Ecco a voi il TRIO BONAVENTURA

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Ricevo il loro demo una sera, mi chiedono cosa ne penso, beh diciamo che con me hanno sfondato una porta aperta, le canzoni folk resistenti le adoro, e qui ci troviamo di fronte a tre buoni pezzi, ben strutturati, con una bella voce e strumenti tradizionali come chitarra acustica e violino, con in più una chitarra elettrica, testi importanti e ispirati, che trattano argomenti appunto molto cari alla resistenza ed alla tradizione popolare, ma in maniera dolce e ricercata. Visto che hanno già fatto qualche live ed hanno aperto concerti importanti, gli faccio qualche domanda per conoscere meglio questo interessante trio tutto al femminile:

-Allora ragazze, raccontatemi un po la vostra storia

La nostra storia inizia davvero per caso…
L’anno scorso i ragazzi di “Staffette partigiane”, festival che si tiene a Magenta, indicevano un concorso musicale per il 70° della liberazione.
Io era da un po’ di tempo che sentivo la necessità di dover raccontare una storia…
…era il 20 Luglio del 1944 quando Robecco S/N (paese in cui vivo) fu teatro di un’orribile rappresaglia nazi-fascista. In seguito ad uno scontro a fuoco con alcune camice nere 3 robecchesi vennero bruciati vivi all’interno di un cascinale. La rappresaglia continuava anche il giorno successivo e culminava con deportazioni e fucilazioni.
Tanti miei coetanei con questa storia ci sono cresciuti…prima i nostri genitori e poi noi che abbiamo avuto la fortuna di sentirla dalla voce dei nostri nonni, allora poco più che bambini.
Questa storia mi bruciava talmente dentro che, senza nemmeno accorgermene, in due giorni avevo scritto testo e musica…era la prima volta che scrivevo una canzone!
Sapevo che sulla canzone ci voleva un violino…strumento che adoro…e che mi piace definire “la voce di dio”…perché se dio ci fosse e parlasse la sua voce avrebbe la stessa intensità di un violino. Poche storie…se pensavo “violino” pensavo a Marina Mainardi.
Non avevo ancora finito di spiegarle cosa avevo in mente che già avevo trovato quello che cercavo.
Però sentivo che mancava ancora qualcosa…e sapevo benissimo di cosa si trattava: di una chitarra elettrica.
Dopo settimane di ricerca di un chitarrista, grazie al passaparola, arriva Elizabeth Pellegrini. Non siamo noi che abbiamo trovato lei, più che altro è lei che ha trovato noi.
Per farla breve, in due ore avevamo arrangiato il nostro primo pezzo: “XX luglio 1944”.
Dopo il concorso io ho continuato a scrivere e loro ad arrangiare magistralmente i pezzi. Abbiamo poi registrato un EP di 3 pezzi (“A piedi scalzi”, “XX luglio 1944”, “Testamento di un regicida”), premio del concorso a cui avevamo partecipato, presso Wasabi Produzioni.
Praticamente è la storia di un saltimbanco che ha trovato due ottime musiciste, impegnate ed appassionate.

-Una domanda che mi piace fare a chi scrive testi di un certo tipo, l’importanza di prendere una posizione e dare un messaggio forte con la musica: da un lato è ammirevole, dall’altro taglia i ponti con una fetta di pubblico, cosa mi dite?

In effetti non abbiamo mai pensato alla questione “perdere una fetta di pubblico”…non ne abbiamo mai discusso…a questo punto credo che non ci interessi…
Più che altro ci piace pensare a chi possiamo arrivare, a quelli che, come dice Marina, riusciamo ad emozionare. Perché se prima muovi le viscere poi, forse, muovi anche le teste.
Quando scrivo un pezzo mi piace pensare che sto raccontando una storia e che qualcuno mi ascolterà. Se qualcuno mi ascolta allora quella storia riceve una sorta di “garanzia”: quella di essere sottratta all’oblio. Questa è una delle cose più importanti. E’ come una pallottola sparata con fucile molto speciale…a volte centri il bersaglio, a volte no, ma per chi lo fa credo che la cosa fondamentale sia la volontà di “prendere la mira”.
Noi spesso con i nostri testi raccontiamo storie controverse e a “doppio taglio”, ma non vogliamo venderle come verità assolute…anzi…è bello credere che aprano uno spazio di riflessione in chi le ascolta…che siano d’accordo o meno alla visione che ne diamo.

