FARAQUET: The View from this Tower

La prima sensazione che si prova all’impatto uditivo con questo LP di Farquet è particolare, singolare, articolata.Il Cd propone una serie di pezzi che fanno pensare per un momento ad uno strano viaggio, magari anche in un freddo deserto. Le frequenze sono positive. Il clima è sereno anche se a tratti leggermente malinconico.“Cut self not” è il primo brano in questione. Un misto tra i suoni dei gruppi Noise della Anphetamine Reptile ( Chockebore, Guzzard ) e i suoni tipicamente “emo”. Un “emo” che invade casa Dischord ormai da mesi.Fuori dal comune la capacità compositiva di questo trio di Washington D.C. .Fuori dal comune la qualità di questo disco. Tecnicamente, la registrazione, può apparire imperfetta, ma nel complesso rimane molto elegante, discreto, intrigante. Sarà perché sono veramente un gruppo valido, sarà perché la direttiva del disco l’ha presa in mano anche J Robbins ( Jawbox, Burning Airlines ) uno dei pilastri della nuova scena post hard core statunitense. C’è da dire che non è un lavoro immediato ma può essere apprezzato dai buon gustai della sperimentazione musicale.
“Conceptual separation of self” vaga tra il post-rock dei Karate e le strutture dei brani dei Joan of Arc, mentre “Study in complacency” è la canzone, forse, di più impatto del disco. Giri assai “Fugaziani” e un ritornello incalzante che in un secondo entra nel cervello come se dovesse servire da Jingle per uno spot dell’acqua frizzante. Ma non una delle solite acque con le bollicine e la bottiglia trasparente.

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