FACE TO FACE: Laugh now, laugh later

A volte ritornano. I Face to Face sono una band composta daTrever Keith (voce e chitarra), Scott Shiflett (basso e cori), Chad Yaro(chitarra) e Danny Thompson (batteria) e hanno da poco pubblicato questo Laugh now, laugh later, primo album instudio dopo la loro reunion, avvenuta nel 2008. La band californiana è cosìnota che mi pare superfluo ricordare quanti dischi o concerti abbiano fatto invent’anni di onorata carriera; a coloro che non li conoscessero consiglio unaveloce ricerca su wikipedia. Ma qualcosa sui F2F va detto.

 

I Face to Face sono a mio avviso una band molto particolareper il fatto di aver incarnato (e di incarnare tutt’ora) in àmbito punkl’antico concetto greco di μετριότης, ovvero il giusto mezzo, l’eleganza senzaeccessi. Non si troveranno mai nei loro dischi assoli interminabili, canzonisenza alcun filo logico o autocompiacenti esibizioni di tecnica, bensì la classicaforma della canzone punk rock  che sibasa sulla struttura intro – strofa – ritornello (variata con l’inserto dibridges o  brevi parti strumentali) e l’utilizzodi linee melodiche e accordi codificati dalla migliore tradizione punk. Su  queste strutture di base si staglia la voce diTrever Keith, dalla magnifica tempra baritonale (che, non a caso, è a metà frala voce maschile più acuta, quella tenorile, e la più grave, quella da basso). Insomma,nei Face to Face tutto è medio (nel senso di cui si diceva sopra), ma nulla èmediocre. Questo ragionamento può trarre maggiore validità anche grazie adun’eccezione (la famosa eccezione che conferma la regola) ovvero quel monumentorock-punk che si chiama Ignorance isbliss, che è l’opera più originale della band e va inserito sicuramente trai cd punk più innovativi degli ultimi vent’anni.

 

E veniamo ora al disco che, lo dico sùbito, non è un capolavoro,ma tuttavia è un buon disco. Il filo rosso di questo album è la grande capacitàdei F2F di creare ritornelli orecchiabili ma non scontati (per esempio si vedanoi refrains di Blood in the water, It’s not all about you e What you came here for); qualità che,gli va riconosciuto, non è da tutti. Ci sono persino canzoni che potrannoentrare in un loro futuro secondo best of; penso a Should anything go wrong, che inizia come una canzone dei Motörheadper poi aprirsi in un ritornello che più àla Face to Face non sipuò, a I don’t mind and you don’t matter, il cui chorus è quanto dipiù poppettoso i nostri abbiano scritto dai tempi di Reactionary, e a All fornothing, bella love song, che pare un incrocio tra le melodie di Ignorance is bliss e le atmosfere del discosolista di Trever Keith, MelancholisAnonymous (ah, a proposito: Pushover,la traccia n°7, è un’energica cover dell’omonima canzone del suo album). Ad onordel vero c’è anche qualche traccia un po’ sotto la media; penso a Bombs away che 1) non è una cover dellafamosa canzone dei Lagwagon e 2) qualitativamente non regge il confronto con ilpezzo della band di Hoss, masoprattutto a Under the wreckage, chepare un malriuscito ibrido tra atmosfere alla Viva Death (altra creatura diKeith) e qualcosa di già sentito su Howto ruin everything.

È comunque presente tutto l’armamentario tipico deicaliforniani: cori a più voci (i tipici “who-o-o!” e gli “hey!”), arpeggini,“one-two-three-four!”, i caratteristici giri di basso di Scott Shiflett, etc…  I testi, così tipicamente Face to Face darasentare l’autoplagio, sono tanto vaghi ed indefiniti (ma non superficiali) dapotersi adattare ad una vasta gamma di situazioni e quindi significare qualcosaper molti; penso al ritornello di It’snot all about you ( I said it’s  not all about you / You’re so cynical and vain/ And I know you’d rather die than take the blame), al verso di What you came here for ( And I don’t know what you came for / Stillaround / And please don’t live ) o al ritornello di I don’t mind and you don’t matter ( I’m still here and I’m okay / Doesn’t matter anyway).

In definitiva, nonostante il frontman della band abbiadichiarato che questo lavoro “it’s less like Ignoranceis Bliss and more like Don’tTurn Away”, credo si possa dire che in questo disco i Face to Facetentino di portare avanti il discorso iniziato nel 2000 con Reactionary, energizzando la materia conun po’ di How to ruin everything(2002) e regalandoci qualche sprazzo di classe che mi ricorda Ignorance is bliss (1999).

 

Qualcuno dirà forse che non sono più la band di I want né tantomeno quella di I won’t lie down; qualcun altropreferirà il sound grezzo di Big Choice(1995) oppure l’energia del Live (1998);altri diranno che ormai hanno fatto il loro tempo e che ci sono in giro bandspiù meritevoli di un ascolto. Per me invece è un inaspettato e gradito ritorno.Bene, bravi, 7+.

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