ascoltarli??? Cioè green day the best! I rancid insomma… possono passare.. ma i 3 ragazzi morti no vi prego nooooo!!!!