(la mia domanda era veramente bastarda, ma queste sono le risposte che ci piace sentire!!! ndr)

-Poco tempo fa avete aperto il concerto di Pat Atho, Filippo Andreani e di Cisco, settimana scorsa ancora il concerto di Cisco, che effetto fa trovarsi in una situazione così emotivamente “forte”?

Hai toccato un tasto dolente per la sottoscritta.
Comunque per tutte è sempre una’ emozione salire sul palco soprattutto se si tratta di aprire la serata ad un artista come Cisco o Filippo.
Per me prima di salire sul palco è un’agonia…provo un sacco di emozioni a cui non riesco a dare un nome…
Comunque…penso che chiunque ami la musica caratterizzata da“testi di un certo tipo”, per usare le tue parole, sia passato da Cisco.
Credo che Cisco in italia abbia aperto una strada ad un genere di musica che altrimenti oggi non conosceremmo così come lo conosciamo: mi riferisco al combat-folk.
Quando abbiamo saputo che avremo potuto aprigli un concerto su palco di un festival per prima cosa abbiamo cancellato eventuali impegni per quella giornata. Poi dopo l’euforia iniziale arriva anche una punta di preoccupazione…inutile negarlo.
Per quanto riguarda Filippo Andreani…mentre registravamo l’EP e ci recavamo in studio a Milano sulla radio della mia macchina sono passati tutti e 3 i capolavori del cantautore comasco. Quindi Filippo ci ha fatto un po’ da colonna sonora.
Credo che Filippo ci abbia fatto riscoprire cosa vuol dire raccontare una storia…perché lo fa con una sensibilità che da un po’ di tempo non si sentiva…forse ne senza saperlo ne sentivamo la mancanza.
Pensare di aver suonato prima di lui è ancora emozionante.
Quindi sono cose che pensi, e forse lo sai, di doverti godere perché possono succedere una volta sola nella vita.
Poi c’è la gratitudine immensa nei confronti di chi ti permette di avere delle possibilità del genere: mi riferisco ad “Out of Control Produzioni”, che per due volte ci ha invitato…li cito perché mi sembra giusto che ad ognuno vengano riconosciuti i suoi meriti!
Personalmente dopo la giornata “Musica & Parole” insieme a Pat Atho, Filippo Andreani e Cisco…mi sono detta che avevo realizzato un sogno di quelli che “non l’avevi neanche messo nel cassetto, perché non pensavi potesse succedere”.

-quali sono i gruppi o i cantautori ai quali vi ispirate?

A chi ci ispiriamo?
Tutte e tre veniamo da generi completamente diversi.
Io sono cresciuta con il punk degli anni ’90 , il combat-folk e il cantautorato italiano
Marina ama i cantautori e le cantautrici americane tipo Bob Dylan e Joan Baez.
Elisabeth è un’amante del blues.
Ci accomuna sicuramente la passione per il grande Fabrizio De Andrè…
Comunque nei nostri testi e nelle nostre canzoni speriamo si possano ritrovare le ballate dei fratelli Severini, un po’ di Billy Bragg, un po’ della chitarra di Joe Strummer…insomma non lo so. Mi viene da pensare a loro perché credo che abbiano fatto una vera e propria rivoluzione musicale e abbiano lasciato un impronta profonda…quindi non vedo perché non seguirla o quanto meno provarci.

-Che progetti avete ballo? Ho visto che siete in studio con qualche novità

Per ora di progetti non ce ne sono…sicuramente ci piacerebbe registrare i nostri pezzi…ma credo che il Trio Buenaventura debba farsi ancora un po’ le ossa…girare ancora qualche osteria, qualche scantinato…prima di chiudersi in uno studio.
L’impegno ora è consolidare i pezzi già esistenti e scriverne di nuovi per vedere cosa ne verrà fuori.
L’ultima data per ora è stata il 16 giugno in apertura a Cisco al “FUSTOCK-mesero love festival” con un amico che si è unito a noi con la sua fisarmonica: Andrea Marino.

Ringraziamo di cuore Camilla ed il Trio Bonaventura per questa chiacchierata, augurandogli le migliori soddisfazioni!

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