EASTPACK RESISTANCE TOUR 2004

Un edizione da ricordare quella del Resistance Tour di quest’anno, più che per le performance (di cui parleremo dopo) per il bill variegato che ha permesso ai patiti del genere di gustare l’amato hardcore in tutte le sue salse. C’era l’old school proposto dai maestri Sick Of It All, quello più adrenalinico dei 7 Seconds, il più incazzoso (leggasi metalcore) dei vari Walls Of Jerycho, Unearth e Turning Back e infine quell’anima rock che aleggia in ogni brano dei sempre longevi Bones.

EASTPACK RESISTANCE TOUR 2004

9/11/2004 Tempo Rock, Gualtieri (RE)

Sick Of It All, 7 Seconds, The Bones, Unheart, Walls Of Jerycho, No Turning Back

 

Sono appena passate le sei quando ecco salire sul palco gli olandesi No Turning Back, gruppo dedito a sonorità che vanno incontro a quanto fatto da Terror e Give Up The Ghost. L’aggressione sonora proposta dal quintetto non riesce purtroppo a incidere, in quanto ancora poco conosciuti dalle nostre parti e per i pochi (indifferenti) presenti. Unica nota positiva di una prova penalizzata da suoni poco distinguibili è l’esecuzione di “Vengeance”, cover dei grandi Breakdown.

 Breve cambio palco ed è la volta dei Walls Of Jericho, capitanati dalla bella cantante Candace Kucsulain e assai stimati negli Stati Uniti. Che si inizi a fare sul serio lo si intuisce da subito, difatti sulle prime note d’apertura il pubblico è già pronto a devastarsi sotto il palco senza esclusione di colpi. Uno show aggressivo che denota le enormi potenzialità tecniche del quintetto, ottima la cantante (che non ha nulla da invidiare ai colleghi maschi) e i musicisti al seguito, mentre giusta appare la scelta di porre in risalto l’ultimo album stampato su Trustkill “All hail the dead”.

Ma se si vuol parlar di tecnica il gruppo che più ha stupito sono sicuramente gli Unearth, combo metalcore proveniente dal Massachusetts e recente autore dell’ottimo “The oncoming storm” su Metal Blade. Sound monolitico di stampo metal arricchito dai continui stacchi e cambi di tempo del mostruoso batterista Mike Justian, abile nel tritare le ossa del pubblico.

 A confermare la mia tesi ci pensa poi la folta schiera di fan presenti (davvero tanti), segno del buon lavoro svolto dalla band dal ‘98 a oggi. Un concerto che non lascia spazio ai dubbi riguardo a tiro e bravura, entrambi micidiali. Gruppo alquanto inusuale per un festival hardcore ma sempre bello da vedere sono i Bones, che a distanza di qualche anno dall’ultima esibizione italiana tornano a trovarci con il loro sfacciato rock’n’roll.

Un live-set energico e coinvolgente, con dei rockers vecchia scuola abili nel pigiare a più riprese l’acceleratore rendendo fiammeggianti molti dei loro brani qui proposti. Un gruppo da premiare per onestà e costanza nel proporre un genere che – soprattutto in Italia – non ha mai avuto un grosso seguito.

 

 

Dopo un antipasto così ricco di ottime band, tocca finalmente alla prima raffinatissima portata, ovvero i leggendari 7 Seconds. Inutile stare a spiegare quanta attesa si era creata attorno a questo ritorno, tenete solamente conto che se dopo venti anni sono ancora su di un palco, di motivi ce ne sono eccome. Manco il tempo di salire sul palco e il gruppo di Kevin Seconds mette a ferro e fuoco l’intero locale, sprigionando una tale potenza da rendere irrisori i precedenti gruppi. Album che hanno fatto storia  come “Skins, brain & guts”, “The crew” o il magistrale “Walk together, rock together” sono la colonna portante del loro show, con l’aggiunta di qualche brano inedito estratto dal nuovissimo “Take it back, take it on, take it over”.

Un ottimo concerto dal sapore quasi storico (stando a sentire gli stessi membri il futuro della band sembra essere sempre più incerto), dove l’unica nota dolente è stata ancora una volta la qualità del suono, a tratti veramente scadente.

Siamo giunti quasi alla fine, ovvero al momento clou della serata, signore e signori iSick Of It All, maestri incontrastati del New York hardcore e ultimi padrini insieme a Madball e Ignite del termine old school.

Un concerto mostruoso, dove attitudine e sincerità sembrano viaggiare di pari passo, basta infatti osservare lo stesso Pete – visibilmente commosso dall’affetto del pubblico italiano – per farsene un’idea. I brani sono quelli che hanno creato il mito Sick Of It All e che tutti noi amiamo, “Built to last”, la mitica “Disco Sucks Fuck Everything”, “Potential for a fall”, “Scratch the surface” e come da copione il loro inno “Step down” sono solo una parte di questa scaletta, resa unica dall’inconfondibile voce di Pete, dalle rasoiate di Lou, dall’attentissimo Craig e dall’animale delle pelli di nome Armand.

 

 

Un concerto impeccabile sotto tutti i punti di vista che pone ancora una volta il nome Sick Of It All al di sopra di tutto e tutti. La leggenda continua…

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