Non so se è stato più bello del concerto dei Magazzini Generali del novembre scorso (GREEN DAY, 07/11/2023 @ Magazzini Generali, Milano – Punkadeka – Punk web Magazine), so solo che i Green Day, ogni bellissima e maledetta volta, riescono a farmi emozionare come nessun’altra band della storia del punk rock sa fare.
Lo scorso 16 giugno i 3 di Berkeley (4 se si considera l’ormai quarto Green Day Jason White, 6 se si considerano anche gli altri musicisti sul palco) si sono esibiti all’Ippodromo SNAI La Maura di Milano, all’interno del “Saviors Tour” che li ha visti protagonisti in tutta Europa con numeri esorbitanti (solo nel capoluogo lombardo eravamo 80000).
Ad aprire le danze gli inglesi Nothing But Thieves non mi hanno lasciato quasi niente, se non i ricordi della maglia dei Misfits del batterista, delle innegabili doti canore del cantante e della cover di Where’s my Mind dei Pixies.
Il tour di “Saviors” porta con sé la mia speranza di assistere, finalmente, all’esecuzione, per intero, di “Dookie” e di “American Idiot” (visti i 30 anni del primo e i 20 del secondo) e così è stato. Dopo le noiose intro di sempre e la bella The American Dream is Killing Me, ecco che spunta la fatidica coreografia dell’esplosione: parte Burnout e a seguire tutte, ma proprio tutte, le tracce di quello che considero essere il mio disco punk preferito di tutti i tempi. Per la primissima volta assisto all’esecuzione live di pezzi immensi come Having a Blast, Pulling Teeth, Coming Clean, In The End, Sassafras Roots, Emenius Sleepus e F.O.D. e il mio cuore si riempie di gioia, gioia difficilmente esprimibile a parole. Dopo la ghost track All By Myself che vede un Tré Cool in versione one man band è tempo di una pausa, o meglio, è tempo di quella che per tutti gli altri gruppi del mondo sarebbe una pausa, ma per i Green Day è l’esecuzione di Know Your Enemy, Look Ma, No Brains!, One Eyed Bastard, Hitchin’ a Ride, Dilemma e Brain Stew.
Ecco ora arrivare un altro Momento della mia “carriera concertistica”, di quelli che non potranno mai essere né eguagliati, né tantomeno superati: è il momento di “American Idiot”. TUTTO “American Idiot”.
Dalla title track a Whatshername ho ripercorso tutti i momenti della mia vita degli ultimi 20 anni, momenti belli e momenti meno belli che comunque hanno sempre avuto i Green Day (e “American Idiot” in particolare) come colonna sonora. I momenti più emozionanti sono stati durante l’esecuzione di pezzi che non avevo mai sentito live come Extraordinary Girl e durante quella Letterbomb che, ogni volta, riesce sempre a sembrare la prima volta che io la ascolti. Il tutto si conclude con l’immancabile Good Riddance (Time of Your Life).
Poco importa se dalla scaletta sono state tagliate Bobby Sox e Minority e che, a un certo punto del concerto la voce di Billie Joe è calata e che, in Homecoming, la parte vocale di Mike Dirnt è stata problematica: ai Green Day perdono tutto, a maggior ragione dopo un concerto e una scaletta del genere. Perché i Green Day sono il gruppo della vita, quello che mi ha accompagnato, mi accompagna e mi accompagnerà in ogni traguardo, fallimento o tentativo. Non so quindi se il concerto di giugno 2024 abbia battuto quello di novembre 2023, so solo che il prossimo sarà speciale.
Scaletta:
The American Dream is Killing Me
Burnout
Having a Blast
Chump
Longview
Welcome To Paradise
Pulling Teeth
Basket Case
She
Sassafras Roots
When I Come Around
Coming Clean
Emenius Sleepus
In The End
F.O.D.
All by Myself
Know Your Enemy
Look Ma, No Brains!
One Eyed Bastard
Hitchin’ a Ride
Dilemma
Brain Stew
American Idiot
Jesus of Suburbia
Holiday
Boulevard of Broken Dreams
Are We The Waiting
St. Jimmy
Give Me Novacaine
She’s a Rebel
Extraordinary Girl
Letterbomb
Wake Me Up When September Ends
Homecoming
Whatshername
Good Riddance (Time of Your Life)